Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 marzo 2021, n. 11726
Violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro, Omissione dell’adozione delle misure necessarie per la corretta
movimentazione di carichi pesanti, Causa di estinzione del reato, Pronuncia
di assoluzione, Circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la
commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale,
Assoluta incontestabilità emersa dagli atti
Ritenuto in fatto e considerato
in diritto
1. Con sentenza del 4.02.2020 la Corte di Appello di
Caltanissetta, ha confermato la condanna di G.M., pronunciata dal Tribunale di
Enna il 18.05.2018 in ordine al reato contestato in rubrica per avere, quale
datore di lavoro amministratore unico e legale rappresentante della R., per
colpa generica e specifica, in particolare, in violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 71 comma7 del TU 81/2008,
causato all’operaio L.C., lesioni personali gravissime, consistite nella
schiacciamento della gamba e del piede sinistro con successiva amputazione
all’altezza del terzo medio inferiore del piede. In particolare
dall’incolpazione risulta la omissione dell’adozione delle misure necessarie
per la corretta movimentazione di carichi pesanti, atte ad impedire la caduta
di un manufatto in cemento prefabbricato del peso di KG 2000.
Fatto commesso in Assoro il 16.03.2011
2. L’infortunio, in base alla ricostruzione del Tribunale
e della Corte di appello, si era verificato secondo la dinamica di seguito
descritta che tiene conto della relazione dell’ispettorato del lavoro di Enna,
intervenuto sui luoghi dell’infortunio, con molto ritardo rispetto a fatti vale
a dire il 21.07.2011, delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in
dibattimento, riscontrate da quelle rese dal teste P.F., collega di lavoro
presente all’infortunio. In specie, è risultato accertato che il giorno
all’arrivo del carico dei new jersy L., che aveva mansioni di autista, ha
effettuato le operazioni di scarico in aiuto del dipendente P., ( fol 14 e 15),
utilizzando come di prassi uno strumento a forma di T che era a disposizione
sul piazzale ma che era del tutto inadeguato in quanto, mentre da una parte recava
un fermo che serviva per bloccare lo scivolamento dell’asse metallico
all’intero del foro, dall’altra parte il c.d. chiodo non aveva alcun sistema
che potesse evitare lo sganciamento della catena; infatti, il manufatto durante
le operazioni era precipitato al suolo proprio perché l’asse si era sganciato
dalla parte sprovvista di blocco, scivolando all’esterno del foro medesimo.
La Corte territoriale così come il primo Giudice
avevano escluso che la delega rilasciata al G.C. quale responsabile del servizio
di prevenzione e protezione aziendale potesse valere ad esonerare da
responsabilità il datore di lavoro, in quanto priva dei requisiti di cui all’art. 16 D.Igs 81/2008.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per
cassazione, a mezzo del difensore, M. deducendo i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge, in quanto la Corte
d’appello, pur ritenendo fondato il primo motivo di impugnazione riguardante
l’ordinanza dibattimentale con cui il primo giudice aveva interrotto e
sostanzialmente revocato la prova testimoniale di G.C., responsabile della
sicurezza, ritenendo i presupposti di cui all’art.
63 cod.proc. pen., anziché annullare l’ordinanza medesima ha provveduto a
rinnovare la prova dichiarativa in appello con le garanzie della difesa;
2.2. violazione di legge con riferimento all’art. 521 cod.proc pen. in quanto l’imputato è
stato condannato per un fatto diverso da quello contestato che attiene alla
omessa fornitura di catene, funi o cavi in acciaio, mentre nella motivazione si
fa riferimento alla carenza dell’attrezzo a V rovesciata che, se fosse stato
utilizzato, avrebbe evitato l’evento infortunio;
2.3. violazione di legge, omessa e contraddittoria
motivazione oltre che travisamento dei fatti con riferimento alle dichiarazioni
rese dalla persona offesa che, nelle prima versione, aveva affermato di aver
eseguito la movimentazione dei new jersy senza l’ausilio delle catene, seppure
messe a sua disposizione dal datore di lavoro, utilizzando le forche del
muletto; così pure non aveva utilizzato l’apposito utensile messo a
disposizione dell’azienda perché aveva fretta di eseguire lo scarico e non
aveva indossato le scarpe antinfortunistiche;
2.4 violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla delega conferita al Responsabile per la sicurezza G.C.,
risultante dalle prove documentali acquisite in primo grado, con particolare
riferimento al Documento per la valutazione dei rischi; alla nomina del RSSP
comunicata agli organi competenti, nella specie Ispettorato e ASP di Enna,
all’autonomia e capacità di spesa conferitagli in quanto delegato;
2.5. vizio di motivazione per illogicità interna in
quanto la decisione assunta di responsabilità penale dell’imputato è stata
fondata sul dubbio più che ragionevole.
2.6. violazione di legge in quanto la prescrizione
era già il 17.05.2019 e quindi prima della pronuncia impugnata resa il
4.02.2020;
2.7. violazione di legge con riferimento all’art.
131 bis trattandosi di fatto colposo tenue, avuto riguardo al ruolo concreto
svolto dall’imputato e al comportamento processuale, volto a garantire
all’infortunato la prosecuzione del lavoro e il risarcimento dei danni patiti;
2.8. violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento al giudizio riferito alle attenuanti generiche e all’entità della
pena, anche in relazione al riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 comma 6 cod.pen.;
2.9. violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla mancata concessione del divieto di non menzione nel
certificato penale rilasciato a richiesta di privati.
3. L’esame dei motivi con particolare riferimento al
quarto, consente di rilevare che il ricorso in esame non presenta profili di
inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché
basato su censure non deducibili in sede di legittimità (cfr. Sez. 4 – , n.
8862 del 19/02/2020 Ud. (dep. 05/03/2020 ) Rv. 278676 – 01).
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti
dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di
impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate successivamente rispetto alla sentenza impugnata.
La delibazione dei motivi sopra indicati fa
escludere l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi il ragionevole
convincimento dell’evidente innocenza della ricorrente. Sul punto,
l’orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di
estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di
assoluzione a norma dell’art.129, comma 2,
cod.proc.pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere
l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la
sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, cosi che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo
appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu ocull,
che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi
necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del
28/05/2009, Tettamanti, Rv. 24427501). Nel caso di specie, restando al vaglio
previsto dall’art. 129, comma 2, cod.proc.pen.,
l’assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di
approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell’imputato, si impone
e va rilevata l’applicazione della causa estintiva della prescrizione
maturatasi il 23.02.2020, ai sensi degli artt. 157
e 161 cod.pen. e dei periodi di sospensione
verificatisi nel giudizio di primo e secondo grado, dal 27/06/ al 10/10 / 2019
e dal 17/12/2019 al 4/2/2020, per complessivi mesi cinque.
4. Va rilevato,altresì, che in atti risulta la
revoca della costituzione di parte civile, in data 24.09.2019, a seguito
dell’avvenuto integrale risarcimento del danno da parte dell’U.A. S.p.a. in
data 25.02.2019; di tale revoca della costituzione della parte civile dà atto
in motivazione la sentenza impugnata.
Conseguentemente devono essere revocate le
statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il
reato è estinto per prescrizione.
Revoca le statuizioni civili.