Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 marzo 2021, n. 8964
Rapporto di agenzia, Agente monomandatario, Modifiche alle
condizioni contrattuali imposte unilateralmente dalla preponente, Recesso in
tronco dell’agente
Rilevato che
1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza n.
528 del 2017, ha respinto l’appello proposto da A.I. srl, nei confronti della
pronuncia del Tribunale di La Spezia del 12.5.2017, con la quale era stata
accolta la domanda di G.B., agente monomandatario della società sino al
27.8.2012 per le zone di Genova, La Spezia, Emilia Romagna, basso Piemonte,
Massa Carrara, Versilia, Sardegna, sud Lombardia, diretta ad ottenere il
pagamento della indennità sostitutiva della clientela, del FIRR e delle
provvigioni maturate e non corrisposte, per complessivi euro 76.230,98 da cui,
secondo il primo giudice, andavano detratti euro 15.992,64 a titolo di
risarcimento del danno oggetto della domanda riconvenzionale della mandante.
2. Per quello che interessa in questa sede, la Corte
territoriale ha rilevato che, nella fattispecie, anche se si fosse voluto
ritenere che il rapporto di agenzia rientrasse nei rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa compresi nella lettera b) del 3° comma dell’art. 32
della legge n. 183 del 2010, comunque nella fattispecie era ravvisabile una
situazione diversa da quella disciplinata dalla norma che ha riguardo
all’impugnazione del recesso da parte del lavoratore che lo aveva subito,
mentre nel caso de quo veniva in rilievo il recesso dell’agente; inoltre, ha
ritenuto non fondata la tesi della società, secondo cui la lettera da essa
inviata del 9.8.2012, per il fatto di contenere delle modifiche unilaterali
alle condizioni contrattuali di rilievo tali da risultare inaccettabili per
l’agente, valesse, nella sostanza, come un recesso della preponente a fronte
del quale l’agente avrebbe avuto l’onere di reagire nei termini indicati dalla
norma citata; ha precisato, infine, che era corretta la valutazione del
Tribunale secondo cui vi era stato un recesso in tronco dell’agente,
giustificato dalle modifiche alle condizioni contrattuali imposte
unilateralmente dalla preponente.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione A.I. srl affidato ad un unico motivo, cui ha resistito
con controricorso G.B., illustrato con memoria.
Considerato che
1. Con l’unico articolato motivo la società denunzia
la violazione dell’art. 32 della
legge n. 183 del 2010 (cd. Collegato lavoro), per non avere i giudici di
merito dichiarato decaduto dall’azione il B. il quale non aveva depositato il
ricorso giudiziario entro 60 giorni dalla mancata conciliazione innanzi alla
Direzione Provinciale del Lavoro di La Spezia avvenuta il 23.3.2013,
sottolineando che nel ricorso introduttivo avversario la data era stata
erroneamente indicata in quella del 23.3.2012. La ricorrente censura sia
l’interpretazione della norma data dalla Corte territoriale in ordine alla possibile
applicazione della decadenza nella fattispecie in esame, sia la ricostruzione
dei fatti ove, ai sensi dell’art. 3 co. 1 degli AEC del 2009, il rapporto
negoziale doveva ritenersi interrotto su iniziativa della casa mandante, a
seguito della mancata accettazione, da parte dell’agente, delle disposte
variazioni contrattuali. Ne consegue, quindi, secondo la società,
l’assoggettazione della vicenda alla procedura del tentativo di conciliazione
ex art. 31 legge n. 183 del 2010
(circostanza non messa in dubbio nel caso di specie) e la operatività del
regime decadenziale di cui all’art. 32 della stessa legge (pacificamente non
osservato dal B.).
2. Il ricorso non è fondato.
3. Ritiene il Collegio che il primo problema da
risolvere -che si pone in termini di pregiudizialità rispetto a quello
riguardante se nella fattispecie in esame si verta in ipotesi di recesso
azionata da parte del B. o da parte della A.I. srl- sia quello relativo alla
questione di accertare se il termine di decadenza previsto dall’art. 32 co. 3 lett. b) della legge
n. 183 del 2010 si applichi, o meno, anche ai rapporti di agenzia.
4. La suddetta norma prevede che: «Le disposizioni
di cui all’articolo 6 della
legge 15 luglio 1966, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano inoltre: a) ; b) al recesso del committente nei rapporti di
collaborazione continuata e continuativa, anche nelle modalità a progetto, di
cui all’articolo 409, numero 3), del codice di
procedura civile; c) ».
5. L’art. 409 numero 3)
del codice di procedura civile testualmente recita: «Si osservano le
disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) …; 2) …; 3) rapporti di agenzia, di
rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si
concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato; 4) …; 5) …
».
6. E’ opportuno precisare alcune considerazioni di
carattere generale prima di affrontare nello specifico, attraverso i canoni
esegetici della norma di legge, l’ambito applicativo della disposizione di cui
all’art. 32 citato.
7. La ratio dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010
è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione
dell’art. 6 della legge n. 604
del 1966 (previamente modificato) sull’impugnativa stragiudiziale,
originariamente limitata al licenziamento (Cass.
n. 13648 del 2019).
8. La finalità è quella di contrastare pratiche di
rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per
provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale
sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in
situazioni in cui si ha l’esigenza di conoscere, con precisione ed entro
termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell’organico
aziendale.
9. Tuttavia, trattandosi di una limitazione temporale
per l’esercizio dell’azione giudiziaria di non poco conto, tanto da dovere
ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità, si
impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con riguardo
alla fattispecie di chiusura prevista dall’art. 32 co. 4 lett. d) legge
citata (Cass. n. 13179 del 2017).
10. Tale rigorosità deve confrontarsi
necessariamente con i limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2, 111 e 117), dal diritto eurounitario (art. 47 della Carta di Nizza, in
considerazione della natura della controversia che riguarda il tema del
rapporto di agenzia disciplinato dalla direttiva comunitaria n. 653 del 1986) e
dal diritto convenzionale (artt. 6
della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), nel senso che occorre pur
sempre tenere conto dei possibili profili di illegittimità con riguardo ad un
ambito applicativo di tipo estensivo o analogico della norma in questione.
11. Sempre sotto il profilo esegetico della legge,
va ribadito che l’interpretazione letterale è il primo criterio interpretativo
e, solo quando questo non sia chiaro ed univoco, il significato e la connessa
portata precettiva possono essere integrati con l’esame complessivo del testo e
della “mens legis” (Cass. n. 5128 del 2001; Cass. n. 12081 del 2003;
Cass. n. 24165 del 2018).
12. Ciò premesso, ritiene questa Corte che, avendo
riguardo sia al dato letterale che a quello logico-sistematico, il legislatore
abbia voluto escludere il rapporto di agenzia dall’ambito operativo della
decadenza ex art. 32 co. 3 lett.
b) della legge n. 183 del 2010.
13. Sotto il profilo letterale, cui sopra si è fatto
riferimento, vanno evidenziati i seguenti argomenti a sostegno di tale assunto.
14. In primo luogo, deve sottolinearsi che la
dottrina e la giurisprudenza, relativamente all’art.
409 n. 3 cpc, hanno definito le fattispecie ivi previste come rapporti
parasubordinati, così facendo intendere che, nella categoria generale della parasubordinazione,
rientrino le varie tipologie contrattuali ivi menzionate: i rapporti di
agenzia, di rappresentanza commerciale e gli altri rapporti di collaborazione
che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
15. Tali fattispecie si pongono, quindi, rispetto
alla categoria della parasubordinazione, in un rapporto di species a genus e
ciò esclude, quindi, una possibilità di assimilarle terminologicamente.
16. Il legislatore del 2010, con l’art. 32 co. 3 lett. b) legge
citata, ha fatto riferimento esclusivo ai rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa e non anche a quelli di agenzia e di rappresentanza commerciale.
Anzi, lì dove ha voluto ampliare l’ambito applicativo dell’istituto della
decadenza, lo ha fatto esplicitamente prevedendo l’inciso “anche nelle
modalità a progetto”, in modo da ricomprendere pure tale tipologia di
contratti non espressamente menzionati nell’art.
409 n. 3 cpc.
17. Il richiamo all’art.
409 n. 3 cpc, da parte dell’art.
32 citato, è, pertanto, da riferire unicamente ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa e non a tutte le fattispecie
contrattuali ivi previste, come appunto il dato letterale conferma.
18. In secondo luogo, sempre sotto il profilo
letterale, deve rilevarsi che il riferimento al termine “committente”
esula tecnicamente sia dal rapporto di agenzia sia dal rapporto di
rappresentanza di commercio, dove invece si ha la figura del
“preponente”: anche relativamente a tale profilo va escluso un uso
generico dei termini adottati che riguardano soggetti giuridici connotati da
poteri e facoltà specifiche e differenti e che fanno riferimento a diverse
tipologie contrattuali.
19. Sotto l’aspetto logico-sistematico, deve,
invece, darsi atto che il rapporto di agenzia, pur essendo compreso nel genus
della parasubordinazione e assoggettato al rito previsto per le controversie in
materia di lavoro, tuttavia è disciplinato da una serie di fonti normative
(codice civile, accordi economici, legge professionale) che lo caratterizzano
in modo singolare rispetto ai rapporti di collaborazione, coordinata e
continuativa.
20. Significativa è la circostanza, per esempio, che
il preponente possa utilizzare una pluralità di agenti tra loro organizzati
gerarchicamente, o che questi si avvalgano di dipendenti, o addirittura che
siano costituiti in forma societaria: tali peculiarità si dimostrano senza
dubbio incompatibili con i rapporti di collaborazione, coordinata e
continuativa, di cui all’art. 409 n. 3 cpc,
richiamati dall’art. 32
citato, che devono essere, per espresso richiamo, di natura prevalentemente
personale.
21. Né può ipotizzarsi una operatività dell’istituto
della decadenza soltanto per particolari tipologie esecutive del rapporto di
agenzia, e non per altre, ostandovi un criterio di uniformità e di certezza del
diritto che deve essere sotteso ad ogni limitazione del diritto di agire
nell’ambito dello stesso istituto giuridico.
22. Inoltre, va considerato che l’art. 1751 cc già prevede una peculiare ipotesi di
decadenza, che regolamenta la domanda, da parte dell’agente, dell’indennità di
cessazione del rapporto (un anno, salva la previsione migliorativa dell’AEC
applicabile).
23. E’ vero che si tratta di una decadenza di tipo
sostanziale rispetto a quella di natura processuale prevista dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010
citata, ma la loro eventuale coesistenza creerebbe una interferenza tra le due
norme che potrebbe incidere sulla esigenza del simultaneus processus e sulla
necessità di un accertamento giudiziale unitario in ordine alla verifica sia
della arbitrarietà del recesso che della debenza delle indennità negoziali
connesse alla cessazione del rapporto (per es. preavviso, suppletiva di
clientela e meritocratica) le quali potrebbero essere non dovute in caso di
interruzione per giusta causa del rapporto.
24. In conclusione, quindi, ritiene questo Collegio,
per le ragioni che precedono, che ai rapporti di agenzia non si applichi il
termine di decadenza di cui all’art.
32 co. 3 lett. b) legge n. 183 del 2010.
25. Ne consegue che resta assorbita la trattazione
delle ulteriori questioni del presente ricorso riguardanti se, nel caso de quo,
si tratti di recesso azionato dal committente o dall’agente, mancando le
tematiche di decisività in virtù del fatto che il rapporto di agenzia si è
ritenuto comunque escluso dall’ambito operativo dell’istituto in esame.
26. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve
essere rigettato.
27. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano
come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore del
controricorrente dichiaratosi antistatario.
28. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.290,00
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli
esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in
favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.