Per l’Agenzia delle Entrate, la mancanza di rappresentanze sindacali aziendali (RSA o RSU) all’interno dell’azienda non impedisce l’applicazione del regime di detassazione, previsto dall’art. 1, co. 182, della L. n. 208/2015, per le somme da erogare ai dipendenti a titolo di premio di risultato. Possono, infatti, procedere alla stipulazione del contratto collettivo aziendale organizzazioni sindacali dei lavoratori esterne all’impresa erogante il premio.
Nota a Risposta AdE 16 marzo 2021, n. 176
Stefano Quaranta
L’Agenzia delle Entrate si è pronunciata in merito al trattamento fiscale da applicare alle somme erogate dalle aziende ai propri dipendenti a titolo di premi aziendali, nell’ipotesi in cui l’azienda erogante sia sprovvista di rappresentanze sindacali interne.
Più precisamente, la vicenda trae origine da un interpello rivolto all’Amministrazione Finanziaria da una società operante nel settore della progettazione gaming e software, la quale applicava ai propri dipendenti il ccnl Metalmeccanico Aziende Industriali. La società era intenzionata ad attivare in favore dei propri dipendenti un sistema di retribuzioni premiali collegate ad incrementi di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.
Il problema nasceva dal fatto che il co.187 dell’art. 1 della L. 28 dicembre 2015, n. 208, condiziona la detassazione dei premi di risultato alla circostanza che esso sia erogato in esecuzione di contratti aziendali e territoriali di cui all’art. 51 del D.LGS. 15 giugno 2015, n. 81; ma, nel caso concreto, l’azienda istante non annoverava al proprio interno rappresentanze sindacali aziendali (“RSA/RSU”) e non era iscritta ad alcuna associazione di categoria datoriale. Pertanto, la stessa, al fine di sottoscrivere un contratto collettivo di livello aziendale finalizzato all’erogazione del premio di risultato ai propri dipendenti, aveva avviato una trattativa negoziale con le articolazioni territoriali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori “comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, prendendo diretto contatto con le rappresentanze territoriali di alcune sigle sindacali attive nel territorio dove veniva svolta l’attività lavorativa aziendale, in quanto rappresentative di lavoratori impiegati nel settore metalmeccanico (di cui al ccnl applicato).
L’istante chiedeva chiarimenti in merito alla possibilità di applicare, sulle somme da erogare a decorrere dal periodo d’imposta 2021, l’imposta sostitutiva nella misura del 10% prevista dall’art. 1, co. 182, L. n. 208/2015 e, in caso di predisposizione aggiuntiva di un sistema di welfare aziendale, anche il regime fiscale agevolativo di cui ai co. 2 e 3 dell’art. 51, D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.) (che, per esaustività, giovi ricordare, consiste nella esclusione da tassazione di una serie di benefits, individuati dalle norme medesime, che l’azienda concede “in godimento” ai propri dipendenti).
Sul tema sottoposto alla sua attenzione, l’Agenzia si è espressa positivamente optando per una lettura estensiva della disciplina normativa.
Innanzitutto, la risposta ha offerto all’Amministrazione interpellata l’occasione per chiarire che la previsione, contenuta nella L. n. 182/2015, di erogare i premi in esecuzione dei contratti aziendali troverebbe la sua ratio nell’esigenza di garantire che i medesimi premi vengano concessi sulla base di criteri di misurazione degli incrementi il cui raggiungimento sia obiettivamente verificabile attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.
In particolare, l’Agenzia ha ritenuto, anche alla luce di chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, non sussistenti motivi ostativi alla possibilità, per la società istante, di applicare l’imposta sostitutiva del 10%, di cui all’art. 1, co. 182, della L. n. 208/2015, sulle somme da erogare ai propri dipendenti a titolo di premio di risultato e, ove venisse predisposto un sistema di welfare aziendale, anche il regime di esenzione previsto dai co. 2 e 3 dell’articolo 51 del T.U.I.R., nonostante il contratto collettivo aziendale fosse stato stipulato con articolazioni territoriali di organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, esterne all’azienda.
Viene altresì ricordato che già nella Circ. 15 giugno 2016, n. 28/E era stato precisato che il rinvio espresso a contratti aziendali o territoriali se, da un lato, esclude dall’agevolazione elementi retributivi premiali erogati in attuazione di accordi o contratti collettivi tanto nazionali ovvero individuali, da un altro, non esclude che, tra i contratti collettivi legittimati ad integrare la disciplina di legge vi possono rientrare anche i contratti collettivi aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e non solo quelli stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Viene poi ricordato che nella Circ. 29 marzo 2018, n. 5/E era già stato chiarito che, in assenza di RSA/RSU, l’azienda potrà recepire il contratto collettivo territoriale di settore e, conseguentemente, al ricorrere delle condizioni richieste, applicare l’imposta sostitutiva sui premi di risultato erogati in esecuzione di tale contratto territoriale.
Qualora, invece, non vi sia un contratto territoriale di settore, l’azienda potrà adottare il contratto territoriale che ritiene più aderente alla propria realtà (finanche quello stipulato da un’altra regione), dandone comunicazione ai lavoratori.