Il dipendente, nell’intervallo di tempo intercorso tra il licenziamento, successivamente dichiarato illegittimo, e la reintegrazione nel posto di lavoro ha diritto alle ferie annuali retribuite o, laddove non possa più fruirne, al pagamento della relativa indennità sostitutiva.
Nota a Cass. 8 marzo 2021, n. 6319
Sonia Gioia
Il prestatore illegittimamente licenziato e, in seguito, reintegrato nel posto di lavoro in ottemperanza ad una pronuncia giudiziale, ha diritto di godere di un periodo di distensione e riposo o, alla cessazione del rapporto di lavoro, al pagamento di un’indennità sostitutiva per il periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della reintegrazione, dal momento che tale prerogativa non può essere subordinata all’effettivo espletamento dell’attività di lavoro, laddove sia impedito da fattori imprevedibili ed estranei alla volontà del dipendente, tra cui vi rientrano anche le ipotesi di recesso illegittimo.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (8 marzo 2021, n. 6319, difforme da App. Roma n. 7697/2013), aderendo alla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (25 giugno 2020, C-762/18 e C-37/19) in relazione al caso di una dipendente che chiedeva alla società datrice la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie, dei permessi e delle festività non goduti nell’intervallo temporale compreso tra il licenziamento, poi dichiarato illegittimo, e la reintegrazione nel luogo di lavoro.
In particolare, la Corte di merito, in linea con l’orientamento giurisprudenziale finora prevalente (Cass. n. 18707/2008; Cass. n. 13953/2000), aveva respinto la domanda giudiziale, sul presupposto che il diritto ad un’indennità pecuniaria sostitutiva delle ferie fosse “necessariamente” legato al mancato riposo che, nella specie, non era ravvisabile in quanto la dipendente non aveva lavorato, a nulla rilevando che lo svolgimento dell’attività lavorativa fosse stato impedito dal rifiuto della prestazione da parte del datore di lavoro.
Al riguardo, il diritto inderogabile ad un periodo di distensione e ricreazione “riveste la qualità di principio del diritto sociale dell’Unione” (artt. 7, Direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e 31, par. 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), la cui attuazione da parte degli Stati membri deve avvenire entro i limiti espressamente indicati dalla normativa comunitaria (CGUE 29 novembre 2017, C-216/16; CGUE 20 luglio 2016, C-341/15; CGUE 21 giugno 2012, C-78/11).
Nello specifico, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato all’effettivo espletamento dell’attività di impiego laddove un lavoratore non sia in grado di adempiere alle proprie mansioni per fatti a lui non imputabili, come nelle ipotesi di sopravvenuta inabilità al lavoro o di licenziamento illegittimo (CGUE 25 giugno 2020, cit.; CGUE 24 gennaio 2012, C-282/10). Né il diritto alla relativa indennità finanziaria può essere sottoposto ad alcuna condizione diversa dalla cessazione del rapporto di lavoro e dal mancato godimento da parte del prestatore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto dalla data in cui il rapporto è cessato (CGUE 6 novembre 2018, C-619/16; CGUE 29 novembre 2017, C-214/16; CGUE 30 giugno 2016, C-178/15).
Pertanto, dal momento che il periodo compreso tra il recesso illegittimo e la reintegrazione deve essere assimilato ad un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione del diritto alle ferie annuali retribuite, il dipendente, ingiustamente estromesso dall’azienda e, poi, reintegrato a seguito di pronuncia giudiziale, ha diritto di godere del periodo di distensione e riposo o al pagamento di un’indennità sostitutiva qualora, per qualsiasi ragione, il suo rapporto di lavoro sia cessato.
In attuazione di tali principi, la Cassazione, mutando radicalmente il proprio orientamento e conformandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha riconosciuto il diritto della lavoratrice, nuovamente licenziata dopo la sua reintegrazione, al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie, dei permessi e delle festività non goduti limitatamente all’arco temporale intercorso tra il recesso dichiarato illegittimo e la reintegrazione.