Il licenziamento adottato durante il periodo di prova per aggirare il divieto di licenziamento di cui all’art. 46 del D.L.18/2020 (cd. Decreto Cura Italia), è nullo per motivo illecito.
Nota a Trib. Roma 25 marzo 2021
Pamela Coti
Durante il periodo di prova, il licenziamento, pur essendo “ad nutum”, diventa illegittimo se determinato in maniera esclusiva da un motivo illecito. È quanto stabilito dal Tribunale di Roma in relazione al ricorso di una lavoratrice licenziata nel periodo di prova durante la vigenza del blocco dei licenziamenti di cui all’art 46 del D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia), conv., con modif., in L. 24 aprile 2020, n. 27, da ultimo prorogato fino al 30 giugno 2021 dall’art. 8, co. 9, D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. Decreto Sostegni).
Tale principio trova espressa conferma nell’orientamento della consolidata giurisprudenza secondo il quale un licenziamento è giustificato da motivo illecito ogniqualvolta il provvedimento datoriale è basato su una “finalità vietata dall’ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere una norma imperativa” (Cass. n.10603/1993).
Secondo il Tribunale, nel caso di specie, consegue la nullità assoluta del recesso datoriale, poiché il reale motivo del provvedimento espulsivo ha natura economica, in quanto teso ad eliminare una posizione di lavoro costosa, con la finalità di aggirare il divieto di licenziamento di cui all’art 46 del D.L. n18/2020.
Inoltre, la libertà di recesso non è a totale discrezione del datore di lavoro: tutte le volte in cui il lavoratore dimostri il positivo superamento dell’esperimento della prova e l’imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito del tutto estraneo al patto di prova e all’esito dello stesso si potrà chiedere l’annullamento del provvedimento espulsivo (Cass. n. 1180/2017; Cass. n. 16224/2013)
Su tali presupposti, il Giudice, analizzando i documenti allegati dalla ricorrente a dimostrazione del positivo superamento del periodo di prova, ha ritenuto che nel caso concreto l’unica ragione del licenziamento fosse quella di aggirare il blocco di licenziamento previsto dal Decreto Cura Italia e ha dichiarato il recesso nullo per motivo illecito, condannando la società alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro.