Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10158

Attività di informatore scientifico, Rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, Conversione del rapporto di agenzia,
Obbligazione non di mezzi ma di risultato, Illegittimità del licenziamento,
Indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto,
Differenza tra indennità liquidata e quanto percepito in esecuzione della
sentenza di primo grado

 

Rilevato che

 

1. con sentenza 7 agosto 2017, la Corte d’appello di
Palermo dichiarava, nei due giudizi riuniti di reclamo rispettivamente proposti
da M. Italia s.r.l. e da E. Italia s.r.I., illegittimo il licenziamento
intimato il 9 luglio 2015 dalla seconda società a G.G., condannandola a
riassumere il lavoratore entro tre giorni ovvero a versargli, a titolo
risarcitorio, un’indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, oltre accessori e condannando il predetto “a restituire
alla parte reclamante la differenza tra l’indennità risarcitoria sopra
liquidata e quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado”,
così riformata;

2. il Tribunale aveva infatti dichiarato la
costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra G.
G. e M. Italia s.r.I., siccome sua effettiva datrice di lavoro, per effetto
della conversione, a norma dell’art.
69, primo comma d.Ig. 276/2003, del rapporto contrattuale del 9 febbraio
2012 con E. Italia s.r.I., in stretta correlazione con il rapporto di
distribuzione intrattenuto tra le due società, formalmente di agenzia, ma non
così qualificabile per l’attività di informatore scientifico prestata dal
lavoratore, piuttosto integrante una collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente
personale e senza vincolo di subordinazione, soggetta alle previsioni dell’art. 61 dlg. cit., non rientrando
in alcuna ipotesi esclusa dalla sua applicazione, in difetto di un progetto o
programma di lavoro.

A causa di una tale qualificazione del rapporto,
esso aveva quindi dichiarato illegittimo (per la sua generica giustificazione
in base a “precedenti penali”) il licenziamento, così qualificato il
recesso del 9 luglio 2015 e condannato M. Italia s.r.I., per la ritenuta
insussistenza del fatto, alla reintegrazione di G. G. nel posto di lavoro e al
pagamento, in suo favore a titolo di indennità risarcitoria, della somma di €
30.000,00, pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto,
oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;

3. ribadita la diversa natura dell’attività di
informatore scientifico (di mera propaganda informativa) da quella di agente
(di promozione della conclusione di contratti), pure riscontrata da dati di
fatto (pattuizione di modalità di computo del compenso variabile e operatività
nella medesima zona di “agenti di farmacia”) e ricondotta la prima,
in difetto di diversi elementi, all’area della parasubordinazione con
applicabilità ratione temporis della disciplina prevista dall’art. 61 d.Ig. 276/2003 (non
rientrando l’informazione scientifica in alcuna delle attività, indicate dal
suo terzo comma, escluse dal campo di applicazione della disciplina ed essendo
l’art. 69bis introdotto dalla I. 92/2012 successivo alla conclusione del
contratto), la Corte territoriale condivideva con il Tribunale la conversione
del rapporto per difetto di un progetto di lavoro, a norma dell’art. 69, primo comma d.Ig. cit.;

4. essa escludeva tuttavia, in esito ad argomentato
scrutinio delle risultanze istruttorie, l’interposizione fittizia di E. Italia
s.r.I., ritenendola pertanto titolare del rapporto convertito. Qualificato poi
il suo recesso del 9 luglio 2015 alla stregua di licenziamento disciplinare
(siccome fondato su precedenti penali tali da non consentire la prosecuzione
del rapporto), intimato senza le garanzie procedimentali stabilite dall’art. 7 I. 300/1970 e comunque
in assenza di giusta causa (per la documentata revoca del decreto penale di
condanna), ne dichiarava l’illegittimità, applicando la tutela obbligatoria (in
assenza del requisito dimensionale per l’applicazione dell’art. 18 I. 300/1970) con le
condanne suindicate;

5. con atto notificato il 5 ottobre 2017, E. Italia
s.r.l. ricorreva per cassazione con due motivi, cui il lavoratore resisteva con
controricorso; il medesimo notificava in data successiva (6 ottobre 2017)
autonomo atto (da qualificare pertanto ricorso incidentale: Cass. 20 marzo
2015, n. 5695; Cass. 14 gennaio 2020, n. 448) con cui parimenti ricorreva per
cassazione con due motivi, cui M.S.D. s.r.l. ed E. Italia s.r.l. resistevano
con controricorso;

6. tutte le parti comunicavano memoria ai sensi
dell’art. 380bis 1 c.p.c.;

 

Considerato che

 

1. la società ricorrente deduce violazione degli artt. 1362, 1742 c.c.,
113 e 122 d.Ig. 219/2006, per la
negata riconducibilità dell’attività di propaganda informativa, propria
dell’informatore scientifico del farmaco, al contratto di agenzia, individuato
parimenti da un’attività di promozione, e non già di “convincimento del
potenziale cliente ad effettuare ordini”, erroneamente ritenuta costituire
suo peculiare requisito, posta che anch’essa consiste in un’attività di
promozione volta a favorire la vendita, che non necessariamente deve essere
conclusa dall’agente, siccome non onerato della “ricerca del
cliente”, purché ad essa causalmente ricollegabile: diversamente
trasformandosi un’obbligazione di mezzi, quale quella dell’agente, in una di
risultato (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. l’attività del propagandista di medicinali
(definito anche propagandista scientifico o informatore medico-scientifico),
che può svolgersi sia nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo che in quello
del rapporto di lavoro subordinato, consiste nel persuadere la potenziale
clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola del prodotto e delle sue
caratteristiche, ma senza promuovere (se non in via del tutto marginale) la
conclusione di contratti: così differendo dall’attività dell’agente, il quale,
nell’ambito di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato, deve altresì
pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, essendo a questi
direttamente connesso e commisurato il proprio compenso (Cass. 19 agosto 1992, n. 9676); sicché, quando
l’ausiliare di un’impresa farmaceutica si limiti a propagandare il prodotto
presso i medici, e quindi a promuovere solo indirettamente gli affari del
preponente, è un propagandista scientifico ma non un agente, la cui
obbligazione tipica è al contrario l’attività di promozione della conclusione
di contratti per conto del preponente, consistente nell’attività di
convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei
prodotti del preponente (Cass. 22 giugno 1999, n. 6355; Cass. 23 ottobre 2001,
n. 13027);

3.1. nel contratto di agenzia la prestazione
dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato (quali il
compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la
trasmissione delle proposte al preponente per l’accettazione), tutti tendenti
alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per
conto del preponente; sicché, l’attività tipica dell’agente di commercio non
richiede necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla
prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui
proviene la proposta di contratto trasmessa dall’agente, non sia stato
direttamente ricercato da quest’ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del
preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra
l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione
dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione. Inoltre, l’attività
di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che
costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera
attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento
delle vendite, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale
cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che
è proprio con riguardo a questo risultato che viene attribuito all’agente il
compenso, consistente nella provvigione sui contratti conclusi per suo tramite
e andati a buon fine (Cass. 1 aprile 2004, n. 6482; Cass. 8 luglio 2008, n.
18686; Cass. 2 agosto 2018, n. 20453);

3.2. la Corte territoriale ha esattamente applicato
i suenunciati principi di diritto, in esito ad accertamento in fatto della
natura parasubordinata del rapporto, adeguatamente argomentato (per le ragioni
illustrate dal terz’ultimo capoverso di pg. 3 al terz’ultimo di pg. 4 della
sentenza), insindacabile in sede di legittimità (Cass. 3 gennaio 1995, n. 29);

4. la società ricorrente deduce poi erronea e falsa
applicazione dell’art. 69 d.lg
276/2003 in relazione all’art.
69bis dlgs. cit., per l’applicabilità della seconda norma anche ai rapporti
in corso alla data della sua entrata in vigore (il 13 luglio 2012, siccome
introdotta dall’art. 1,
ventiseiesimo comma I. 92/2012) dopo il decorso di dodici mesi, ai sensi
del suo quarto comma: e pertanto anche al caso di specie (per la conclusione
del contratto il 9 febbraio 2012 e la vigenza del rapporto fino alla data di
recesso del 9 luglio 2015), con esclusione della presunzione di collaborazione
coordinata e continuativa prevista dal primo comma dell’art. 69bis, essendo il lavoratore
titolare di una posizione fiscale ai fini Iva e dotato di competenze teoriche
di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi (secondo
motivo);

5. anch’esso è infondato;

6. giova premettere che la presunzione contenuta
nell’art. 69bis, primo comma dlgs.
276/2003, introdotto dall’art.
1, comma 26 I. 92/2012, per la quale le prestazioni lavorative rese da
persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore  aggiunto sono considerate rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel ricorso delle condizioni indicate
dalla stessa disposizione e salvo che sia fornita prova contraria da parte del
committente, si applica ai rapporti in corso alla data di entrata in vigore
della I. 92/2012, decorsi dodici mesi dalla
medesima data, secondo quanto previsto dal quarto comma dello stesso art. 69bis: con la conseguenza
che la presunzione non opera con riferimento ai rapporti di collaborazione
cessati prima dell’anno da tale data (Cass. 8
maggio 2019, n. 12173);

6.1. tuttavia, indipendentemente dalla non corretta
interpretazione in ordine all’applicazione dell’art. 69bis d.lg. 276/2003 (al
primo periodo di pg. 5 della sentenza), la Corte territoriale ha operato la
conversione ai sensi (non già del suo primo comma, ma) dell’art. 69, primo comma d.Ig. cit.
per la ritenuta riconducibilità, sulla base delle clausole negoziali
sottoscritte dalle parti all’area della parasubordinazione (così al penultimo
capoverso di pg. 4 della sentenza; con assoluta irrilevanza del riferimento
alla novità della qualificazione alla stregua di contratto d’opera autonoma ai
sensi dell’art. 2222 c.c., all’ultimo capoverso
della stessa pagina): e pertanto in virtù di un accertamento diretto di una
prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale,
anche se non a carattere subordinato (art. 409, n.
3 c.p.c.); non già per effetto della presunzione dell’art. 69bis citato: sicché; al
riguardo è sufficiente la correzione della motivazione, a norma dell’art. 384, ultimo comma c.p.c., nel senso
suindicato;

7. il lavoratore a propria volta deduce, in via
incidentale, violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 28, 29 d.Ig. 276/2003, 1655 c.c., per esclusione dell’intermediazione
illecita di E. Italia s.r.l. nel rapporto di lavoro nell’effettiva titolarità
di M. Italia s.r.I., sulle base di circostanze giuridicamente irrilevanti,
quali la distinzione delle sue società, partecipanti al medesimo gruppo M.
& Co., la stipulazione tra le stesse di un contratto di distribuzione
commerciale dei farmaci a marchio M. e la sua esecuzione attraverso una rete di
agenti tra i quali il ricorrente (primo motivo); omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale
l’inserimento organico del lavoratore nell’organizzazione M. con
assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e di controllo della
società, documentato dalla produzione sub 6 della medesima società (in allegato
alla memoria di costituzione nella fase sommaria del procedimento), recante il
suo organigramma, da cui risultanti i suoi dipendenti, aventi funzioni
direttive (anche) sul ricorrente ed il cui contratto di agenzia era stato
sottoscritto da una dipendente di M. (come pure l’intimazione di
licenziamento), non avendo E. Italia s.r.l. alcun dipendente, ma soltanto
agenti di farmacia e informatori scientifici (secondo motivo);

8. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono inammissibili;

9. l’appalto di opere o servizi espletato con mere
prestazioni di manodopera è lecito purché il requisito della
“organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore”,
previsto dall’art. 29 d.Ig.
276/2003, costituisca un servizio in sé, svolto con organizzazione e
gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero
coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti
interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore (Cass. 10 giugno 2019, n. 15557); al contrario,
dovendosi ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il
potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale
committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo,
l’intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di
somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi
l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a
disposizione del reale datore di lavoro (Cass. 25 giugno 2020, n. 12551);

9.1. la Corte territoriale ha peraltro accertato in
fatto l’esistenza tra E. Italia s.r.l. e M. Italia s.r.I., entrambe
appartenenti al gruppo M. & Co. e sulla base del contratto di distribuzione
del 22 dicembre 2009, di un rapporto di esternalizzazione delle vendite dalla
prima alla seconda, titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
(AIC) per la maggior parte dei prodotti distribuiti dal gruppo, escludendo la
prova dell’inserimento organico dell’informatore assunto da E. s.r.l.
nell’organizzazione aziendale di M. Italia s.r.l.: di ciò fornendo adeguata
giustificazione sulla scorta del critico scrutinio delle risultanze istruttorie
(per ragioni illustrate in particolare dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo
di pg. 7 della sentenza);

9.2. le doglianze si risolvono pertanto in una
contestazione, sulla base di un autonomo percorso argomentativo, della
valutazione probatoria della Corte capitolina e in una diversa ricostruzione
del fatto, incensurabili in sede di legittimità, laddove congruamente
argomentati (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197;
Cass. 4 novembre 2013, n. 24679; Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. 18
settembre 2019, n. 23308): tanto meno alla luce del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., dal cui più
rigoroso ambito devolutivo è esclusa la valutazione delle risultanze
istruttorie; dovendosi poi escludere la configurabilità del vizio di omesso esame
di un fatto decisivo per il giudizio, il quale deve avere natura del
“fatto storico”, oggetto di discussione tra le parti e
“decisivo”, ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 12
ottobre 2017, n. 23940) e non già consistere in una valutazione giuridica
frutto di un (diverso) apprezzamento probatorio, come invece nel caso di specie
in riferimento all’inserimento organico del lavoratore nell’organizzazione di
M. Italia s.r.I.;

10. per le suesposte ragioni il ricorso principale
deve essere rigettato e l’incidentale dichiarato inammissibile, con l’integrale
compensazione delle spese tra le parti e raddoppio del contributo unificato,
ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle
indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; compensa interamente le spese del
giudizio tra le parti. Ai sensi dell’art.
13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale
e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo  unificato pari a quello
previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del
comma 1 bis, dello stesso art. 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10158
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