Per i dirigenti medici di primo livello, l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità sostitutiva delle ferie.
Nota a Cass. 9 marzo 2021, n. 6493
Maria Novella Bettini
L’art. 21, co.13, ccnl 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, che dispone “il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente”, va interpretato in conformità “al principio di irrinunciabilità delle ferie, di cui all’art. 36 Cost., di guisa che si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere”. Tale dirigente, infatti, qualora non eserciti il suddetto potere e non fruisca, pertanto, del periodo di riposo, “non ha diritto all’indennità sostitutiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla suddetta fruizione”.
È quanto ribadisce la Corte di Cassazione 9 marzo 2021, n. 6493 (difforme da App. Milano n. 1449/2011; ma in linea con Cass. S.U. n. 9146/2009) in relazione al ricorso di una lavoratrice medico (presso l’IRCCS), inquadrata come dirigente di primo livello e, dunque, come rileva il Collegio, “in posizione sott’ordinata a quella dei dirigenti di secondo livello e alla direzione sanitaria responsabile della conduzione della struttura ospedaliera”, con la conseguenza che la stessa:
– non aveva il potere di “programmarsi le ferie e di auto attribuirsene il godimento” (diversamente, la sentenza di secondo grado aveva affermato che “in difetto di richiesta del lavoratore, le ferie non consumate si sarebbero estinte, deducendone, conseguentemente, che la loro mancata fruizione sarebbe dipesa dalla lavoratrice che non aveva provato di avere programmato le ferie e di non averne, poi, potuto godere per effetto del diniego”);
– e, in caso di ricorso per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, aveva soltanto “l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l’onere di fornire la prova del relativo pagamento” (v. anche Cass. n. 8521/2015 e Cass. n. 26985/2009).
Ai sensi dell’art. 33, co. 9, ccnl dell’area sanità – triennio 2016-2018 – “le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili”, fatto salvo quanto previsto dal successivo co. 10, il quale dispone che: “le ferie maturate e non godute per esigenze di servizio sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative. Fermo restando quanto sopra, il compenso sostitutivo è determinato per ogni giornata, con riferimento all’anno di mancata fruizione prendendo a base di calcolo la retribuzione di cui al comma 1”.