Con due risposte ad interpello sul regime forfetario l’Agenzia delle entrate ha chiarito che non può avvalersi di tale regime: i) la persona fisica che esercita la stessa attività della società di cui egli è socio; ii) il soggetto non residente in Italia che percepisce un reddito da lavoro dipendete superiore a 30.000 euro.
Nota a AdE Risposte 23 novembre 2020, n. 554 e 16 aprile 2021, n. 257
Francesco Palladino
L’Agenzia delle entrate, con le Risposte in oggetto, è tornata ad occuparsi delle cause ostative al regime forfetario, con particolare riferimento a quelle recate alle lett. b), d), e d-ter) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014.
Come noto, il regime forfetario si connota per essere un regime fiscale vantaggioso e semplificato a favore delle persone fisiche, il cui il beneficio principale consiste in una tassazione particolarmente contenuta (il 15% di norma, ovvero il 5% in taluni casi specifici). Esso viene riconosciuto a soggetti che soddisfano specifiche condizioni. Oltre al fatto di non aver conseguito ricavi o compensi nel periodo di imposta precedente in misura superiore alla soglia di 65.000 euro, è previsto che non possono avvalersi del regime forfetario:
- i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto [lett. b) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014];
- gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’articolo 5 del TUIR, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni [lett. d) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014];
- i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli 49 e 50 del TUIR, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato [lett. d-ter) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014].
Il dubbio alla base della Risposta n. 554/2020 riguardava la causa ostativa di cui alla lett. d). Nel caso di specie, il contribuente istante aveva intenzione di costituire una srl per l’esercizio di talune attività che, in base ai rispettivi codici ATECO, sarebbero risultate differenti rispetto all’attività da esso svolta. L’istante riteneva, dunque, che non operasse nel caso concreto la causa ostativa di cui alla lett. d) posto che l’attività da lui esercitata e quelle esercitate dalla srl sarebbero state diverse. Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che “ove le attività effettivamente esercitate dalla persona fisica e dalla società dovessero ricondursi a sezioni ATECO differenti (esame vertente su una questione di fatto non esperibile in sede di interpello e su cui rimane fermo ogni potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria), non risulterebbe comunque integrata la causa ostativa di cui alla lettera d) del comma 57 dell’articolo 1 della legge n. 190 del2014;” (così testualmente Risposta n. 554/2020). Tuttavia, considerato che nel caso oggetto di interpello i soci della srl cedevano gratuitamente alla srl diritti di autore, l’Agenzia delle entrate ha tenuto a precisare che “qualora l’effettiva attività svolta dalla costituenda società si concretizzi unicamente nello sfruttamento” dei diritti di autore si dovrebbe ritenere sussistente la causa ostativa di cui alla lett. d) giacché si configurerebbe un «esercizio da parte della stessa [srl] di attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni».
Di conseguenza, il contribuente istante è stato autorizzato ad applicare il regime forfetario a condizione che l’attività della costituenda srl non si concretizzi esclusivamente nello sfruttamento dei diritti d’autore ceduti gratuitamente dai rispettivi soci della srl in favore di quest’ultima.
L’istante della Risposta n. 257/2021 si trovava, invece, nella seguente situazione:
- fino al mese di settembre/ottobre 2021 avrebbe svolto un’attività di lavoro dipendente presso una società estera, percependo un reddito di lavoro dipendente per un importo superiore ai 30.000 euro; tale rapporto di lavoro dipendente sarebbe comunque cessato entro l’anno 2021;
- fino al mese di settembre/ottobre 2021 il contribuente istante, sarebbe risultato formalmente iscritto nell’anagrafe della popolazione residente all’estero in quanto egli avrebbe trasferito la propria residenza in Italia, per ivi svolgere la propria attività di lavoro autonomo, a partire dal mese di ottobre o novembre 2021.
Con l’interpello n. 257/2021 l’istante poneva all’Agenzia delle entrate i seguenti tre quesiti:
- se la causa di esclusione di cui alla b) (residenza all’estero) sia riferita solo a quei soggetti che intendano intraprendere un’attività d’impresa o di lavoro autonomo professionale in Italia, pur continuando a risiedere e dimorare all’estero (restando iscritti all’AIRE) per più di 183 giorni, o anche a coloro che, facendo rientro in Italia negli ultimi mesi dell’anno (come nel caso prospettato), vi trasferiscano stabilmente la residenza e la dimora, risultando però presenti, nel primo anno d’imposta, per un periodo inferiore ai 183 giorni (quesito n. 1);
- se il limite dei 30.000 euro di cui alla lettera d-ter) si applichi anche al contribuente che, in corso d’anno, cessi il rapporto di lavoro all’estero da cui percepisce redditi superiori a tale soglia e trasferisca la residenza in Italia, oppure se, in un caso del genere, sia consentito aderire al regime forfetario già dall’anno in corso (quesito n. 2).
- infine, se costituisca impedimento all’adesione al regime forfetario la circostanza che i committenti principali cui sarà rivolta l’attività di lavoro autonomo siano società con sede all’estero (quesito n. 3).
In replica ai suddetti quesiti, l’Agenzia delle entrate ha precisato quanto segue:
- con riferimento al quesito n. 1, che il contribuente non può applicare il regime forfetario in quanto esso “…intende mantenere l’iscrizione all’AIRE e continuare a risiedere e dimorare in … per la maggior parte del 2021,” sicché “in applicazione della sopracitata lettera b), lo stesso non potrà accedere al regime forfettario nel medesimo anno di imposta”;
- con riferimento al quesito n. 2, che “l’accesso al regime risulta precluso per il 2021, considerato che l’istante riferisce che il rapporto di lavoro dipendente è ancora in essere alla data di presentazione dell’istanza (…) e che il relativo reddito percepito annualmente supera la soglia dei 30.000,00 euro, risultando, quindi, integrata la causa ostativa di cui alla citata lett. d-ter)”;
Il quesito n. 3 è stato, invece, dichiarato inammissibile dall’Agenzia “per carenza delle obiettive condizioni di incertezza, considerato che non si riscontra nella legislazione relativa al regime forfetario alcuna causa ostativa di tal genere”.
Alla luce di quanto sopra, ne consegue quindi che l’istante, solo nel presupposto che cessi il rapporto di lavoro dipendente entro la fine del 2021 e che faccia rientro in Italia e sia ivi residente ai fini fiscali nel medesimo anno, potrà applicare il regime in discussione nel 2022, ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti di legge.