Laddove un prestatore abbia concluso più contratti d’impiego con lo stesso datore, il limite giornaliero dell’orario di lavoro fa riferimento a tali rapporti considerati nel loro complesso.
Nota a CGUE 17 marzo 2021, C- 585/19
Sonia Gioia
In materia di orario di lavoro, “qualora un lavoratore abbia stipulato con un medesimo datore di lavoro più contratti di lavoro, il periodo minimo di riposo giornaliero (…) si applica a tali contratti considerati nel loro insieme e non a ciascuno di detti contratti considerato separatamente”.
Questo, il principio sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (17 marzo 2021, C-585/19), investita dal giudice romeno (Tribunale Superiore di Bucarest), in merito al caso di alcuni professionisti, assunti con un doppio contratto d’impiego presso il medesimo datore di lavoro (Accademia degli Studi Economici di Bucarest), che lamentavano il mancato rispetto del limite giornaliero dell’orario di lavoro.
In merito, la Corte ha ribadito che il diritto di ciascun lavoratore ad una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo, in particolare giornaliero, costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione (v. art. 3, Direttiva 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione del lavoro e art. 31, par. 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), la cui attuazione deve avvenire entro i limiti previsti dalla normativa comunitaria (CGUE 14 maggio 2019, C-55/18).
In particolare, al fine di garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure necessarie affinché “ogni lavoratore” possa beneficiare quotidianamente di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive nel corso di ogni periodo di 24 ore (art. 3, Dir. cit.).
Nel caso in cui il lavoratore abbia stipulato più contratti di impiego con lo stesso imprenditore, il requisito del tempo minimo giornaliero destinato al recupero delle energie psicofisiche “non può essere soddisfatto” se i periodi di riposo sono esaminati separatamente per ogni rapporto. In tal caso, infatti, “le ore che si considerano costituire periodi di riposo nell’ambito di un contratto sarebbero (…) atte a costituire orario di lavoro nell’ambito di un altro contratto”, sebbene uno stesso intervallo di tempo non possa essere contemporaneamente qualificato come orario di lavoro e di riposo (ai sensi dell’art. 2, punti 1 e 2, Dir. cit.) e la normativa comunitaria non preveda una categoria intermedia tra tali periodi (CGUE 10 settembre 2015, C-266/14).
Peraltro, se i contratti di impiego non fossero esaminanti congiuntamente, il lavoratore, in quanto parte debole del rapporto, sarebbe esposto alle “pressioni” da parte dell’imprenditore allo scopo di suddividere il suo orario di lavoro in più contratti, rendendo, di fatto, impossibile al dipendente l’esercizio del suo diritto al riposo minimo giornaliero.
I principi soprarichiamati si applicano ai lavoratori che, in forza di un contratto d’impiego, s’impegnano a fornire “per un certo periodo di tempo”, a favore e sotto la direzione dell’imprenditore, le proprie prestazioni in cambio della retribuzione (CGUE 11 aprile 2019, C-603/17; CGUE 20 novembre 2018, C-147/17), e possono essere derogati solo quando “strettamente necessario” alla tutela di interessi parimenti rilevanti (CGUE 21 febbraio 2018, C-518/15, in q. sito con nota di F. GIROLAMI). In particolare, un’eccezione al periodo minimo di riposo giornaliero è giustificata, ai sensi dell’art. 17, par. 1 Dir. cit., nelle ipotesi in cui “la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata” ma può essere definita dai lavoratori stessi (CGUE 26 luglio 2017, C-175/16).
In attuazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che, laddove il prestatore abbia stipulato più contratti di lavoro, il periodo minimo di riposo giornaliero si applica a tali rapporti congiuntamente esaminati e non a ciascuno di essi singolarmente considerato, fermo restando che il giudice del rinvio è tenuto a verificare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra gli esperti e l’istituto universitario e la predeterminazione, da parte di quest’ultimo, dell’orario di impiego.