Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2021, n. 11640
Contratto a tempo determinato, Reiterate proroghe,
Illegittimità, Violazione della normativa di legge
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Milano ha riformato solo
parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto le
domande formulate da F.F. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe nei
confronti dell’Agenzia del Territorio e, accertata l’illegittimità delle
reiterate proroghe dei contratti a termine stipulati dalle parti ai sensi della
legge n. 388/2000, art. 78 comma 32,
aveva dichiarato la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato e
condannato l’Agenzia del Territorio al risarcimento del danno, liquidato per
ciascun originario ricorrente in sette mensilità della retribuzione globale di
fatto percepita;
2. la Corte territoriale ha, in sintesi, evidenziato
che i contratti a termine erano stati prorogati, sulla base delle leggi
finanziarie intervenute nell’arco temporale 2001/2005, sino a quando era stata
disposta la stabilizzazione ai sensi della legge
n. 296/2006 e, quindi, i rapporti si erano svolti senza soluzione di
continuità per un arco temporale che smentiva il necessario carattere
temporaneo e transitorio delle ragioni giustificatrici del termine;
3. il giudice d’appello ha aggiunto che il fatto che
le proroghe fossero consentite dalla legge di per sé non rendeva legittima una
modalità contrattuale non conforme al diritto nazionale e comunitario, nella
parte in cui non consente l’abusiva reiterazione del contratto a termine;
4. la Corte territoriale ha ritenuto, invece,
fondato il motivo di appello dell’Agenzia del Territorio con il quale era stato
censurato il capo della sentenza relativo alla disposta conversione del
rapporto ed alla quantificazione del risarcimento del danno;
5. ha richiamato l’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001
che, nel prevedere la nullità delle assunzioni effettuate in violazione della
normativa di legge, esclude che dalle stesse possa derivare l’instaurazione di
un rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato e, quanto al risarcimento
del danno, da liquidare in via equitativa, ha ritenuto applicabile in via
analogica non l’art. 32 della
legge n. 183/2010 né l’art.
18 della legge n. 300/1970, bensì l’art. 8 della legge n. 604/1966;
6. ha, quindi, ridotto a quattro mensilità il
risarcimento spettante a ciascun appellato;
7. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso l’Agenzia delle Entrate, successore ex lege di quella del Territorio,
sulla base di un unico motivo, al quale hanno opposto difese con controricorso
i litisconsorti indicati in epigrafe.
Considerato che
1. con il primo motivo l’Agenzia denuncia la
violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE, del d.lgs. n. 368/2001 nonché
del d.lgs. n. 468/1997 e addebita alla Corte
territoriale di non avere considerato che i rapporti a termine dedotti in
giudizio erano stati oggetto di una regolamentazione di carattere speciale,
succedutasi nel tempo sino a quando, con d.P.C.M.
21 febbraio 2007, erano state autorizzate le assunzioni definitive, da
effettuare nel rispetto e secondo le modalità della procedura di
stabilizzazione prevista dalla legge n. 296/2006;
1.1. l’Agenzia sostiene che gli originari
ricorrenti, in quanto lavoratori socialmente utili, non potevano invocare il d.lgs. n. 368/2001 e richiama giurisprudenza di
questa Corte per evidenziare che l’occupazione temporanea in lavori e progetti
di utilità collettiva non determina l’instaurazione di rapporti di lavoro
neppure quando, come nella fattispecie, si faccia ricorso al contratto a tempo
determinato, utilizzato quale strumento per la successiva definitiva immissione
nei ruoli degli LSU i quali, pertanto, non possono dolersi dell’applicazione di
una normativa di estremo favore;
2. il ricorso è infondato e va rigettato;
gli originari ricorrenti sono stati assunti ai sensi
dell’art. 78, comma 32, della legge
n. 388/2000 secondo cui « Per l’integrazione dei servizi informativi
catastale e ipotecario e la costituzione dell’Anagrafe dei beni immobiliari,
previsti dall’articolo 64 del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, da realizzare attraverso un
piano pluriennale di attività straordinarie finalizzate all’implementazione e
all’integrazione dei dati presenti negli archivi, anche al fine di favorire il
processo di decentramento di cui al decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il Ministero delle finanze e l’agenzia
del territorio, a decorrere dalla data di trasferimento a quest’ultima delle
funzioni del Dipartimento del territorio, possono provvedere, in attesa di una
definitiva stabilizzazione e nei limiti delle risorse assegnate ai sensi dell’articolo 3, comma 193, della legge
28 dicembre 1995, n. 549, e dell’articolo 12, comma 1, del
decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, entro quattro mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla stipulazione di
contratti per l’assunzione a tempo determinato, anche parziale, per dodici
mesi, anche rinnovabili, e fino ad un massimo di 1650 unità, dei soggetti
impiegati nei lavori socialmente utili relativi al progetto denominato
“Catasto urbano”»
2.1. la disposizione, chiara nel suo tenore
letterale, prevedeva una ragione obiettiva e temporanea idonea a giustificare,
nei limiti massimi quantitativi e temporali fissati dal legislatore, il ricorso
al contratto a tempo determinato, da stipulare con i soggetti in precedenza
impiegati nei lavori socialmente utili attinenti al medesimo settore di
attività;
2.2. ne deriva l’evidente erroneità dei richiami,
contenuti nel ricorso, al d.lgs. n. 468/1997 ed
agli orientamenti che si sono formati in merito alla natura del rapporto che si
instaura con i lavoratori socialmente utili, giacché nella fattispecie si
discute della legittimità delle proroghe di contratti pacificamente di natura
subordinata ed a tempo determinato, che, quanto alla disciplina, restano
assoggettati a quella generale prevista per la forma contrattuale, non
derogata, in assenza di disposizioni specifiche, per il solo fatto che gli
assunti a termine dovessero essere attinti dalla platea dei lavoratori già
impegnati nella realizzazione di progetti socialmente utili;
3. il legislatore, dopo avere autorizzato con la
norma sopra citata la stipulazione dei contratti, ne ha consentito la proroga
con l’art. 9, comma 24, della legge
n. 448/2001 (Per il completamento del programma relativo alla costituzione
dell’Anagrafe dei beni immobiliari di cui all’articolo 78, comma 32, della legge 23
dicembre 2000, n. 388, per l’anno 2002 è consentita la prosecuzione degli
interventi previsti dalla citata disposizione.), con l’art. 34, comma 19, della legge n.
289/2002 (I Ministeri della salute, della giustizia, per i beni e le
attività culturali e l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi,
sino al 31 dicembre 2003, del personale in servizio con contratti di lavoro a
tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 19, comma 1, dell’articolo 34 e dell’articolo 9, comma 24, della legge 28
dicembre 2001, n. 448), con l’art.
3, comma 62, della legge n. 350/2003 (I Ministeri per i beni e le attività
culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio sono
autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2004, del personale in servizio
con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 34, comma 19, della legge 27
dicembre 2002, n. 289), con l’art.
1, comma 117, della legge n. 311/2004 (I Ministeri per i beni e le attività
culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio sono
autorizzati ad avvalersi, sino al 31 dicembre 2005, del personale in servizio
con contratti di lavoro a tempo determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 3, comma 62, della legge 24
dicembre 2003, n. 350) ed infine con l’art. 1, comma 237, della legge n.
266/2005 (I Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia,
della salute e l’Agenzia del territorio sono autorizzati ad avvalersi, fino al
31 dicembre 2006, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo
determinato, prorogati ai sensi dell’articolo 1, comma 117, della legge 30
dicembre 2004, n. 311).
3.1. le richiamate disposizioni, a partire dalla legge n. 289/2002, hanno riguardato i contratti a
termine stipulati, oltre che dall’Agenzia del Territorio, anche dai Ministeri
della Salute, della Giustizia, per i Beni e le Attività Culturali sicché alla
fattispecie che viene in rilievo può essere esteso il principio di diritto
affermato da questa Corte con la sentenza n. 16336/2017, con la quale,
ricostruito il quadro normativo nazionale ed eurounitario, si è evidenziato che
le norme che hanno autorizzato le proroghe non derogano al d.lgs. n. 368/2001 e devono essere applicate, per
non dare adito a dubbi di legittimità costituzionale, nel contesto di legalità
e di compatibilità comunitaria delineato dal menzionato decreto legislativo;
3.2. se ne è tratta la conseguenza che « la mera
autorizzazione ad avvalersi del personale in precedenza assunto a termine… e,
di volta in volta, in base alla successiva disposizione di proroga, non
esonerava il datore di lavoro pubblico dall’osservanza delle previsioni di cui
all’art. 4 del d.lgs. n. 368 del
2001, in particolare con riguardo al limite temporale, alla sussistenza di
ragioni oggettive e alla riferibilità alla stessa attività lavorativa per la
quale il contratto era stato stipulato a tempo determinato, elementi che
avrebbero dovuto risultare dai singoli contratti e il cui onere della prova
grava sul datore di lavoro…»;
3.3. il ricorso non prospetta argomenti che possano
indurre il Collegio a rimeditare l’orientamento già espresso con la pronuncia
citata, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118
disp. att. cod. proc. civ., e pertanto deve essere rigettato perché, da un
lato, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza nella fattispecie concreta
di esigenze temporanee che giustificassero il ricorso al contratto a termine,
dall’altro anche in questa sede l’Agenzia si è limitata a richiamare
l’autorizzazione concessa ex lege, di per sé non sufficiente ad escludere
l’abusiva reiterazione del termine, sulla base della giurisprudenza della Corte
di Giustizia (si rimanda alle pronunce citate da Cass. n. 16336/2017) che deve
orientare l’interprete nell’esegesi del diritto nazionale;
4. non è stato oggetto di specifica censura il capo
della sentenza che, richiamato il principio affermato da Cass. n. 27481/2014,
ha riconosciuto il risarcimento del «danno comunitario», sicché è preclusa alla
Corte ogni statuizione al riguardo, sia con riferimento alla sussistenza del
diritto sia in ordine alla scelta del parametro utilizzato ai fini della
liquidazione equitativa;
5. al rigetto del ricorso consegue la condanna
dell’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore dell’Avv. F.C.,
dichiaratosi antistatario;
6. non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti
precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni
processuali di cui all’art. 13 c. 1
quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione
nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente
esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal
materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per
esborsi ed € 8.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle
spese processuali del 15% ed agli accessori di legge, con distrazione.