L’imposizione della lingua inglese per svolgere le negoziazioni ai fini della costituzione e del funzionamento del Comitato aziendale europeo è antisindacale.
Nota a App. Firenze 20 luglio 2020, n. 252
Paolo Pizzuti
L’azienda che subordini all’utilizzo della lingua inglese la convocazione delle delegazioni sindacali per le negoziazioni sulla costituzione del Comitato aziendale europeo (CAE), previsto dall’art. 8, co. 2, D.LGS. n. 113/2012 (v. anche art. 9 per il contenuto dell’accordo), rifiutando la richiesta delle sigle sindacali di fruire di un servizio di interpretariato, attua un comportamento antisindacale.
Una siffatta imposizione, infatti, essendo limitativa delle capacità negoziali delle delegazioni sindacali è parificabile al rifiuto di convocazione della delegazione speciale di negoziazione (DSN, di cui all’art. 5, D.LGS. cit.) previsto dall’art. 16 del D.LGS. cit. e comporta l’automatica costituzione del CAE.
Questa l’affermazione della Corte di Appello di Firenze 20 luglio 2021, n. 252 relativamente al ricorso del sindacato teso ad ottenere la dichiarazione di antisindacalità della condotta posta in essere dalla società che aveva preteso che i futuri incontri tra la DSN (delegazione speciale di negoziazione) e l’azienda, finalizzati a trovare un accordo per la costituzione ed il funzionamento del CAE (comitato aziendale europeo – previsto dal D.LGS. n. 113/2012 in esecuzione della Direttiva UE n. 2009/38), fossero tenuti con il sistema della videoconferenza ed in lingua inglese con l’ausilio di interpreti, in tal modo precludendo l’incontro fisico tra i delegati sindacali e rendendo oltremodo difficile il confronto, stante l’impedimento all’uso della lingua madre da parte dei delegati.
I giudici hanno poi precisato che imporre l’uso della lingua inglese (come una qualsiasi delle lingue degli Stati membri) ai componenti della DSN “significa oggettivamente imporre una limitazione alla loro capacità di dialogo e di confronto, dunque una limitazione della loro capacità negoziale, con la vanificazione del valore costruttivo dello scambio tra le parti che costituisce l’“in sé dell’intera procedura collettiva”.
Inoltre, la pretesa aziendale, “solo apparentemente ispirata ad innocui criteri di evoluzione delle relazioni negoziali”, è idonea ad incidere, indirettamente, sulla scelta stessa dei componenti della DSN, poiché le sigle sindacale restano “di fatto costrette all’individuazione di propri rappresentanti in ragione del possesso di un migliore bagaglio linguistico a discapito di altri e magari a discapito della stessa capacità alla negoziazione sindacale”.
Questa conclusione non sarebbe diversa, secondo i giudici, nemmeno considerando la “dichiarata disponibilità aziendale a fornire gli strumenti didattici per l’apprendimento della lingua inglese”. Tale strumento, infatti, pur se idoneo ad arricchire nel lungo periodo la formazione dei lavoratori, non è affatto “adeguato”, nel breve termine, poiché non consente una partecipazione attiva e consapevole alle riunioni necessarie a “determinare, con la direzione centrale e tramite accordo scritto, il campo di applicazione, la composizione, le attribuzioni e la durata del mandato del CAE”.
Si tratta dunque di una “menomazione” che di certo non vi sarebbe stata garantendo il servizio di interpretariato (sul quale parimenti hanno sin da subito insistito le sigle sindacali) che l’azienda ha consentito solo nella costituzione del giudizio di primo grado. Per cui “la condotta così tenuta in quanto volta oggettivamente a precludere le prerogative sindacali integra un comportamento oggettivamente antisindacale per la sua portata di indiscutibile compressione della potenzialità negoziale della DSN”.
Il CAE deve perciò ritenersi automaticamente costituito ai sensi dell’art. 16, co. 1, D.LGS. n. 113/2012, a decorrere dal termine del semestre successivo dalla data di pervenuta seconda richiesta da parte delle OOSS. E’ inoltre a carico dell’impresa l’obbligo di convocare il così costituito CAE nei modi e termini di cui all’art. 16, co.12, d.lgs. n. 113/2012, (salvo diverso accordo che al proposito nelle more dovesse sopravvenire tra le parti). E infine, stante la sua dimensione transnazionale, l’impresa è tenuta ad affiggere copia della pronuncia per trenta giorni in luogo accessibile a tutti presso i siti di lavoro italiani ed esteri con traduzione nella relativa lingua nazionale.