Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 maggio 2021, n. 18951
Sicurezza, Violazione di norme sulla prevenzione degli
infortuni sul lavoro, Mancata redazione di idoneo POS, Rischio specifico,
Responsabilità
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Venezia, in data 4 ottobre
2018, ha parzialmente riformato la sentenza con la quale il Tribunale di
Vicenza, in data 23 novembre 2016, aveva condannato M.L. alla pena ritenuta di
giustizia per il delitto di omicidio colposo con violazione di norme sulla
prevenzione degli infortuni sul lavoro ed aveva assolto M. e M.T. dallo stesso
reato per non aver commesso il fatto; la Corte lagunare, per l’esattezza, ha
confermato la condanna del L. e ha condannato anche M. e M.T. per lo stesso
reato, cosi ribaltando quanto a costoro il giudizio assolutorio di primo grado.
1.1. Oggetto del processo é un infortunio sul lavoro
verificatosi in un cantiere sito in Molvena il 22 luglio 2010, ove si stava
realizzando una piscina. Nell’ambito del cantiere, ove operavano più ditte
appaltatrici, il L. svolgeva mansioni di coordinatore per la progettazione e
per l’esecuzione dei lavori (formalmente nominato il 19 luglio 2010); M. e M.T.
erano titolari della ditta esecutrice dei lavori (la Edil TM s.n.c.). Durante
le lavorazioni, uno dei dipendenti di altra ditta impegnata nel cantiere (M.T.,
dipendente della V. s.p.a.), che svolgeva mansioni di autista, veniva
incaricato di effettuare una gettata di calcestruzzo e a tal fine percorreva,
con la sua autobetonpompa (avente un braccio di 28 metri), una strada sterrata
caratterizzata da marcata pendenza trasversale; a causa di tale dislivello,
stimato in 42 cm., il mezzo si rovesciava sotto il peso del calcestruzzo
trasportato e precipitava nella scarpata sottostante; il T. decedeva sul colpo.
Al L., nella sua qualità di coordinatore, si
rimprovera di non avere redatto un PSC che tenesse conto dei rischi attinenti
la posa del calcestruzzo percorrendo, con le atobetonpompe, strade
caratterizzate da dislivelli come quello che aveva cagionato il sinistro; a M.
e M. T. viene addebitata l’omessa predisposizione di opportuni segnalamenti e
divieti di accesso su aree caratterizzate da pericolosi dislivelli, nonché la
mancata redazione di idoneo POS che contemplasse i rischi inerenti alla fase
preliminare della stesa del calcestruzzo, compreso quello nella specie
concretizzatosi.
1.2. La Corte di merito, pur dando atto che fra le
cause del sinistro vi era sicuramente il comportamento avventato del T. – il
quale si era avventurato nella strada sterrata senza prima sincerarsi delle sue
condizioni e della compatibilità della stessa con le operazioni di getto di
calcestruzzo a lui richieste – , ha ritenuto che non solo il L. (nella sua
qualità di CSE), ma anche i due T. (nella loro qualità) avessero omesso di
governare il rischio di cui essi erano comunque garanti: quanto al L., il PSC,
che da lui sarebbe stato redatto previo sopralluogo effettuato al momento del
conferimento dell’incarico, era in realtà un documento costruito a tavolino e
risultante dall’assemblaggio di fogli diversi, laddove nella seconda pagina del
documento si legge che esso era stato redatto nel mese di giugno 2010; per di
più, nel POS dei fratelli T., redatto il 28 giugno, si legge che a tale data il
L. svolgeva già le funzioni di CSE. In aggiunta a ciò, il testo del PSC risulta
del tutto carente proprio nelle valutazioni dei rischi per i lavoratori delle
imprese operanti, e rende evidenti alcune incongruità che ne rivelano il
carattere improvvisato e fittizio; del pari il c.d. cronoprogramma contenuto
nel PSC viene definito dalla Corte di merito come un pro-forma. Quanto al fatto
che non era stata disposta la sospensione dell’attività del cantiere dopo la
c.d. posa del “magrone”, esso sta a significare che la successiva
posa del calcestruzzo (ossia l’operazione in corso di svolgimento a cura della
persona offesa) non poteva dirsi imprevedibile o inaspettata. Quanto a M. e M.
T., il POS da loro redatto non si occupa della recinzione del cantiere, degli
accessi e della viabilità interna, facendo rinvio a un “riferimento
pianimetrico” e alle previsioni del PSC che doveva essere redatto dal L.,
mentre la segnaletica di sicurezza indicata come “installata” era in
realtà mancante; dunque anche costoro, secondo la Corte di merito, hanno omesso
di confrontarsi con i rischi connessi all’accesso su percorsi pericolosi da
parte dei lavoratori delle ditte presenti in cantiere.
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono sia il L.,
sia M. e M. T.
3. Il ricorso del L. consta di un unico motivo, nel
quale il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione,
censurando la sentenza impugnata laddove essa esclude che causa esclusiva del
sinistro fosse il comportamento della persona offesa: la sua macroscopica
distrazione nell’avere omesso di ispezionare preventivamente la carrareccia ove
avvenne l’incidente doveva qualificarsi come comportamento eccezionale,
esorbitante e abnorme, laddove egli, una volta constatata la pericolosità del
percorso, avrebbe dovuto sospendere la propria prestazione e avvertirne i
responsabili del cantiere. Quanto poi alla recinzione da apporre sul sito, essa
in realtà era contemplata dal PSC redatto dal L. (allegato n. 10) e comunque
doveva essere prevista dal datore di lavoro della ditta esecutrice senza input esterni.
Contesta poi il ricorrente che il L. avesse assunto l’incarico di CSE in data
antecedente il 19 luglio 2010, richiamando le dichiarazioni in tal senso del
teste Vaccari ed osservando che il PSC fu consegnato in cantiere in data certa
(il 21 luglio); il L. assunse l’incarico quando i lavori erano già stati
intrapresi e vi era già stata la prima gettata di calcestruzzo, dunque il PSC
andava predisposto con urgenza. Inoltre il L. aveva previsto e indicato a tutte
le ditte coinvolte nel cantiere che i lavori di getto del calcestruzzo dovevano
essere interrotti per tutto il tempo necessario all’accantieramento e al
posizionamento dei presidi di sicurezza, tra cui la rete di protezione
delimitante l’area pavimentata da non oltrepassare. Perciò il T., il giorno
dell’incidente, non doveva trovarsi in cantiere né tanto meno effettuare la
gettata di calcestruzzo.
4. Il ricorso di M. e M. T. consta di quattro
motivi.
4.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano
vizio di motivazione con riguardo al fatto che la Corte di merito ha escluso la
responsabilità del datore di lavoro del T., reputando che il POS della V. (da
cui il T. dipendeva) avesse convenientemente previsto e disciplinato il rischio
concretizzatosi e concludendo che il T. avesse violato le regole di cautela
correlate a tale rischio; ma non ha tratto le debite conclusioni con riguardo
ai responsabili delle altre ditte presenti sul cantiere.
4.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano
vizio di motivazione in ordine alla natura della condotta del T., che essi
giudicano abnorme anche perché costui disattese le indicazioni di fermarsi
impartitegli gestualmente da M.T. (in sostituzione della mancanza di un
cartello di accesso); quanto all’assenza di recinzione, essa era stata prevista
dal geom. L. solo in caso di cantiere incustodito.
4.3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di
legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata ottemperanza
dell’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 603, comma 3-bis, cod.proc.pen.: a differenza
di quanto affermato dalla Corte di merito, il ribaltamento in appello della
decisione assolutoria é dipeso da fonti di prova orale risultate decisive, per
esse dovendosi indicare quelle che riferirono proprio del cenno con la mano
fatto a distanza da M.T., sostenendo che tale cenno poteva non essere stato
notato dal T.
4.4. Con il quarto motivo si denuncia vizio di
motivazione con riguardo al fatto che, in base alle omissioni poste in essere
dal geom. L. nel redigere il PSC (con riguardo al divieto d’accesso alla
carrareccia e all’omesso ordine di sospensione del cantiere), gli asseriti
inadempimenti addebitati ai T. devono ritenersi esclusi per mancanza
dell’elemento soggettivo, in base al principio di affidamento.
Considerato in diritto
1. Il ricorso del L. é infondato, ponendosi anzi al
limite della manifesta infondatezza.
E’ noto che il coordinatore per la progettazione
risponde per l’infortunio riconducibile all’inadeguata valutazione, nel piano
di sicurezza e di coordinamento, del rischio interferenziale, e alla mancata
previsione di misure di sicurezza idonee a prevenirlo (Sez. 4, Sentenza n.
17213 del 15/02/2019, Danzi, Rv. 275713); del pari é noto che al coordinatore
della sicurezza per l’esecuzione dei lavori spettano compiti di “alta
vigilanza”, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da
parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di
coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a
garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del
piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza
rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani
in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute,
verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez.
4, Sentenza n. 45862 del 14/09/2017, Prina,
Rv. 271026).
Ora, la descrizione di come e con quali cadenze
temporali sia stato in realtà redatto il PSC da parte del L., operata dalla
Corte di merito, risulta puntuale e argomentata e depone per una frettolosa
formalizzazione dell’assunzione dell’incarico, da parte del ricorrente, pochi giorni
prima dell’incidente, laddove invece risulta da altri atti (v. POS T.) che il
L. aveva già assunto la qualifica almeno dal giugno precedente. L’assemblaggio
caotico del PSC, rimarcato nella sentenza impugnata, disvela che almeno una
parte di esso era stata già redatta nel mese di giugno, a fronte della formale
assunzione dell’incarico da parte del L. il 19 luglio, 3 giorni prima
dell’incidente. Né ha pregio quanto asserito dallo stesso ricorrente circa il
fatto che incombesse ai T. disciplinare nel loro POS, senza input esterni, la
recinzione e la segnalazione delle aree a rischio, atteso che la posizione di
garanzia di costoro non esclude certo quella del L. quale CSE, essendo noto
che, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno é per
intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si
esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola
posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela
antinfortunistica é addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (Sez.
4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo,
Rv. 253850; Sez. 4, Sentenza n. 6507 del 11/01/2018, Caputo, Rv. 272464).
Parimenti privo di pregio é l’argomento – comune sia
al ricorso del L. che a quelli dei T. – volto a sostenere la natura abnorme,
eccezionale e imprevedibile del comportamento della vittima: comportamento che
la stessa sentenza d’appello (v. pp. 7-9) descrive correttamente come
imprudente, oltreché inosservante delle regole di prudenza introdotte con il
DVR della V. e con il POS redatto dalla stessa ditta. Ma, come noto, altro é il
comportamento caratterizzato da imprudenza anche grave, come nell’occorso, ed
altro é il comportamento abnorme, o comunque eccezionale e imprevedibile, come
tale interruttivo del nesso di causalità. In proposito va ribadito il
principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed
altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione
antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi
abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore
di lavoro e l’evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile,
quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante
dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di
garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 –
dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici
Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 – dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247).
Ora, é di tutta evidenza che nell’ambito di tale
sfera di rischio rientrava certamente quello di condurre l’autobetonpompa per
procedere al getto di calcestruzzo in vista della posa in opera della piscina;
il fatto che il T. abbia scelto di percorrere una carrareccia scoscesa non per
ragioni estemporanee, ma per gettare il calcestruzzo ed anche per avvicinarsi
ai responsabili del cantiere (i T.) onde poter svolgere il lavoro affidatogli
nelle condizioni più favorevoli, non era certo condotta eccentrica rispetto
alle mansioni affidategli, né rispetto al rischio governato dai diversi garanti
presenti sul cantiere: tant’é che ad esempio il POS della V. aveva monitorato
il rischio prescrivendo che l’autista procedesse alla “previa verifica
dello stato di conservazione delle piste e delle aree che devono essere
frequentate dai mezzi della Ditta”. E’ chiaro poi che, come sostenuto dai
giudici di merito, la mancata recinzione e il mancato segnalamento delle aree
pericolose hanno costituito un ulteriore fattore di rischio che si é associato
all’imprudenza dell’autista e che si é inserito nella serie causale senza in
alcun modo venirne escluso dalla condotta colposa della vittima.
2. Anche i ricorsi dei T. sono infondati.
2.1. In aggiunta a quanto già visto a proposito
della non abnormità della condotta del T. (v. secondo motivo dei ricorsi), va
detto che non ha pregio quanto sostenuto nel primo motivo, laddove si afferma
che la mancata previsione del rischio nel POS della Edil TM sarebbe priva di
rilievo in relazione al fatto che tale rischio era stato invece
convenientemente previsto nel POS della V. (da cui il T. dipendeva); i T. erano
infatti garanti dei rischi connessi al cantiere di cui essi erano responsabili
(quali titolari della ditta esecutrice dei lavori) non certo meno di quanto lo
fosse la V., ed era ad essi che incombeva il compito di regolamentare la
recinzione del cantiere, gli accessi e la viabilità interna (di cui il POS
rimanda alla disciplina prevista nel PSC, che invece era mancante) ed anche
quello di curare la presenza della segnaletica di sicurezza all’interno del
cantiere stesso (segnaletica di cui però non vi era traccia né al momento del sinistro,
né quando il tecnico SPISAL eseguì l’accesso sui luoghi dell’incidente). Vale
in ogni caso quanto si é detto a proposito delle ipotesi di pluralità di
garanti, in relazione alle quali ciascuno di essi rimane per intero
destinatario dell’obbligo di sicurezza connesso alla posizione di garanzia.
2.2. Neppure coglie nel segno l’assunto sostenuto
nel terzo motivo a proposito della mancata rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale a fronte del ribaltamento in peius della sentenza assolutoria
che in primo grado era stata emessa nei confronti dei T.: le prove orali
“decisive” cui essi fanno riferimento per inferirne che la
rivalutazione delle stesse in appello avrebbe imposto una nuova audizione
avanti la Corte distrettuale si riducono alle dichiarazioni degli stessi T., i
quali assumono di avere impartito al T. disposizioni gestuali facendogli cenno
di fermarsi; ma sul punto la Corte di merito é chiara nel ravvisare
l’infungibilità di tali generiche, presunte segnalazioni gestuali rispetto alla
prescritta (e mancante) segnaletica di sicurezza (pag. 11 sentenza impugnata);
con ciò che ne consegue in punto di decisività delle prove di cui si lamenta la
mancata riassunzione.
2.3. Infine é infondato il quarto motivo di ricorso.
E’ noto che, da sempre, le figure dei coordinatori per la progettazione e per
la sicurezza non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili
nel campo della sicurezza sul luogo di lavoro, ma ad esse si affiancano per
realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di
coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori
(principio affermato già sotto il vigore delle disposizioni previgenti, ma
valido anche con l’attuale normativa: vds. Sez. 4, Sentenza n. 7443 del 17/01/2013,
Palmisano e altri, Rv. 255102). Si ricorda inoltre che la funzione di alta
vigilanza che grava sul coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha ad oggetto
esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo
riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le
attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese;
ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d.
rischio specifico, proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice o del
singolo lavoratore autonomo (Sez. 4, Sentenza n.
3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti e altro, Rv. 269046). Per tali
ragioni, le accertate inottemperanze del geom. L. nel redigere il PSC non sollevavano
i T. dal disciplinare, con il POS da loro redatto, i rischi perla sicurezza nel
cantiere rappresentati dall’accessibilità a luoghi pericolosi, mediante le
opportune chiusure e gli opportuni segnalamenti.
3. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.