In caso di trasferimento dell’azienda, il dipendente dell’impresa ceduta, che si trovi in aspettativa non retribuita per motivi sindacali, ex art. 31 Stat. Lav., ha diritto alla prosecuzione del rapporto, pur se in situazione di sospensione delle reciproche prestazioni.

Nota a Trib. Pavia 15 dicembre 2020, n. 272

Kevin Puntillo

Nell’ipotesi di trasferimento d’azienda, il dipendente del datore di lavoro cedente, in aspettativa non retribuita per motivi sindacali (ex art. 31 Stat. Lav.), ha diritto alla prosecuzione del rapporto in capo al cessionario, ex art. 2112 c.c.

Questa, la pronunzia del Tribunale di Pavia 15 dicembre 2020, n. 272 in relazione al caso di un’impresa che aveva ceduto ad altro soggetto l’azienda costituita dall’unica linea di produzione rimasta operativa, ‘dimenticandosi’ di trasferire il rapporto del lavoratore in aspettativa per motivi sindacali il quale era stato poi licenziato in seguito al fallimento del cedente. Il Tribunale riconosce la piena operatività del diritto di prosecuzione del rapporto in capo al cessionario, ex art. 2112 c.c., dichiarando nel contempo il diritto alla prosecuzione dell’aspettativa in capo al nuovo datore di lavoro.

Nello specifico, i giudici precisano che il dipendente in aspettativa non rappresenta un elemento avulso dalla produzione dell’impresa cui afferisce il rapporto di lavoro subordinato. Tanto è vero che, benché sospeso, egli “mantiene integra la propria vitalità anche sotto quei profili, esattamente rientranti nella sua compatibilità con l’organizzazione aziendale, che lo rendono soggetto ad atti di gestione datoriale quali lo ius variandi o, in extrema ratio, il recesso per motivo oggettivo”.

Il collocamento in aspettativa del prestatore, ai sensi dell’art. 31 Stat. Lav., comporta, infatti, solo una sospensione delle obbligazioni sinallagmatiche delle parti, destinate a riprendere vigore al momento della cessazione dell’aspettativa stessa.

Sul punto, la Corte di Cassazione (n. 2470/2000) ha chiarito che “l’interesse alla soppressione di un posto di lavoro in relazione all’obiettivo ridimensionamento dell’attività produttiva e la legittimità del conseguente licenziamento per giustificato motivo oggettivo non vengono meno in riferimento alla circostanza che il lavoratore interessato si trovi in aspettativa non retribuita per espletamento di un mandato politico”.

Ed ha altresì affermato (n. 6563/1998) che “poiché il collocamento in aspettativa del lavoratore comporta soltanto una sospensione delle obbligazioni sinallagmatiche delle parti, obbligazioni che riprenderanno vigore alla cessazione del periodo di aspettativa, non è configurabile un’incompatibilità tra la concessione dell’aspettativa e l’intimazione del licenziamento collettivo, ben potendo emergere durante il periodo di aspettativa la necessità di eliminare il posto di lavoro che il lavoratore tornerebbe ad occupare al suo rientro in azienda”.

Aspettativa sindacale e trasferimento d’azienda
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