Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 maggio 2021, n. 14388
Professionista, Avvocato, Natura occasionale dell’attività
svolta, Obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione separata, Esclusione
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n.
643 del 2.7.2018, ha rigettato il gravame dell’INPS avverso la decisione di
primo grado che aveva accolto la domanda di accertamento negativo dell’Avv.
B.R. (libero professionista iscritto all’Albo degli avvocati di Palermo ma non
anche alla Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza Forense), volta ad
accertare l’illegittimità dell’iscrizione, d’ufficio, alla Gestione Separata
INPS, in relazione all’anno 2010 e l’insussistenza del debito contributivo per
il mancato conseguimento del reddito nella misura utile all’insorgenza di tale
obbligo e della relativa obbligazione contributiva.
2. La Corte, in particolare, ha ritenuto che, il
fatto che la professionista avesse percepito redditi di importo inferiore a €
5.000,00, rappresentasse un indizio della natura occasionale dell’attività
svolta, condizione che escludeva l’obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione
separata.
3. L’INPS ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi di censura, ulteriormente illustrato con memoria, cui ha
resistito, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, l’Avv. B.R.
4. All’esito dell’infruttuosa trattazione camerale,
la sesta sezione della Corte ha richiesto, con ordinanza interlocutoria,
l’intervento nomofilattico della quarta sezione sul tema del limite reddituale
che, ad avviso della difesa dell’Avv. B., farebbe venir meno l’obbligo di
iscrizione alla gestione separata.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso l’INPS denuncia
violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3,
commi 26-31, del D.L. n. 98 del
2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con modific. nella L. n. 111 del 2011, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53
modificato dal D.Lgs n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e
22 della L. n. 247 del 2012,
art. 21, comma 10 e assume che la Corte territoriale avrebbe errato nel
ritenere insussistente l’obbligo di iscrizione presso la Gestione separata INPS
per il reddito prodotto nell’esercizio della professione, seppure inferiore
alla soglia reddituale prevista dai regolamenti della Cassa Forense.
6. Con il secondo motivo, denunciando violazione
dell’art. 2935 cod.civ., dell’art. 2, commi 26-31 legge n. 335 del
1995, in riferimento all’eccezione di prescrizione, riproposta in appello e
non valutata dalla Corte territoriale perché ritenuta assorbita.
7. Il ricorso è da accogliere.
8. Ricostruendo la portata precettiva dell’art. 2, comma 26, I. n. 335/1995,
per come autenticamente interpretato dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011
(conv. con I. n. 111/2011), questa Corte,
sulla scorta di Cass. S.U. n. 3240 del 2010,
ha avuto modo di affermare più volte che l’obbligo di iscrizione alla Gestione
separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante
dall’esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la
soglia monetaria indicata nell’art.
44, comma 2, d.l. n. 269/2003, conv. con I. n.
326/2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione
ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito
prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di
obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione, cui
hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn.
519 del 2019, 317 e 1827 del 2020, 477 e 478
del 2021).
9. Trattasi di affermazione che discende agevolmente
dalla lettura del combinato disposto degli artt. 2, comma 26, I. n. 335/1995,
e dell’art. 44, d.l. n. 269/2003,
entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede
l’obbligatorietà dell’iscrizione a carico dei «soggetti che esercitino, per
professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di
cui al comma 1 dell’articolo 49 del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni ed
integrazioni», mentre il secondo, a decorrere dal 1° gennaio 2004, estende tale
obbligo anche ai «soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale
[…] solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore
ad euro 5.000».
10. Tanto premesso, risulta evidente l’errore in cui
è incorsa la sentenza impugnata.
11. Nell’intento del legislatore, reso palese dalla
lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la
Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è
collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione
che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della
cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro
5.000,00 costituisce, invece, il presupposto affinché anche un’attività di
lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la
medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si
trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri
dell’abitualità.
12. Dirimente è, insomma, il modo in cui è svolta
l’attività libero professionale, se in forma abituale o meno; e se
nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le
presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della
partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a
supporto della sua attività, non è meno vero che trattasi pur sempre di forme
di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni
indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da
quello noto.
13. Sotto questo profilo, deve escludersi che – come
invece preteso dall’Istituto ricorrente – tali regole di esperienza siano
passibili di irrigidirsi in virtù della normazione positiva dettata dagli artt. 61 e 69-bis, d.lgs. n. 276/2003, così
da trapassare nel campo della presunzione legale: tanto l’art. 61, comma 3, d.lgs. n. 276/2003,
nella parte in cui prevede che «sono escluse dal campo di applicazione del
presente capo le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è
necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali», quanto il successivo art. 69-bis, comma 3, che esclude
dalla presunzione di continuatività di cui al precedente comma 1 le
«prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le
quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale», sono
preordinati a dettare discipline di favore per i committenti e i prestatori di
attività riconducibili ad una professione intellettuale per il cui esercizio
sia necessaria l’iscrizione ad apposito albo professionale, stabilendo
rispettivamente che esse non necessitano dell’individuazione di uno specifico
progetto per essere dedotte in un contratto di collaborazione e che, ai fini
fiscali, non possono presumersi continuative; si tratta, in altri termini, di
disposizioni che operano l’una nell’ambito dei rapporti tra le parti contraenti
e l’altra nei confronti dell’Erario, ma dalle quali non è possibile desumere
alcuna presunzione iuris et de iure tale per cui un’attività
libero-professionale che possa essere svolta solo previa iscrizione ad un albo
o elenco debba necessariamente qualificarsi come “abituale” ai fini
dell’iscrizione alla Gestione separata.
14. Resta piuttosto da osservare che, una volta
chiarito che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di
fatto, valorizzando all’uopo le presunzioni ricavabili ad es. dall’iscrizione
all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale
predisposta dal professionista a supporto della sua attività, la percezione da
parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a €
5.000,00 può semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli
altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto,
l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità.
15. Fermo restando, ovviamente, che l’abitualità di
cui si discute dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del
libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’è propria delle
gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post
desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe
a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla
produzione di un reddito superiore alla soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit.,
che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di
attività libero-professionali svolte in forma occasionale.
16. In quest’ottica, reputa il Collegio che
l’affermazione contenuta in Cass. n. 3799 del 2019,
secondo cui la produzione di un reddito superiore a € 5.000,00 darebbe luogo ex
se all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata (cfr. paragrafo 34 della
parte motiva), debba essere intesa (coerentemente con quanto sostenuto nel
paragrafo che precede) come volta ad affermare che, in quella data fattispecie,
la produzione di un reddito superiore alla soglia cit. valeva a privare di
rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività
libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che,
quand’anche se ne fosse voluta predicare la non abitualità, il superamento
della soglia di cui all’art. 44,
d.l. n. 269/2003, cit., ne avrebbe comunque determinato la sottoposizione all’obbligo
di contribuzione in favore della Gestione separata.
17. Qualche cenno merita, poi, il tema della
prescrizione, sul quale è incentrato il secondo motivo di ricorso che, sia pur
involgente questione da riproporre al giudice del gravame, si palesa opportuno
il richiamo, fin d’ora, ai precedenti di legittimità (cfr. ex multis, Cass. n.
27950 del 2018, Cass. n.19403 del 2019 così
Cass. nn. 27950 del 2018, 19403 del 2019, 17610 e 21472 del 2020, 4415 del 2021) secondo
cui la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal
momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi
(nella specie, in riferimento ai redditi del 2010 i termini di pagamento sono
stati differiti con d.P.C.M. 12 maggio 2011) e
non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi a opera del
titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione,
quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito
contributivo.
18. Non essendosi la Corte di merito uniformata al
principio di diritto esposto fino al paragrafo 16, la sentenza impugnata va
cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo, in diversa
composizione, che procederà a nuovo esame, alla luce di quanto sin qui detto, e
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e il secondo nei sensi di
cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte
d’appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese
del giudizio di cassazione.