Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 maggio 2021, n. 14700
Appalto, Cessazione, Corresponsione ai lavoratori dei
trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali dovuti, Responsabilità
solidale
Rilevato che
1. Con decreto ingiuntivo n. 7/2018 emesso su
ricorso dell’INPS, il Tribunale ha ingiunto alla S.G.E.I. srl di pagare la
somma di euro 106.778,00 quale committente obbligata solidale, ai sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
per i contributi previdenziali non corrisposti dalla appaltatrice W.T. e
Logistica società cooperativa;
2. a seguito di opposizione proposta dalla S.G.E.I.
srl, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo e dichiarato che nulla era
dovuto dalla opponente all’INPS poiché era maturata la decadenza biennale di
cui all’art. 29 cit. ;
3. la Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 421
pubblicata il 28.6.19, ha respinto l’appello dell’INPS, anche quale procuratore
speciale di SCCI spa, confermando la decisione di primo grado;
4. ha ritenuto dimostrata la cessazione dell’appalto
tra la committente e l’appaltatrice in data 12.9.2014 ed ha rilevato come il
ricorso per decreto ingiuntivo fosse stato depositato il 25.1.2018, ampiamente
dopo il decorso del termine biennale di decadenza di cui all’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
nel testo ratione temporis applicabile (“In caso di appalto di opere o di
servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido
con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il
limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori
i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”)].
5. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso
per cassazione, affidato a due motivi; la S.G.E.I. srl ha resistito con
controricorso;
6. la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale, ai sensi
dell’art. 380 bis cod.proc.civ..
Considerato che
8. col primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., violazione
e/o falsa applicazione dell’art.
29, d.lgs. n. 276 del 2003, come modificato dall’art. 6, commi 1 e 2, d.lgs. n. 251 del 2004;
dall’art. 1, comma 911, I. n.
296 del 2006; dall’art. 21,
comma 1, d.l. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni dalla I. n. 35 del 2012 e dall’art. 4, comma 31, I. n. 92 del 2012;
9. si sostiene che l’art. 29 cit. debba essere
interpretato nel senso di limitare la decadenza dal diritto di agire nei confronti
del committente quale responsabile solidale, ai soli lavoratori; ciò in base al
tenore della norma che non contiene alcun riferimento agli enti previdenziali;
costoro quando agiscono per ottenere il versamento dei contributi esercitano un
potere da cui non possono decadere, a meno che la funzione a cui quel potere è
connesso non venga sottratta ai medesimi;
10. si osserva come, decorso il termine di decadenza
di cui all’art. 29 cit., i
lavoratori possono ancora agire nei confronti del committente per il pagamento
delle retribuzioni ai sensi dell’art. 1676 cod.
civ., ma non hanno alcuna azione nei confronti del committente per il
pagamento dei contributi. Se si esclude, come preteso, l’applicabilità agli
enti previdenziali della decadenza introdotta dall’art. 29 cit., questi ultimi
possono agire per il recupero dei contributi nei confronti del committente, nel
termine di prescrizione, in tal modo realizzandosi una tutela pressoché analoga
delle retribuzioni e della contribuzione;
11. col secondo motivo di ricorso, formulato per
l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, l’INPS ha censurato la
sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 n. 3
cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
come modificato dall’art. 6, commi 1 e 2, d.lgs.
n. 251 del 2004; dall’art.
1, comma 911, I. n. 296 del 2006; dall’art. 21, comma 1, d.l. n. 5 del 2012,
convertito con modificazioni dalla I. n. 35 del
2012 e dall’art. 4, comma 31,
I. n. 92 del 2012; nonché degli artt. 2964,
2966 e 2967 c.c.;
12. ha sostenuto come la sentenza impugnata avesse
erroneamente dichiarato la decadenza nonostante il compimento da parte
dell’Istituto di un atto impeditivo della decadenza medesima, rappresentato
dalla notifica al committente del verbale ispettivo; ha rilevato come l’art. 29 cit. non specifichi in
alcun modo gli atti da compiere per esercitare il diritto nei confronti del
committente ed impedire il verificarsi della decadenza e che da tale silenzio
possa inferirsi l’idoneità, a fini impeditivi della decadenza, degli atti sia
giudiziali e sia stragiudiziali; nel caso di specie, il verbale ispettivo era
stato notificato al committente prima del decorso di due anni dalla conclusione
dell’appalto;
13. il primo motivo di ricorso è fondato, alla luce
dei precedenti di questa Corte, a cui si intende dare continuità (Cass. n. 18004 del 2019; n. 22110 del 2019; n.
26459 del 2019), e che hanno affermato, in analogia all’orientamento
formatosi nel vigore della legge n. 1369 del 1960,
il principio secondo cui “il termine di due anni previsto dall’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003
non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla
sola prescrizione”;
14. nei citati precedenti si è considerato che
l’obbligazione contributiva non si confonde con l’obbligo retributivo, posto
che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il
principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per
quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (v., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del
2003);
15. l’obbligazione contributiva, derivante dalla
legge e che fa capo all’INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella
retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n.
13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione
che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva
vigente (cd. “minimale contributivo”);
16. dunque, può affermarsi che la finalità di
finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione
immanente e necessaria tra la <retribuzione> dovuta secondo i parametri
della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla
realizzazione della tutela previdenziale;
17. proprio dalla peculiarità dell’oggetto
dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di <minimale
contributivo> strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la
considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale
assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura
prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla
corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente
proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento anche
dall’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la
propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;
18. si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna
plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra
retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed
adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione
assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit. ha voluto
potenziare;
19. il secondo motivo, alla luce delle
considerazioni esposte, resta assorbito.
20. in definitiva, accolto il primo motivo e
dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, quanto al
motivo accolto, e rinviata alla medesima Corte d’appello, in diversa
composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche
per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.