L’omessa attivazione della procedura preventiva, ex art. 4, L. n. 223/91, costituisce un vizio sostanziale del recesso, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria.

Nota a Trib. Latina, ord., 16 marzo 2021 n. 3070

Francesco Belmonte

Nell’ipotesi di radicale omissione della procedura preventiva, contemplata dalla L. n. 223/91 per i licenziamenti collettivi, il recesso deve ritenersi ontologicamente viziato, configurandosi pertanto non un vizio formale bensì sostanziale. Sul piano sanzionatorio, il lavoratore avrà diritto alla tutela reale c.d. debole (art. 18, co. 4, Stat. Lav.) e non alla più lieve tutela indennitaria, richiamata dall’art. 5, L. n. 223/91, per i vizi formali della medesima procedura.

A stabilirlo è il Tribunale di Latina (ord. 16 marzo 2021 n. 3070) in relazione ad una fattispecie concernente il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo di un dipendete con qualifica di “elettricista”, motivato dalla cessazione dell’appalto in cui era impiegato.

Il recesso in questione è stato riqualificato dal giudice come collettivo in ragione delle dimensioni dell’azienda (più di 15 dipendenti), del numero dei lavoratori licenziati addetti al medesimo appalto (più di 5) nella stessa unità produttiva e dell’arco temporale di intimazione dei recessi (120 giorni).

Il Tribunale ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento espulsivo in quanto intimato “in totale spregio” della procedura preventiva e obbligatoria di consultazione e informazione delle rappresentanze sindacali, contemplata per i licenziamenti collettivi dagli artt. 4 e 24, L. n. 223/91.

Sul piano sanzionatorio, l’organo giudicante ritiene che tale omissione “non sia equiparabile ad una violazione puramente formale cui applicare il regime sanzionatorio attenuato (c.d. tutela indennitaria piena) di cui all’art. 18, co. 7, Stat. Lav., richiamato dall’art. 5, co. 3, L. n. 223/91, in quanto in simile circostanza si concretizza “un difetto ontologico del recesso e si configura una situazione ben diversa da quella in cui la procedura sia stata prima attivata ma poi violata”.

L’ipotesi in esame, al contrario, integra “la più grave situazione in cui il datore di lavoro disponga dei recessi senza sentirsi vincolato da alcun criterio, con la conseguenza che la tutela del lavoratore non può, per questo, essere meno ampia”, rispetto anche a quanto previsto, a livello sovranazionale, dall’art. 27 della Carta dei Diritti Fondamenti dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), in base al quale: “Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto comunitario e dalle legislazioni e prassi nazionali.”

Poiché nella fattispecie in controversia la procedura è stata totalmente omessa, il giudice ha ritenuto che il datore debba essere “punito” con la più incisiva sanzione contemplata dalla L. n. 223/91 in caso di violazione dei criteri di scelta, ossia la reintegrazione del lavoratore, unitamente al pagamento di un’indennità risarcitoria, non superiore a 12 mensilità, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto (c.d. tutela reale debole – art. 18, co. 4, Stat. Lav.).

 

 

Licenziamenti collettivi: regime sanzionatorio in caso di omissione della procedura preventiva obbligatoria
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