Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2021, n. 15949
Contratto di apprendistato, Recesso, Illegittimità per
difetto dell’attività formativa, Accertamento
Rilevato che
– con sentenza in data 13 maggio 2017, la Corte
d’Appello di Campobasso ha respinto l’appello proposto da H.C. avverso la
decisione del locale Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la domanda da
lei avanzata nei confronti della M. V. s.r.l. volta ad impugnare il recesso dal
contratto di apprendistato, contratto di cui era stato chiesto accertarsi
l’illegittimità per difetto dell’attività formativa, nonché respinto la domanda
volta ad ottenere la condanna della società alla corresponsione delle
differenze retributive dovute in considerazione del CCNL applicabile e delle
mansioni effettivamente svolte;
– in particolare, confermando l’iter argomentativo
di primo grado, la Corte ha ritenuto la ricorrente decaduta dall’impugnazione
del recesso essendo trascorsi infruttuosamente i sessanta giorni dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro e non applicandosi alla fattispecie la
proroga di cui all’art. 32 comma
1 bis della legge n. 183 del 2010;
– avverso tale pronunzia propone ricorso H. C.
affidandolo ad un unico, articolato motivo;
– resiste, con controricorso, la M. V. s.r.I.;
– la questione è stata rimessa a questa Sezione
dalla Sezione Sesta che ha ritenuto insussistenti i presupposti per la
trattazione in camera di consiglio;
– entrambe le parti hanno presentato memorie.
Considerato che
– con l’unico, articolato motivo di ricorso, si
deduce la violazione e falsa applicazione del D.L.
29 dicembre 2010 n. 225 conv. con modificazioni in legge 26 febbraio 2011,
n. 10, nonché degli artt. 32 L.
n. 183 del 2010 e 6 L. 16
luglio 1966, n. 604, in relazione all’art. 360
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per aver la Corte d’appello ritenuto
applicabile alla specie il termine decadenziale di sessanta giorni di cui all’art. 32 comma 3 lett. a I. n.
183/2010, in quanto esteso ai “licenziamenti che presuppongono la
risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di
lavoro”, senza tener conto che l’applicabilità del nuovo termine
decadenziale era stata differita ex lege al 31/12/2011;
– il motivo è fondato e merita accoglimento, nei
termini di cui in motivazione;
– parte ricorrente, nel proprio atto introduttivo –
aspetto, questo pacifico fra le parti – ha fatto valere la completa assenza
dell’attività formativa nel rapporto asseritamente di apprendistato intercorso
con la società datrice e da tale illegittimità ha fatto discendere la
conseguente ingiustizia dell’intimato recesso, per essersi il rapporto
trasformato in contratto a tempo indeterminato;
– orbene, sia il primo che il secondo giudice hanno
incentrato la propria motivazione sulla inapplicabilità alla fattispecie del
decreto “milleproroghe” per essere già maturata al momento
dell’entrata in vigore della legge del 26/02/2011 la decadenza, atteso che,
come ritenuto in entrambe le sedi di merito, la ricorrente avrebbe avuto l’onere
di impugnare il licenziamento de quo entro sessanta giorni dal 18/2/2010 (data
di ricezione del fax contenente il recesso), talchè, non avendo la ricorrente
provveduto, ella sarebbe incorsa nella decadenza, non sanabile per l’intervento
della norma successiva, priva di effetto retroattivo;
– va rilevato, preliminarmente, che la fattispecie
di causa è regolata ratione temporis dalla normativa di cui alla legge 19 gennaio 1955 n. 25, dagli articoli 21 e 22 I. n. 56 del 1987,
dall’articolo 16 I. n. 196 del
1997, dagli articoli da 47 a
53 d. Igs. n. 276 del 2003: non trova, invece, applicazione la disciplina
introdotta dal d. Igs. 14 settembre 2011, n. 167,
che, all’articolo 1, nel
definire l’apprendistato, ne ha riconosciuto la natura di rapporto a tempo decreto legislativo n. 167 del 2011 indeterminato
(qualificazione confermata anche dall’articolo 41 del decreto legislativo
15 giugno 2015 n. 81, abrogativo del);
– nondimeno, secondo la giurisprudenza di questa
Corte (cfr. sul punto, fra le più recenti, Cass.
2365 del 2020) pur in mancanza di espressa previsione, deve affermarsi che
anche il contratto di apprendistato disciplinato dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 dà origine ad un
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (negli stessi termini, Cass. n. 17373 del 2017; Cass. n. 5051 del 2016);
– l’articolo
19 della I. n. 25 del 1955 prevede che, in caso di mancata disdetta a norma
dell’art. 2118 c.c., al termine del periodo di
apprendistato l’apprendista sia «mantenuto in servizio» con la qualifica
conseguita mediante le prove di idoneità e con il computo del periodo di
apprendistato ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore;
– la stessa previsione normativa della disdetta ai
sensi dell’art. 2118 c.c., cioè con periodo di
preavviso, corrisponde all’esigenza, propria di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, di evitare che la parte che subisce il recesso si trovi
improvvisamente di fronte allo scioglimento del rapporto (sul punto, Cass. n. 2365/2020, cit);
– orbene, deve confermarsi che il contratto di
apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla I.
n. 25 del 1955 e alla I. n. 196 del 1967, è dunque un rapporto dì lavoro a
tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una
causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si
aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e
formazione professionale) mentre la seconda fase soltanto eventuale, perché
condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c.
– rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato;
– va, quindi, rimarcato, che la funzione giuridica
del contratto di apprendistato è caratterizzata oltre che dallo svolgimento
della prestazione lavorativa, anche da un effettivo addestramento professionale
finalizzato all’acquisizione da parte del tirocinante della necessaria capacità
tecnica per diventare lavoratore qualificato;
– è in conseguenza di detta funzione che l’art. 7 della legge 19 gennaio 1955
n.25, sottopone il rapporto ad un termine di durata massima alla cui
scadenza il datore di lavoro ha facoltà di recesso, ex art. 19 della stessa L.25/55,
senza che sia richiesta l’esistenza della giusta causa o del giustificato
motivo, ed infatti al compimento del previsto periodo di tirocinio viene a
cessare per esaurimento la causa negoziale (cfr. Corte
Costituzionale 28 novembre 1973 n. 169, Cass.
n. 2213 del 1986 e Cass. n. 4334 del 11.5.87);
– questa Corte ha più volte affermato che, in tema
di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di
formazione determina la trasformazione del rapporto in rapporto a tempo
indeterminato, qualora l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza,
concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero
in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati
nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto (cfr., ex plurimis,
Cass. n. 7301/14);
– in questa seconda ipotesi il giudice deve valutare
in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento, giungendo alla
declaratoria di trasformazione del rapporto (v. Cass. n. 7301/14, cit.; Cass.
n. 6803/14; Cass. n. 16445/13; Cass. n. 2247/06; Cass. n.15308/04 nonché Cass. n. 19846/04);
– va, quindi, ricordato, conformemente alla più
recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. sul punto, Cass. n. 16595 del
2020) che in tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi
di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva
rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e
pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agii
obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma
la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai
principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di
trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di
formazione di non scarsa importanza;
– appare evidente come, nel caso di specie, oggetto
del giudizio sia l’applicazione di quella disposizione del collegato lavoro, l’art. 32 comma 3 lett. a I. n.
183/2010, che estende il termine di sessanta giorni per l’impugnazione del
recesso proprio ai “licenziamenti che presuppongono la risoluzione di
questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro”, atteso che
parte ricorrente, nell’impugnare il recesso, ha chiesto accertarsi la natura
del rapporto, asserendo il difetto di causa formativa e la conseguente
impossibilità di procedere al recesso all’esito per periodo formativo,
trattandosi di rapporto a tempo indeterminato ab origine;
– posta, quindi, l’applicabilità alla specie del
termine di sessanta giorni previsto dall’art. 32, deve, tuttavia rimarcarsi,
contrariamente a quanto asserito nei due giudizi di merito, che, secondo quanto
chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, fra le più
recenti, Cass. n. 15978 del 27/07/2020) a partire da SU n. 4913 del 14/03/2016,
l’art. 32, comma 1 bis, della
legge n. 183 del 2010, nel prevedere, “in sede di prima
applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore
delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione
del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta
esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della L. n. 604 del 1966;
– ne consegue, con riguardo ai contratti a termine
non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia
maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 – data di entrata in
vigore del “collegato lavoro” – e il 23 gennaio 2011 – scadenza del
termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva
del termine decadenziale – si applica il differimento della decadenza mediante
la rimessione in termini, rispondendo alla ratio legis di attenuare, in chiave
costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione ex novo,
del suddetto e ristretto termine di decadenza (così, Cass. n. 15978/2020 cit.,
nonché, fra le altre, Cass. n. 25103 del
14/12/2015);
– alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi,
la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di
Campobasso, in diversa composizione, che si uniformerà all’anzidetto principio
provvedendo, altresì, alla regolamentazione delle spese del presente giudizio
di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione,
anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.