Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 giugno 2021, n. 17995
Omissione contributiva, Prescrizione, Costituzione della
rendita vitalizia ex art. 13 L. n. 1338/1962, Prova
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la
sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di S.S. volta a ad accertare
l’omissione contributiva della soc W. per il periodo dal 14/5/1980 al
31/3/1982, nonché l’incompleto versamento dei contributi per il periodo dall’
1/4/1982 al 28/3/1983, con conseguente condanna della società alla costituzione
della rendita vitalizia o, in subordine ,al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c.
La Corte , precisato che per mero errore materiale
nella sentenza impugnata non era indicato l’Inps sebbene questo avesse
regolarmente partecipato al giudizio, ha rilevato che l’omissione contributiva
si riferiva al periodo dal 14/5/1980 al 31/12/1982 e dunque i contributi erano
prescritti con conseguente ammissibilità della costituzione della rendita vitalizia
ex art. 13 L. n. 1338/1962; che la costituzione di tale rendita era subordinata
alla prova risultante da documenti aventi data certa da cui evincersi la durata
del rapporto , prova che non era intervenuta nella fattispecie in quanto dalla
documentazione prodotta il rapporto di lavoro non poteva farsi risalire al
maggio 1980.
La Corte ha poi rilevato con riferimento al periodo
1/4/1982 – 28/3/1983, in ordine al quale risultavano versati solo due settimane
di contributi, che dagli atti risultava che il Sanfratello, in detto periodo,
era stato in cassa integrazione con conseguente venir meno dell’obbligo di
pagare i contributi da parte del datore di lavoro ,sicché non era ipotizzabile
alcuna omissione da parte del datore di lavoro.
2. Avverso la sentenza ricorre il Sanfratello con
quattro motivi. Resiste la W. E. spa, società incorporante la W. E. srl per
atto di fusione per incorporazione del 16/12/2016.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va rigettata l’eccezione di
inammissibilità del ricorso in cassazione per essere la notifica avvenuta nei
confronti della soc. W. E. srl, società incorporata per fusione alla I.C. spa,
oggi W.E. spa, e cancellata dal registro delle imprese in data 3/1/2017.
Va, a riguardo, osservato che le fusioni avvenute
dopo l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art.
2504-bis c.c., determinano soltanto un fenomeno evolutivo modificativo
della società, non dando luogo all’estinzione di un soggetto e
(correlativamente) la creazione di un diverso soggetto, ma ad una vicenda
meramente evolutiva-modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria
identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (cfr Cass n. 4042/2019, n. 28371/2019).
Va, inoltre, rilevato che la notifica del ricorso
all’originaria resistente , eventualmente nulla e non certo inesistente,
risulta, comunque, sanata dalla costituzione del nuovo soggetto subentrato alla
W. E. e ,dunque, per aver raggiunto lo scopo cui era destinata.
3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione dell’art. 2116 cc e dell’art 13 L.
n. 1338/1962.
Censura la sentenza per avere la Corte ritenuto
erroneamente prescritto il diritto del lavoratore .Osserva che non si era
verificata alcuna prescrizione decorrente dalla cessazione del rapporto del
29/7/97 e che, comunque, a voler ritenere la prescrizione del diritto
contributivo rivendicato, il datore di lavoro era tenuto alla costituzione
della rendita vitalizia corrispondente alla pensione che sarebbe spettata se i
contributi fossero stati regolarmente versati o al risarcimento del danno ex art. 2116 cc.
Il motivo è infondato dovendosi rilevare che la
Corte territoriale non ha affermato che, una volta intervenuta la prescrizione
dei contributi , viene meno il diritto del lavoratore al risarcimento. La Corte
si è limitata a dichiarare che, prescritti i contributi , restava la domanda di
costituzione della rendita o di risarcimento, e che , tuttavia, nella
fattispecie non era stata fornita la prova del rapporto di lavoro fin dalla
data indicata dal ricorrente.
4. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 132 cpc.
Censura l’affermazione della Corte territoriale
secondo cui, con il rigetto della domanda di costituzione di rendita ,
sull’Inps non gravava alcun onere ,né era destinatario di alcun effetto della
domanda e dunque l’omessa indicazione dell’Inps non avrebbe avuto alcuna
conseguenza sulla validità della sentenza.
Va rilevato che la Corte si è limitata ad affermare
che era un mero errore materiale in quanto l’Inps aveva partecipato al
giudizio. Tale censura risulta, comunque, irrilevante considerato che la Corte
ha negato la sussistenza della prova del rapporto di lavoro e che ,dunque,
nessuna rendita si sarebbe potuta costituire a favore del ricorrente.
5. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia
presunta nullità della sentenza per violazione dell’art.
112 cpc. Osserva che la Corte aveva riconosciuto il rapporto di lavoro ,ma
non ne aveva fatto derivare la costituzione della rendita.
Il motivo è infondato in quanto la Corte ha negato
la sussistenza della prova del rapporto di lavoro e dunque nessuna rendita si
sarebbe potuta costituire.
6. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia
violazione degli artt 115 e 116 cpc. Censura la sentenza per aver ritenuto non
raggiunta la prova dello svolgimento del rapporto di lavoro. Elenca documenti
non valutati correttamente dalla Corte e che, se considerati attentamente,
avrebbero consentito di riconoscere la costituzione del rapporto fin dal 1980.
Il motivo è inammissibile.
Va infatti rilevato (cfr. Cass. n. 4369 del 2017;
Cass. n. 18018 del 2017; Cass. n. 26612 del 2019; Cass.
n. 26613 del 2019) che taluni rilievi, pur formalmente ricondotti ad una
pretesa violazione di legge, si sostanziano in censure sulla congruità e
logicità della motivazione, nonostante il controllo sulla stessa non rientri
più nel catalogo dei casi di impugnazione per cassazione a seguito della
modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.;
disposizione che deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici
dettati dall’art. 12 delle preleggi, come
riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla
motivazione.
Com’è noto, a seguito della indicata modifica
legislativa che ha reso deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo della
motivazione è stato confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. il quale, a sua volta, ricorre
solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c., configurabile solo nel
caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di
‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili’ e di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’,
esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della
motivazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 8053/14
cit.). Di talché, anche per questo verso, le censure mosse dal ricorrente si
palesano inaccoglibili, atteso che la Corte territoriale ha spiegato, in
maniera esaustiva e niente affatto perplessa, le ragioni della decisione nel
senso dell’insussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato .In
sostanza la denuncia di violazione di diverse disposizioni codicistiche,
risulta sostanzialmente intesa a sollecitare una rivisitazione del quadro
probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica
valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.
6. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza. Avuto
riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso
sussistono i presupposti di cui all’art.
13, comma 1 quater, dpr n 115/2002.
P.Q.M.
Rigetto il ricorso e condanna il ricorrente a pagare
le spese di lite liquidate in Euro 800,00 per compensi professionali oltre 15%
per spese generali ed accessori di legge nonché Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art 13.