Ai fini della legittimità del trasferimento del lavoratore ad altra sede va provata la situazione di esubero del lavoratore e la compatibilità della nuova posizione con le sue condizioni di salute.
Nota a Cass (ord.) 10 giugno 2021, n. 16383
Alfonso Tagliamonte
Con riferimento al licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto alla previa verifica della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità di un eventuale recesso (in applicazione dell’art. 3, co. 3 bis, D.LGS. n. 216/2003, di recepimento dell’art. 5, Direttiva 2000/78/CE, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5 – v. Cass. n. 13649/2019; Cass. n. 27243/2018; Cass. n. 6798/2018). Il datore di lavoro è infatti tenuto, “pur senza modificare l’assetto organizzativo dei fattori produttivi insindacabilmente stabiliti, ad assegnare all’invalido mansioni compatibili con la natura e il grado delle sue menomazioni, reperendo nell’ambito della struttura aziendale il posto di lavoro più adatto alle condizioni di salute di tale lavoratore” (Cass. n. 27845/2009).
Questa l’affermazione della Corte di Cassazione ord.10 giugno 2021, n, 16383 (diff. da App. Bologna 21 aprile 2017). Nella fattispecie considerata, la lavoratrice ricorrente era stata assegnata temporaneamente allo svolgimento di attività interne per effetto di certificazione medica attestante la sua soggezione ad attacchi di panico e agorafobia durante la guida dell’auto, soprattutto nelle ore pomeridiane e serali, con consiglio di non utilizzarla al lavoro per servizi esterni. L’azienda aveva quindi attivato la procedura di accertamento dell’idoneità fisica della lavoratrice presso la Commissione ASL competente (ex art. 5, Stat. Lav.), nell’ambito di quelle soluzioni che consentano l’impiego del dipendente divenuto inidoneo presso una sede di lavoro collocata preferibilmente nell’ambito del Comune o della Provincia, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive (art. 81, co. 3, ccnl), “nella prospettiva di assoluzione dell’obbligo datoriale di adozione di adattamenti organizzativi ragionevoli”.
La Corte territoriale, secondo la Cassazione, ha “inteso le ragioni organizzative datoriali nella loro declinazione in funzione protettiva del lavoratore, a norma dell’art. 2087 c.c., tuttavia limitando l’accertamento, con evidente sua lacuna, alla sola non comprovata situazione di esuberanza, che non esaurisce tuttavia l’indagine giudiziale in una materia tanto delicata come l’utilizzabilità, all’interno della struttura aziendale” cui è addetto il lavoratore affetto da una inidoneità fisica sopravvenuta, trascurando tuttavia di verificare quale fosse “il posto di lavoro da assegnare… alla lavoratrice compatibile con le sue condizioni di salute, in ragione della natura e del grado delle menomazioni, reperibile nell’ambito della struttura aziendale”.
In tema v., in q. sito, sub Indirizzi Operativi, M.N. BETTINI, Lavoro del disabile nel recente intervento della Cassazione: nozione, accomodamenti ragionevoli, licenziamento e onere della prova.