Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 giugno 2021, n. 17801
Rapporto di lavoro, Personale ATA, Mancata inclusione nella
graduatoria permanente, Risarcimento del danno patrimoniale
Rilevato che
1. Con sentenza in data 11 febbraio 2015 nr. 321 la
Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Taranto, che
aveva respinto la domanda proposta da S.I. nei confronti del MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA (in prosieguo: MIUR) per il
risarcimento del danno subito a seguito della mancata inclusione nella
graduatoria permanente della provincia di Taranto per il personale ATA (profilo
di collaboratore scolastico), giusta domanda del 29 maggio 2001, la cui
illegittimità era stata accertata all’esito di ricorso straordinario al capo
dello Stato, con inserimento in graduatoria soltanto nel novembre 2005.
2. La Corte territoriale, in relazione al danno
consistente nella perdita dei punteggi che avrebbero consentito all’I.
l’immissione in ruolo, osservava che il MIUR aveva depositato nel primo grado
un conteggio virtuale del punteggio che controparte avrebbe acquisito se
inserito originariamente nella graduatoria, dal quale emergeva che egli avrebbe
totalizzato 47,15 punti alla data dell’1.9.2007. A tale ricostruzione aveva
aderito lo stesso I., come dalle note difensive e dai verbali di causa.
3. Tuttavia, come dedotto dal MIUR in appello, pur a
voler considerare ipotesi ancor più favorevoli (stipula di contratti di
supplenza fino al 31 agosto di ciascun anno a partire dall’anno scolastico
2001/2002) – e dunque un punteggio di 49,15 punti – l’I. non avrebbe potuto
aspirare al passaggio in ruolo nell’anno 2007, perché si sarebbe collocato al
posto 484 bis dopo G.G., che non era stato immesso in ruolo neppure nell’anno
successivo. Tali allegazioni non erano state contestate nelle note difensive
autorizzate depositate dall’I. il 6.6.2014.
4. Escluso il diritto al risarcimento del danno
patrimoniale per mancata immissione in ruolo, l’appellante non aveva allegato
di avere sopportato esborsi per reperire altra occupazione o per la frequenza
di corsi professionalizzanti nè di avere perso occasioni di lavoro offerte da
terzi.
5. Quanto al danno non patrimoniale, era stato
allegato un danno morale ed esistenziale per la interruzione del legame
familiare nonché biologico, dovuto all’insorgenza di diabete mellito di tipo
II.
6. Sotto il primo profilo, nel ricorso di
separazione con addebito introdotto dalla moglie dell’I., depositato dalla
stessa parte, risultava che i problemi coniugali risalivano ad epoca anteriore
alla mancata inclusione nella graduatoria del 2001 (ai primissimi tempi del
matrimonio, contratto l’1.10.1998) ed erano dovuti alla mancata propensione
dell’I. al lavoro ed al rispetto dei doveri genitonali e coniugali. Dal ricorso
per separazione non emergeva alcun cambiamento delle abitudini di vita della
parte in epoca successiva al 2001.
7. Quanto al danno biologico, la patologia diabetica
in età adulta scaturiva da cause genetiche o da disordini alimentari, con
effetti potenziati dalla sedentarietà. La ricorrenza di tale ultima ipotesi
trovava riscontro nel certificato del medico curante prodotto, per il rilievo
del sovrappeso e nello stile di vita dell’I., improntato al disinteresse per la
partecipazione a qualunque attività.
8. Nell’appello era stata prodotta una consulenza di
parte in cui si lamentava una patologia in precedenza non allegata né
documenta, la depressione, che avrebbe prodotto disturbi alimentari, causa
prossima del diabete. Si trattava di allegazione nuova che, in ogni caso, non
poteva essere collegata ai fatti di causa secondo il criterio cronologico,
perché manifestatasi solo nell’anno 2011.
9.Infine, la consulenza di parte sovvertiva la
sequenza delle manifestazioni morbose, considerando il diabete quale effetto
della malattia psichica, che era invece storicamente successiva.
10. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza S.I., articolato in nove motivi ed illustrato con memoria; il MIUR si
è costituito per la partecipazione alla udienza di discussione.
Considerato che
l. Con il primo motivo la parte ricorrente ha
denunciato – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 e nr. 4
cod.proc.civ. – violazione degli articoli 132
cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ.,
assumendo la carenza di motivazione del rigetto della domanda, tanto in punto
di fatto che in punto di diritto.
2. Il motivo è inammissibile. Le ragioni del decisum
sono, infatti, chiaramente esposte e comprensibili, come risulta dallo storico
di lite, avendo la Corte territoriale ritenuto: quanto al danno patrimoniale
dedotto (la mancata immissione in ruolo), la insussistenza del pregiudizio e,
quanto al danno non patrimoniale, la mancanza del rapporto di causalità tra la
illegittima esclusione dalla graduatoria ed i pregiudizi allegati. Parimenti è
argomentato il percorso logico a base delle suddette conclusioni. La parte
deduce formalmente un vizio processuale di omessa motivazione a fronte di una
mancata condivisione, nel merito, della decisione assunta.
3. Con la seconda censura si deduce – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. –
violazione degli artt. 115, 116, 167, 416 cod.proc.civ., 2697
cod.civ. in relazione al rigetto della domanda di risarcimento del danno
patrimoniale.
4. Il ricorrente ha esposto che dalla lettura delle
note depositate dal MIUR nel primo grado di giudizio (in data 8.9.2011) nonché
del verbale di udienza del 28.1.2010 risultava che il MIUR aveva riconosciuto
il suo diritto ad essere immesso in ruolo dall’1 settembre 2007.
5. Con la terza critica si assume – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 e nr.5 cod.proc.civ. – violazione
dell’articolo 115 cod.proc.civ., censurando la
sentenza per avere affermato che le allegazioni svolte dal MIUR in appello
circa l’assenza del diritto alla immissione in ruolo non erano state
contestate.
6. Il ricorrente ha esposto di avere replicato con
le note del 6.6.2014 alla ricostruzione operata dal MIUR nella comparsa di
costituzione in appello, sostenendo che il fatto che l’immissione in ruolo
sarebbe avvenuta nell’anno 2007 era stato riconosciuto da controparte nelle
note depositate nel giudizio di primo grado.
7. Il quarto motivo è proposto – ai sensi dell’art. 360 nr. 1 e nr. 3 cod.proc.civ. – sotto il
profilo della violazione degli articoli 115 e 116 cod.proc.civ. nonché degli articoli 2730, 2731,
2733 cod.civ. in relazione agli articoli 228 e 229
cod.proc.civ.
8. Si evidenzia nuovamente che nelle note depositate
in data 8.9.2011 e nel verbale di udienza del 28.1.2010 il MIUR aveva
riconosciuto il suo diritto alla immissione in ruolo dall’1.9.2007. Si
qualificano le suddette dichiarazioni del MIUR come confessione giudiziale,
avente valore di prova legale.
9. I motivi dal secondo al quarto, che possono
essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, sono inammissibili.
10. Benché la parte formalmente deduca violazione di
norme processuali e di norme di diritto, nei contenuti i tre motivi contestano
un accertamento di fatto compiuto dal giudice dell’appello, secondo il quale
anche in caso di iscrizione nelle graduatorie provinciali sin dalla domanda
(anno scolastico 2001/2002) invece che nel novembre 2005, i punteggi che l’I.
avrebbe acquisito non gli avrebbero consistito la assunzione a tempo
indeterminato dall’1.9.2007.
11. Trattasi di accertamento storico, censurabile in
questa sede di legittimità non già sotto il profilo dell’errore di diritto o
del vizio di attività processuale, ma nei limiti di deducibilità del vizio di
motivazione.
12. Parte ricorrente non prospetta alcun fatto
storico non esaminato dal giudice dell’appello, che ha dato conto sia delle
note depositate dal MIUR che dei verbali di causa del primo grado ed ha
prestato adesione alla precisazione compiuta dalla amministrazione nella
comparsa di costituzione in appello, sulla mancata maturazione anche al
settembre 2007 di un punteggio utile all’immissione in ruolo. Il giudice
dell’appello ha dunque ritenuto decisive le allegazioni svolte dal MIUR nel
grado di appello, non contestate dall’appellante. Trattasi di valutazione di
merito, alla quale l’attuale ricorrente contrappone una diversa valutazione
degli atti processuali, anche in punto di contestazione delle allegazioni del
MIUR, chiedendo nella sostanza a questa Corte un inammissibile riesame di
merito.
13. Il quarto motivo denuncia, da ultimo, un errore
di diritto sul presupposto che le dichiarazioni rese dal MIUR negli atti del
primo grado dovessero qualificarsi come «confessione giudiziale».
14. La censura difetta di specificità, in quanto non
sono trascritte integralmente (ma soltanto in stralcio) le dichiarazioni
contenute nelle note difensive e nei verbali di causa, non sono individuate le
statuizioni della sentenza impugnata nelle quali si ravviserebbe la violazione
di diritto denunciata né sono esposte le ragioni di detta violazione.
15. Con il quinto mezzo la parte ricorrente ha
lamentato:
– ai sensi dell’articolo
360 nr 3, nr. 4 e nr. 5 cod.proc.civ. – violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e dell’art. 63, comma due, D.Lgs. nr.
165/2001
– ai sensi dell’articolo
360 nr.3 cod.proc.civ. – violazione dell’articolo
112 cod.proc.civ. e degli articoli 1226, 2056, 2043 e 2059 cod.civ.
– ai sensi dell’articolo
360 nr. 3 cod.proc.civ. violazione degli artt.
112, 115 cod.proc.civ., 1226, 2056, 2043 e 2059 cod.civ.
16. Il motivo per un verso (alla lettera a della
rubrica) contesta la statuizione resa sul danno derivato dalla interruzione del
legame familiare, assumendo sussistere il vizio omessa pronuncia, per non avere
il giudice d’appello provveduto a qualificare giuridicamente la azione; per
altro verso assume (alla lettera b della rubrica) che, una volta qualificata la
domanda, (come azione di risarcimento del danno non patrimoniale) la Corte
territoriale avrebbe dovuto provvedere alla liquidazione del danno in via
equitativa.
17. Il motivo è inammissibile.
18. Si ipotizza l’omessa pronuncia su una domanda –
(il risarcimento del danno consistente nella interruzione del legame coniugale)
– che il giudice dell’appello ha esaminato e respinto; l’omessa pronuncia
presuppone, invece, la mancanza di ogni statuizione, ancorché implicita, sulla
domanda e non già sulla sua qualificazione giuridica.
19. Si assume, inoltre, la necessità della
liquidazione equitativa del danno non patrimoniale senza considerare che il
risarcimento è stato escluso, a monte, per difetto di un nesso di causalità tra
l’illecito imputabile all’amministrazione (il mancato inserimento nelle graduatorie
del personale ATA) ed il danno lamentato (la separazione chiesta dal coniuge).
La critica svolta, a prescindere da ogni
considerazione circa i presupposti in diritto della liquidazione equitativa,
non coglie, dunque, la ratio decidendi.
20. Con il sesto motivo si impugna la sentenza- ai
sensi dell’articolo 360 nr. 3 e nr. 5 cod.proc.civ.-
sotto il profilo della violazione degli artt. 61,
112 e 191
cod.proc.civ. nonché dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio, per non avere il giudice dell’appello esaminato la richiesta,
proposta tanto nel primo grado che nell’atto di appello, di disporre una CTU
contabile ed una consulenza medico legale.
21. Il motivo è inammissibile.
22. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte
(Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2016, n. 13716 ;Cass 18/03/2013, n. 6715) il
vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4
dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande,
eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di
rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie (come quella di
ammissione di una c.t.u.).
23. Non sono poi esposte né argomentate le ragioni
della lamentata violazione degli articoli 61 e 191 cod.proc.civ.
24. Da ultimo, è del tutto carente, quanto al
dedotto vizio di motivazione, la allegazione di un fatto storico decisivo non
esaminato dal giudice dell’appello, benché risultante dagli atti ed oggetto di
discussione tra le parti.
27. Con il settimo motivo si denuncia:
– ai sensi dell’articolo
360 nr.3 cod.proc.civ.- violazione dell’ art.
115, comma 2, cod.proc.civ.
– ai sensi dell’art. 360
nr. 4 cod.proc.civ.- violazione degli artt.
115, comma 1 e comma 2 cod.proc.civ. e 101
cod.proc.civ. Nullità della sentenza.
28. La censura coglie il rigetto della domanda di
risarcimento del danno biologico.
29. Il ricorrente ha assunto che la Corte
territoriale aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta della
amministrazione e la malattia diabetica sofferta sulla base di una massima di
comune esperienza mentre non era notorio che detta malattia fosse conseguenza
di stili di vita negativi;
all’opposto, era notorio che l’obesità ed il cattivo
rapporto con il cibo derivavano da un trauma psichico, quale quello che egli
aveva subito.
30. Si assume, altresì, che la Corte territoriale,
avendo posto a base della decisione una massima di comune esperienza che, in
effetti, non presentava tale connotazione, avrebbe violato il principio
dispositivo ed il principio del contraddittorio.
31. Il motivo è inammissibile.
32. Esso non coglie la ratio decidendi della
sentenza, secondo cui la malattia psichica era stata allegata tardivamente ed
era comunque successiva all’insorgenza del diabete, sicché non poteva esserne
causa.
33. Per il resto la Corte territoriale, con un
apprezzamento di merito, ha ritenuto che la causa del diabete sofferto dall’I.
fosse da ravvisare nel sovrappeso e nella sedentarietà. Tale giudizio avrebbe
potuto essere censurato in questa sede unicamente con la deduzione di un vizio
della motivazione, secondo il vigente paradigma dell’articolo
360 nr.5 cod.proc.civ.
34. L’ottavo mezzo è articolato – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. – sotto il profilo della
violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. nonché –
ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. –
come omessa pronuncia sui motivi di cui al nr. 3 dell’atto di appello, relativi
al fatto che la mancata assunzione in ruolo nell’anno 2007 gli aveva precluso
la possibilità di scegliere la sede più vicina alla propria residenza, di
essere assunto in ruolo prima del raggiungimento del limite di età, di godere
dei diritti previsti dal CCNL.
35. Il motivo è inammissibile per difetto di
specificità – in quanto non sono trascritte in questa sede le allegazioni
dell’atto di appello rispetto alle quali si denuncia il vizio di omessa
pronuncia – e, comunque, perché non si confronta con la ratio decidendi della
sentenza impugnata.
36. Il giudice dell’appello ha escluso che l’I.
avrebbe avuto diritto, ove correttamente inserito nella graduatoria
provinciale, all’immissione in ruolo nell’anno 2007 e ciò ha comportato il
rigetto, ancorché implicito, di tutte le domande di danno fondate sulla perdita
della chance di immissione in ruolo nel medesimo anno 2007.
37. Con il nono motivo si lamenta- ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.- violazione dell’art. 115, comma 1, cod.proc.civ., per avere la
Corte d’appello erroneamente ritenuto il difetto di prova degli esborsi
sostenuti per reperire altra occupazione e per la frequenza di corsi
professionalizzanti laddove nella stessa sentenza si leggeva che la moglie
aveva sopportato le spese per la frequenza ad un corso di amministratore di
condominio e di iscrizione ad una scuola privata.
38. La censura è inammissibile.
39. Il vizio di violazione e falsa applicazione
dell’ art. 115 cod.proc.civ. non può
configurarsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal
giudice di merito ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base
della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di
fuori dei limiti legali (ex plurimis: Cassazione civile sez. lav., 22/07/2020,
n.15625).
40. Nei termini proposti la denuncia configura,
piuttosto, una critica all’accertamento di fatto compiuto nella sentenza
impugnata, fuori dal paradigma del vizio di motivazione di cui al vigente articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ.
41. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato nel
complesso inammissibile.
42. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, per la
sostanziale assenza di attività difensiva del MIUR.
43. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co 17 L.
228/2012 (che ha aggiunto il comma
1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti
processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la
impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n.
4315).
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per
le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.