I verbali conciliativi in materia di atti abdicativi di (e transattivi su) diritti del lavoratore subordinato conclusi in sede sindacale non sono impugnabili a condizione dell’effettività dell’assistenza sindacale ivi prestata.
Nota a Cass. (ord.) 9 giugno 2021, n. 16154
Paolo Pizzuti
Le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale non sono impugnabili a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura.
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (ord. 9 giugno 2021, n 16154, in linea, con Cass. n. 21617/2018 e Cass. n. 24024/2013) che conferma la decisione di App. Milano 20 marzo 2017 che aveva accertato l’adeguatezza dell’assistenza sindacale del lavoratore in sede conciliativa davanti al giudice, in ragione della sottoscrizione dell’accordo alla presenza del sindacalista delegato di legittimità.
In particolare, la Cassazione specifica che “premessa l’essenzialità dell’assistenza effettiva dell’esponente sindacale, idonea a sottrarre il lavoratore a quella condizione di inferiorità che, secondo la mens legis, potrebbe indurlo altrimenti ad accordi svantaggiosi, si ritiene sufficiente alla realizzazione di tale scopo l’idoneità dello stesso rappresentante sindacale a prestare in sede conciliativa l’assistenza prevista dalla legge; posto che la compresenza del predetto e dello stesso lavoratore al momento della conciliazione lascia presumere l’adeguata assistenza del primo, chiamato a detto fine a prestare opera di conciliatore (per il conferimento di un mandato implicito del lavoratore necessariamente sottostante all’attività svolta dal primo), in assenza di alcuna tempestiva deduzione né prova (dal dipendente di ciò onerato) che il rappresentante sindacale, pur presente, non abbia prestato assistenza di sorta” (Cass. n. 12858/2003).