Giurisprudenza – TRIBUNALE DI RAVENNA – Ordinanza 06 maggio 2021, n. 97
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, Tutela del
lavoratore in caso di licenziamento illegittimo per insussistenza del fatto
posto a fondamento del licenziamento, Applicazione della tutela reintegratoria
– Condizioni, Accertamento della manifesta insussistenza del fatto posto a
base del licenziamento., Legge 20 maggio 1970, n.
300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), art. 18,
settimo comma.
Motivi
1 – Fatto e processo a quo.
Con ricorso C.E. S.r.l. proponeva opposizione ai
sensi dell’art. 1, comma 51 della
legge n. 92/2012 avverso l’ordinanza che, a conclusione della prima fase
del c.d. rito Fornero, aveva disposto la reintegra di M.P., licenziato tre
volte nel giro di alcuni mesi, una delle quali per giustificato motivo
oggettivo, le altre due per giusta causa.
In
particolare:
1. Il primo è un licenziamento per giusta causa:
procedimento disciplinare iniziato con missiva del 9 ottobre 2018, sanzione
comminata con missiva del 22 ottobre 2018;
2. Il secondo è un licenziamento per giustificato
motivo oggettivo: procedura iniziata con la comunicazione preliminare del 12
ottobre 2018; licenziamento comminato con missiva del 22 novembre 2018;
3. Il terzo è ancora un licenziamento per giusta
causa: procedimento disciplinare iniziato con missiva del 28 gennaio 2019;
sanzione comminata con missiva del 12 febbraio 2019.
In questa sede di opposizione C.E. S.r.l. concludeva
domandando «Si chiede che l’ill.mo Tribunale – Giudice del Lavoro – adito
competente per la fase di opposizione ex art. 1, commi 51° – 57°, legge n.
92/2012, contrariis rejectis e previa ogni declaratoria meglio vista,
voglia, in riforma della ordinanza opposta, – respingere siccome infondate in
fatto e in diritto le domande proposte nella precedente fase dal ricorrente nei
confronti della C.E. S.p.A. e, pertanto, rigettare il ricorso e le domande
tutte, anche successivamente proposte; condannare conseguentemente il sig. M.P.
alla restituzione in favore della C.E. S.p.A. della somma a lui corrisposta,
come documentato in atti, in esecuzione della ordinanza qui opposta,
provvisoriamente esecutiva, ovvero per i titoli ad essa conseguenti per un
totale di euro 94.495,10 (pari a un lordo di euro 128.355,00) oltre a quelle
che dovesse ulteriormente corrispondere per lo stesso titolo, ovvero della
diversa somma e del diverso titolo che eventualmente risulterà dovuto, con i
conguagli fra le diverse poste che dovessero necessitare, con interessi e
rivalutazione dal dovuto al saldo; nel caso di accoglimento di taluna domanda
dell’odierno opposto, voglia comunque (salvo gravame) limitarla ai minimi
indennitari».
C.E. S.r.l. precisava nell’atto di non impugnare le
statuizioni contenute nell’ordinanza opposta relativamente alle decisioni sui
due licenziamenti per giusta causa ritenuti in prime cure illegittimi, con la
conseguenza che l’oggetto attuale del giudizio rimane esclusivamente il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
M.P. si costituiva con memoria proponendo una
domanda riconvenzionale, anche in punto di esatta determinazione dell’indennità
allo stesso spettante in seguito all’esercizio dell’opzione in luogo della
effettiva reintegra («…condannare CFS al pagamento della somma di euro
8.977,50 a titolo integrazione per la opzione esercitata dal sig. Patrizi alla
reintegra nel posto di lavoro»).
La causa veniva rimessa una prima volta alla Corte
costituzionale per una questione di legittimità in via incidentale relativa al
7° comma dell’art. 18,
nella parte in cui tale disposizione regolamenta la massima tutela prevista in
ipotesi di licenziamento per giusta causa.
La norma prevedeva, infatti, che il giudice «Può
altresì applicare la predetta disciplina [ossia quella di cui al 4° comma dell’art. 18, ossia la tutela
reale attenuata] nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del
fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo».
La Corte costituzionale, con sentenza n. 59 del 2021 dichiarava
«l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo
periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività
sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato
dall’art. 1, comma 42, lettera b),
della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del
mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), nella parte in cui prevede
che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a
base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può altresì
applicare» – invece che «applica altresì» – la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma.
Il fascicolo veniva riassunto dal lavoratore in data
19 aprile 2021 e le parti si ripresentavano entrambe all’udienza odierna,
insistendo ciascuna per le conclusioni già rassegnate prima della sospensione.
Rivalutati gli atti di causa, alla luce delle
motivazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 59 del 2021, si ritiene sussista ancora un problema di costituzionalità
nel 7° comma dell’art. 18
(norma da applicare nel caso di specie), con la conseguenza che deve essere
nuovamente sollevata una diversa ed ulteriore (rispetto a quella già accolta)
questione di costituzionalità in via incidentale.
La stessa attiene alla qualifica di “manifesta”
che l’insussistenza del fatto di licenziamento per motivo oggettivo connesso ad
una ragione c.d. “economica” deve avere per condurre alla reintegra.
Tale questione non veniva proposta con l’ordinanza
precedente (7 febbraio 2019) e, pertanto, può (deve, non ritenendosi la
questione manifestamente infondata) essere sollevata in questa ulteriore sede
incidentale.
2 – L’oggetto del giudizio di costituzionalità: la
norma.
L’oggetto dell’ordinanza di rimessione è l’attuale
versione dell’art. 18, 7°
comma, legge n. 300/1970.
La norma prevede che il giudice «applica altresì la
predetta disciplina [ossia quella di cui al 4° comma dell’art. 18, ossia la tutela
reale attenuata] nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del
fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Nelle
altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto
giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma».
3 – I parametri.
Si ritiene che tale disposizione ordinaria sia in
contrasto con alcuni parametri costituzionali. In particolare si tratta delle
seguenti disposizioni:
art. 3, 1° comma Cost.;