Grava sul datore di lavoro che resti inerte la responsabilità del comportamento persecutorio posto in essere da un dipendente nei confronti di altro dipendente in posizione gerarchica inferiore.
Nota a Cass. 11 giugno 2021, n. 16534
Valerio Di Bello
Il datore di lavoro rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo costituito da un comportamento mobbizzante che egli ignori, è nondimeno responsabile (ex artt. 2087 e 2049 c.c.). Tale responsabilità non è esclusa dalla circostanza che la condotta di mobbing provenga da un dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, (v., fra tante, Cass. n. 18093/2013).
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione 11 giugno 2021, n. 16534, in una fattispecie in cui la Corte territoriale aveva escluso che il datore di lavoro, identificabile con la direzione provinciale del lavoro di Catanzaro, fosse stato messo a conoscenza delle presunte condotte persecutorie nei confronti di una dipendente che aveva lamentato il compimento, nei suoi confronti, di plurimi e sistematici atti lesivi, determinanti lesione della sua personalità e dignità. La pluralità di condotte vessatorie erano state confermate dai testi e provate da documentazione medica.