Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 14 luglio 2021, n. 8/E

Modalità di restituzione delle somme assoggettate a tassazione in anni precedenti. Articolo 150 decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto Rilancio) e articolo 10, commi 1, lettera d-bis), e 2-bis del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir)

 

INDICE

Premessa

1. Somme restituite al soggetto erogatore “al lordo” delle ritenute subite al momento della percezione

2. Restituzione al soggetto erogatore “al netto” della ritenuta subita al momento della percezione

3. Determinazione dell’importo netto delle somme da restituire al soggetto erogatore e assoggettate a tassazione in anni precedenti

4. Calcolo del credito d’imposta riconosciuto al soggetto erogatore/sostituto d’imposta

5. Momento di utilizzo del credito d’imposta

6. Diritto al credito d’imposta

7. Decorrenza

 

Premessa

 

Con la presente circolare si forniscono chiarimenti interpretativi in merito all’ambito applicativo di recenti disposizioni in tema di modalità di restituzione al sostituto di somme indebitamente percepite, assoggettate a tassazione in anni precedenti. Sul punto, al fine di deflazionare l’insorgere di contenziosi tra i datori di lavoro e i dipendenti tenuti alla restituzione delle predette somme, l’articolo 150 («Modalità di ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di acconto»), del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto Rilancio) (NOTA 1) ha introdotto nell’articolo 10 del Testo unico delle imposte dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), il comma 2-bis con il quale è stata espressamente prevista la cosiddetta modalità di restituzione “al netto” in aggiunta a quella al “lordo” della ritenuta stabilita dall’articolo 10, lettera d-bis).

La disposizione interviene nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidatosi negli ultimi anni in base al quale la restituzione de quo deve riguardare solo le somme “effettivamente” percepite dal contribuente ovvero quelle entrate nella concreta disponibilità del percettore (NOTA 2).

1. Somme restituite al soggetto erogatore “al lordo” delle ritenute subite al momento della percezione

L’articolo 10, comma 1, lettera d-bis), Tuir nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2012, disponeva che «Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente […] le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti».

Al riguardo, con la circolare 23 dicembre 1997, n. 326, è stato precisato che con tale onere deducibile (di importo pari alla somma precedentemente assoggettata a tassazione e, successivamente, rimborsata al soggetto erogatore) il contribuente recupera le imposte pagate al momento della percezione delle somme.

Trattasi di una disposizione che non riguarda soltanto i redditi di lavoro dipendente, bensì tutti i redditi assoggettati a tassazione con il criterio di cassa e, quindi, anche compensi di lavoro autonomo professionale o altri redditi di lavoro autonomo (es. diritti di autore, etc.) nonché redditi diversi (quali lavoro autonomo occasionale o altro).

In particolare, dal punto di vista oggettivo, l’articolo 10, comma 1, lettera d-bis), del Tuir si applica alle somme oggetto di restituzione, sia assoggettate a ritenuta a titolo di imposta (ovvero ad imposta sostitutiva) o a titolo di acconto, sia a quelle assoggettate ad Irpef in sede di dichiarazione dei redditi. Tali somme, pertanto costituiscono un onere deducibile indipendentemente dalla modalità di tassazione (anche separata) subita.

Al fine di consentire il recupero delle imposte versate al momento della percezione delle somme, anche qualora il reddito complessivo del periodo d’imposta in cui sono restituite fosse risultato incapiente, il comma 174 dell’articolo 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di Stabilità 2014), ha modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2013, la lettera d-bis del comma 1 dell’articolo 10 del Tuir.

Tale disposizione, nel confermare la deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti, ha previsto che «L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», emanato il 5 aprile 2016.

Al riguardo, l’articolo 1, comma 4, del citato decreto ministeriale dispone che «In alternativa alla deducibilità dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi, il contribuente può chiedere, entro il termine di cui all’articolo 2, comma 1, il rimborso dell’importo determinato applicando all’intero ammontare delle somme non dedotte l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito di cui all’articolo 11 del citato TUIR. La richiesta di rimborso è irrevocabile».

2. Restituzione al soggetto erogatore “al netto” della ritenuta subita al momento della percezione

Come illustrato in premessa, nell’articolo 10 del Tuir è stato introdotto il comma 2-bis ai sensi del quale «Le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili».

Con tale disposizione, il Legislatore ha disciplinato espressamente una modalità di restituzione delle somme già assoggettate a tassazione, che si aggiunge a quella già prevista (al “lordo” della ritenuta) dalla citata lettera d-bis), disponendo la restituzione al “netto” della ritenuta.

In base alla normativa attuale, dunque, sono previste due distinte modalità di restituzione delle somme, in quanto:

– il decreto Rilancio, pur modificando l’articolo 10 del Tuir, con l’inserimento del comma 2-bis, ha lasciato immutata la lettera d-bis) che è tutt’ora vigente disciplina la restituzione “anche” di somme assoggettate a ritenuta;

– nel primo comma del citato articolo 150 si dispone che le somme restituite al netto delle ritenute subite «non costituiscono oneri deducibili».

Sotto il profilo applicativo, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento in base alla diversa tipologia di ritenuta operata, si ritiene che la restituzione al “netto” della ritenuta, possa avvenire nell’ipotesi in cui le somme da restituire siano state assoggettate a qualsiasi titolo, a ritenuta alla fonte, nonostante la rubrica dell’articolo 150 fa riferimento esclusivamente alle «ritenute alla fonte a titolo di acconto».

Conseguentemente, la disposizione in esame potrà trovare applicazione, a titolo esemplificativo, anche in caso di restituzione di somme assoggettate ad imposta sostitutiva (es. restituzione di un premio di risultato assoggettato all’imposta sostitutiva del 10 per cento, ai sensi dell’articolo 1, comma 182 della legge 28 dicembre 2015, n. 208).

 

3. Determinazione dell’importo netto delle somme da restituire al soggetto erogatore e assoggettate a tassazione in anni precedenti

 

Al fine di determinare l’importo netto da restituire, con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’indebito sia relativo ad una parte della somma complessivamente erogata in anni precedenti, in assenza disposizioni al riguardo, il sostituto sarà tenuto a sottrarre dall’importo lordo che il contribuente è tenuto a corrispondere, la quota parte delle ritenute operate ai fini Irpef, proporzionalmente riferibili all’indebito.

Ad esempio, qualora il sostituto d’imposta abbia erogato nel 2019 euro 28.000, operando ritenute a titolo Irpef per euro 6.960, e nel 2021 richieda la restituzione di un quarto della somma complessivamente erogata (28.000*1/4) ovvero di euro 7.000, al fine di stabilire l’importo netto dell’indebito oggetto di restituzione, il sostituto dovrà sottrarre da tale ultimo importo un quarto delle ritenute Irpef operate, che nell’ipotesi rappresentata, è pari ad euro 1.740 (dato da euro 6.960*1/4). Conseguentemente, l’importo dell’indebito, al netto delle ritenute Irpef, sarà pari ad euro 5.260 (ovvero euro 7.000-1.740).

Si fa presente che le somme, da restituire ai sensi del comma 2-bis, vanno calcolate al netto della ritenuta Irpef subita, nonché delle ritenute applicate a titolo di addizionali all’Irpef.

 

4. Calcolo del credito d’imposta riconosciuto al soggetto erogatore/sostituto d’imposta

 

L’articolo 150 in esame ha, inoltre, disciplinato le modalità con le quali il sostituto d’imposta recupera le ritenute Irpef versate all’Erario all’atto della corresponsione delle somme, riconoscendogli un credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme restituite al “netto” delle ritenute. Più precisamente, il comma 2 dispone che ai «sostituti d’imposta di cui all’articolo 23, comma 1 e all’articolo 29, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai quali siano restituite, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le somme al netto delle ritenute operate e versate, spetta un credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241».

Il credito d’imposta, stabilito forfetariamente dal Legislatore, non dovrà essere ricalcolato (in aumento o in diminuzione) dal sostituto d’imposta in base all’importo delle ritenute versate al momento dell’erogazione delle somme, successivamente restituite.

La misura del credito è calcolata sull’importo netto restituito, come illustrato nella relazione al decreto legge, considerando che, su una somma lorda di 100, sia stata applicata l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito, attualmente prevista nella misura del 23 per cento, analogamente a quanto disposto dall’articolo 1, comma 4, del decreto ministeriale 5 aprile 2016, per la determinazione dell’imposta rimborsabile al percettore delle somme indebite, in quanto, il 23 per cento di 100 è pari al 30 per cento di 77.

Nel caso in cui la restituzione abbia ad oggetto somme che sono state tassate solo in parte, il credito d’imposta deve essere calcolato sulle somme restituite al netto di quelle che non erano state tassate al momento dell’erogazione.

Ad esempio, nel caso in cui un fondo pensione a contribuzione definita eroghi un’anticipazione che viene successivamente restituita per mancanza dei requisiti richiesti, il credito d’imposta deve essere calcolato sulle somme restituite al netto di quelle riferibili a contributi non dedotti e dei redditi già assoggettati ad imposta annualmente dal fondo (vale a dire al netto di tutte le somme che non sono state tassate al momento dell’erogazione dell’anticipazione).

 

5. Momento di utilizzo del credito d’imposta

 

Il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione.

Più precisamente, tenuto conto che il recupero delle ritenute Irpef (“operate e versate”) attiene al rapporto tra sostituto d’imposta ed Erario, si ritiene che la “definitività” della pretesa alla restituzione delle somme consenta al sostituto di fruire dell’intero ammontare del credito d’imposta, a prescindere dall’importo effettivamente corrisposto dal sostituito.

Ai fini dell’utilizzo del credito di imposta, pertanto, sono irrilevanti le vicende e le modalità relative alla concreta restituzione dell’indebito (ad esempio, corresponsione rateale o mancata restituzione).

Tuttavia, si ritiene che qualora, nelle more della definitività della pretesa, il sostituito corrisponda al netto le somme precedentemente percepite, il sostituto potrà comunque avvalersi del credito d’imposta nel periodo d’imposta in cui è avvenuta la restituzione.

Della restituzione delle somme, nonché dell’emersione del credito d’imposta, si dovrà dare evidenza rispettivamente nel modello di Certificazione Unica (CU) rilasciata dal sostituto e nel modello di dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediari (modello 770), così come illustrato nelle relative istruzioni ai predetti modelli di dichiarazione.

Al riguardo, si precisa che il sostituto d’imposta evidenzierà nel modello 770 – Quadro SX – Rigo SX1 – Colonna 5 – l’intero credito spettante su ripetizione dell’indebito, subordinatamente alla compilazione del punto 475 della CU relativa ai redditi di lavoro dipendente, assimilati ed assistenza fiscale, nonché del punto 22 della CU relativa ai redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, considerato che, come precedentemente rappresentato, il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione, risultando, conseguentemente, irrilevanti le vicende e le modalità relative alla concreta restituzione dell’indebito (ad esempio, corresponsione rateale o mancata restituzione dell’indebito).

 

6. Diritto al credito d’imposta

 

In relazione ai soggetti che ai sensi del comma 2 dell’articolo 150 del decreto Rilancio fruiscono del credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, si osserva che tale istituto è volto al recupero, da parte del sostituto d’imposta, delle ritenute operate e versate all’Erario per conto del percettore delle somme.

Le Amministrazioni dello Stato, come previsto dal comma 1 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, all’atto del pagamento devono effettuare una “ritenuta diretta” in acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti «secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato» (articolo 2 decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602).

Tale modalità di riscossione non comporta, in ragione della coincidenza tra il sostituto d’imposta e il soggetto creditore del tributo, il versamento all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte rilevato che la nozione di “ritenuta diretta” implica una sorta di compensazione che lo Stato opera fra il credito fiscale ed il controcredito del contribuente e, pertanto, riguarda esclusivamente le amministrazioni statali (cfr., tra l’altro, sentenza 5 aprile 2017, n. 8789; ordinanze 24 maggio 2013, n. 12869 e 13 marzo 2019, n. 7110).

Conseguentemente, il credito d’imposta, quale strumento volto a recuperare crediti nei confronti dell’Erario, non ha ragione di essere utilizzato dalle Amministrazioni dello Stato.

Il comma 2 del più volte citato articolo 150, nell’indicare i sostituti che possono fruire del credito d’imposta de quo, non fa riferimento ai soggetti indicati nell’articolo 29, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, ovvero alle amministrazioni dello Stato, ma a quelli di cui al comma 3 del medesimo articolo 29 quali «le amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato e della Corte costituzionale, nonché della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale».

In ragione di quanto illustrato, pertanto, il credito d’imposta previsto dal comma 2 dell’articolo 150 del decreto Rilancio potrà essere fruito dagli organismi indicati nel comma 3 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dai soggetti indicati nell’articolo 23 del medesimo d.P.R., compresi, quindi, gli Enti Pubblici che «operano all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa».

 

7. Decorrenza

 

Per espressa previsione normativa, ovvero ai sensi del comma 3 dell’articolo 150 in esame, la restituzione delle somme al soggetto erogatore al netto delle ritenute Irpef opera per quelle «restituite dal 1° gennaio 2020», facendo salvi «i rapporti già definiti alla data di entrata in vigore del presente decreto», ovvero già definiti alla data dal 19 maggio 2020.

In altre parole, la nuova disposizione non trova applicazione se alla data del 19 maggio 2020:

– il contribuente ha già restituito l’indebito al “lordo”;

– per effetto di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, sia stabilita la restituzione al “lordo”, salvo diverso successivo accordo tra le parti;

– sia in corso un piano di restituzione rateizzato, calcolato al “lordo” delle ritenute operate all’atto dell’erogazione, salvo diverso successivo accordo tra le parti.

In caso di restituzione al “lordo”, come sopra illustrato, resta fermo il diritto alla deduzione, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera d-bis, del Tuir.

Tenuto conto che, potrebbero verificarsi casi in cui alla data del 31 dicembre 2019, a seguito di sentenza definitiva o accordo, la restituzione è stabilita al netto, si ritiene che il sostituto d’imposta possa fruire del credito d’imposta di cui al comma 2, in relazione alle restituzioni avvenute dal 1° gennaio 2020.

A titolo esemplificativo, si riportano nella seguente tabella alcune ipotesi di restituzione di somme.

 

Definizione del rapporto

Restituzione “al netto”

Credito d’imposta

Istanza di rimborso

CU2021

770/2021

Sentenza divenuta definitiva o accordo ante 2020 Le somme non vengono restituite Non spetta il credito Il sostituto può presentare istanza di rimborso (NOTA 3) Non compilare Non Compilare
Sentenza divenuta definitiva o accordo ante 2020 Restituzione in unica soluzione nel 2020 Spetta il credito nel periodo d’imposta 2020 SI intero importo da restituire SI 30% intero importo da restituire
Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2019 Restituzione in 3 rate (2020, 2021 e 2022) Spetta il credito nel periodo d’imposta 2020 SI intero importo da restituire SI 30% intero importo da restituire
Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2019 Restituzione in 4 rate (2019, 2020, 2021 e 2022) Il sostituto può presentare istanza di rimborso Non compilare Non

Compilare

Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2020 Le somme non vengono restituite Spetta il credito nel periodo d’imposta 2020 SI

intero importo

da restituire

SI

30% intero importo da restituire

Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2020 Restituzione in unica soluzione nel 2021 Spetta il credito nel periodo d’imposta 2020 SI

intero importo

da restituire

SI

30% intero importo da restituire

Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2020. Restituzione del netto in 3 rate (2020, 2021 e 2022) Spetta il credito nel periodo d’imposta 2020 SI

intero importo da restituire

SI

30% intero importo da restituire

Sentenza definitiva, che prevede la restituzione al lordo, ottenuta nel 2019 Il sostituito propone di restituire nel 2021 l’importo netto e viene fatto un accordo in tal senso con il sostituto Spetta il credito nel periodo d’imposta 2021 Da compilare nella CU 2022 Da compilare nel 770/2022

 

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

 

Note:

(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

(2) Con la conseguenza che, nelle ipotesi di somme assoggettate a ritenuta, la relativa restituzione deve avvenire al “netto” della stessa.

(3) L’istanza di rimborso deve essere presentata nei termini di cui all’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Circolare 14 luglio 2021, n. 8/E
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