Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 luglio 2021, n. 20720

Ricorso per revocazione, Dolo processuale nella
intenzionalità della condotta dell’INPS, Attività deliberatamente fraudolenta
influente sulla decisione, Artifici o raggiri tali da paralizzare o sviare la
difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità, Atto
pubblico fidefacente sul punto fino a querela di falso

 

In relazione alla posizione della lavoratrice R.M.,
era stata emessa cartella di pagamento relativa ai contributi previdenziali
dovuti dal notaio A., in qualità di datore di lavoro; su opposizione alla
cartella di quest’ultimo, il tribunale di Palermo, con sentenza dell’1.2.12,
aveva annullato la cartella, condannando il datore a pagare all’INPS la somma
di euro 24.345 per contributi. Su appello del datore e dell’INPS, la corte
d’appello di Palermo, con sentenza del 19.11.14, ha rideterminato il periodo di
omissione contributiva riguardante la dipendente R.M. sulla base di un rapporto
di lavoro alle dipendenze del notaio A., a tempo parziale nel periodo da
gennaio 92-maggio 93 ed a tempo pieno nel periodo giugno 93-febbraio 98,
confermando nel resto la sentenza di primo grado. Avverso tale sentenza,
gravata poi da ricorso per cassazione in via principale, la parte proponeva
anche ricorso per revocazione.

Sosteneva in particolare il ricorrente che si era
accorto dopo la pubblicazione della sentenza che l’INPS aveva inserito nel
fascicolo d’ufficio – dopo che la Corte si era ritirata in camera di consiglio
– una memoria contenente nuove argomentazioni in fatto e diritto e che tali
argomentazioni avevano avuto valore decisivo influenza determinante, essendo
state recepite nella sentenza della Corte d’Appello.

Ravvisava quindi il dolo nella intenzionalità della
condotta dell’INPS e proponeva quindi revocazione ai sensi del 395 numero 1 c.p.c.

La Corte di Appello con sentenza 15.12.2015
dichiarava inammissibile la domanda di revocazione.

Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione
l’A. per 7 motivi; Riscossione Sicilia spa è rimasto intimato; l’INPS ha
depositato procura ed ha poi discusso in udienza.

Con il primo motivo si lamenta l’omesso esame del
reale contenuto della deduzione difensiva nel verbale l’udienza, della stampa
del portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia, della novità
delle difese spiegate dall’INPS e della loro decisività.

Con il secondo motivo si deduce falsa applicazione
degli articoli 130 e 126
c.p.c., nell’articolo 2700 c.c.., in
considerazione della data formalmente indicata del “depositato” (atto
pubblico fidefacente) e dell’assenza di indicazione nel verbale d’udienza in
ordine alla autorizzazione al richiesto deposito.

Con il terzo motivo si deduce violazione delle
medesime norme ora dette, per le ragioni indicate nel motivo che precede.

Con il quarto motivo si lamenta che la decisione
della Corte si è basata su presunzione non grave né precise né concordante.

Con il quinto motivo si deduce violazione degli articoli 132 numero 4 c.p.c., 111 comma 6 della Costituzione, essendo apparente
la motivazione secondo la quale la memoria sarebbe stata depositata all’udienza
del 9 anziché a quella del 10 risultante invece dal timbro del
“depositato”.

Con il sesto motivo si deduce violazione degli articoli 132 co. 2 c.p.c. e illogicità della
valorizzazione della mancata verbalizzazione della opposizione del procuratore
alla richiesta dell’INPS di depositare la memoria.

Con il settimo motivo si deduce falsa applicazione
dell’art. 395 co. 1 c.p.c., in quanto il fatto
andava ricostruito in modo diverso ed era sussumibile nella fattispecie
revocatoria ex numero uno.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente per
la loro connessione: essi sono infondati.

La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che
il dolo processuale rilevante per la revocazione deve consistere in un’attività
deliberatamente fraudolenta influente sulla decisione, non riscontrata nella
specie.

La decisione è in linea con quanto affermato da
questa Corte (Sez. 6-5, Ordinanza n. 22851 del 26/09/2018, Rv. 650814 – 01;
Sez. L, Sentenza n. 12875 del 09/06/2014, Rv. 631268 – 01), secondo la quale il
dolo processuale di una delle parti in danno dell’altra in tanto può costituire
motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell’art.
395, n. 1, cod. proc. civ., in quanto consista in un’attività
deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da
paralizzare, o sviare, la difesa avversaria ed impedire al giudice
l’accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella
reale.

Nella specie, l’INPS ha depositato la memoria
all’udienza, come risulta espressamente dal verbale di causa, che -sebbene non
congruo con il “depositato” apposto sul documento – è atto pubblico
fidefacente sul punto fino a querela di falso. La produzione risulta dal
medesimo verbale di causa essere avvenuta alla presenza del procuratore della
controparte.

Il deposito della memoria in discorso è stato
effettuato al più in modo irrituale, ma certo non fraudolento né surrettizio,
né si riscontra alcun artificio soggettivamente diretto ed oggettivamente
idoneo a paralizzare la difesa della controparte e ad impedire al giudice
l’accertamento della verità.

Ne deriva il rigetto del ricorso.

Spese secondo soccombenza in favore della sola parte
costituita, spese parametrate alla sola fase della discussione.

Sussistono i requisiti processuali per il raddoppio
del contributo unificato, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento in favore dell’INPS delle spese di lite, che liquida in euro 1000 per
compensi professionali e 200 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed
accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 luglio 2021, n. 20720
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