Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 agosto 2021, n. 23195
Rapporto di lavoro, Mansioni di direttore, Trattamento
economico, CCNL, Componente fissa ed una variabile correlata alle reali
responsabilità assegnate
Rilevato che
1. Il dott. E.G., dirigente medico della Azienda
sanitaria Provinciale di Catanzaro, chiese la condanna dell’Azienda al
pagamento della somma di € 171.239,23, oltre accessori dovuti per legge, a
titolo di differenze spettanti in relazione alle mansioni di direttore del Centro
integrato di Oncologia, svolte dal 1.7.1998 al 15.5.2000 e di quelle di
direttore della struttura complessa di Oncologia dal 16.5.2000 al 31.12.2008.
2. Il Tribunale di Lamezia Terme rigettò la domanda
e la Corte di appello di Catanzaro, investita del gravame da parte del dott.
G., ha confermato la sentenza di primo grado osservando in primo luogo che la
domanda relativa al mancato adeguamento della parte variabile della
retribuzione di posizione era nuova e perciò inammissibile. Quanto al resto la
Corte ha ricordato che al rapporto di lavoro dei dirigenti medici non si
applica l’art. 2103 cod.civ. anche in considerazione del fatto che, a norma
dell’art. 15 ter comma 5 del d.lgs. n. 502 del 1992 il dirigente preposto ad
una struttura complessa è sostituito, in caso di assenza o impedimento, da
altro dirigente della struttura o del dipartimento previamente individuato dal
responsabile della struttura stessa. Ha sottolineato inoltre che il contratto
collettivo della dirigenza medica, cui è demandata la disciplina del
trattamento economico dei dirigenti, ha previsto una componente fissa ed una
variabile correlata alle reali responsabilità assegnate. Con riguardo all’
indennità chiesta con riferimento al periodo in cui gli era stato attribuito
l’incarico di direttore di struttura complessa di “Oncologia” – a
decorrere dal 16.5.2000 – il giudice di secondo grado ha osservato che a norma
dell’art. 15 ter ultimo comma del d.lgs. n. 502 del 1992 tale indennità non
compete a chi sostituisca il titolare nell’incarico e che nel ricorso
introduttivo del giudizio nulla era stato allegato quanto alle ragioni del suo
conferimento. Conseguentemente le allegazioni avanzate in appello erano
tardive.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso E.G. con due motivi ai quali ha opposto difese con controricorso la
Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la
violazione degli artt. 112, 113 comma 1, 115 comma 1 e 416 comma 3
cod.proc.civ. e la falsa applicazione dell’art. 437 comma 2 cod.proc.civ. in
relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod. proc.civ.. La violazione dell’art.
112 cod.proc.civ. con riferimento all’ omessa pronuncia ed all’ extrapetizione
ai sensi dell’art. 360 primo comma n.4 cod. proc.civ.). L’omesso esame di un
fatto decisivo in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.civ. ed
infine la violazione dell’art. 132 comma 1 n. 4 cod.proc.civ. e la carenza di
motivazione ai sensi dell’art.360 primo comma nn. 3, 4 e 5 cod. proc.civ..
4.1. Deduce il ricorrente che, diversamente da
quanto affermato dalla Corte di appello, non era stato mai allegato in giudizio
che la pretesa si fondasse sull’avvenuta sostituzione di un dirigente medico.
Piuttosto era stato dedotto che gli era stato conferito l’incarico, in modo
pieno ed originario ancorché in via provvisoria, della responsabilità
dell’unità organizzativa.
4.2. Sostiene perciò che la Corte di merito sarebbe
stata tenuta, nell’ambito delle allegazioni e delle richieste formulate, a
verificare quale fosse la corretta qualificazione da dare al rapporto che, a
suo avviso, correttamente, doveva essere ricondotto ad un incarico dirigenziale
non sostitutivo da remunerare a norma dell’art. 52 comma 5 d.lgs. n. 165 del
2001 ed art. 2126 c.c. in relazione all’art. 36 Cost.
5. Con il secondo motivo di ricorso il dott. G.
denuncia l’avvenuta violazione dell’art. 36 Cost. e degli artt. 52 comma 5 del
d.lgs. n. 165 del 2001 e 2126 c.c. anche in relazione all’art. 15 del d.lgs. n.
505 del 1992, 24 comma 1 d.lgs. n. 29 del 1993, all’art. 15 ter del d.lgs. n.
505 del 1992 ed all’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 con riguardo ai criteri
adottati per la remunerazione della prestazione resa.
6. Il ricorso, le cui censure possono essere
esaminate congiuntamente, è fondato nei termini di seguito esposti.
6.1. Il ricorrente agisce in giudizio per ottenere
le differenze retributive che assume gli spettino per aver svolto le mansioni
di direttore del Centro integrato di Oncologia dal 1.7.1998 al 15.5.2000 e
quelle di direttore della struttura complessa di Oncologia dal 16.5.2000 al
31.12.2008. In particolare ha dedotto di non aver mai ricevuto il trattamento
accessorio connesso alle funzioni espletate e nello specifico la retribuzione
di posizione eccedente il minimo contrattuale e l’indennità di struttura
complessa. Nel ribadire che non vi era stata assegnazione a mansioni superiori
per sostituzione ma piuttosto una vera e propria assegnazione nelle mansioni,
seppure senza il rispetto della procedura necessaria, reclama ai sensi
dell’art. 2126 cod. civ. il pagamento di tutte le differenze riportate nel
conteggio allegato al ricorso di primo grado.
6.2. Tanto premesso rileva il Collegio che secondo
il consolidato orientamento di questa Corte che si intende qui ribadire, in
materia di pubblico impiego contrattualizzato, la sostituzione nell’incarico di
dirigente medico del S.S.N., ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.I. dirigenza
medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di
mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della
dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al
sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la
prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la
prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici, se
prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto
vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità
sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi,
inapplicabile l’art. 36 Cost. (cfr. Cass. 03/09/2018 n. 21565 e 03/08/2015 n.
16299 oltre a Cass. 01/10/2008 n. 24373 citata dalla Corte territoriale).
Nell’ambito della dirigenza sanitaria, infatti, non trova applicazione l’art.
2103 c.c. con riferimento al mancato riconoscimento delle mansioni superiori,
atteso che l’inapplicabilità di tale disposizione ai dirigenti del pubblico
impiego privatizzato, che è sancita in via generale dall’art. 19 del d.lgs. n.
165 del 2001 e che trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non
esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di
determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale a ricoprire
un incarico dirigenziale, è ribadita per la dirigenza sanitaria, inserita in un
unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello, dall’art.
15-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 e dall’art. 28, comma 6, del c.c.n.I. 8
giugno 2000 (cfr. Cass. 04/01/2019 n. 91).
6.3. Si tratta di principi di carattere generale che
trovano applicazione anche nel caso in cui l’assegnazione avvenga non per
rimediare ad una temporanea assenza o in attesa della designazione del titolare
per effetto di una procedura concorsuale ma anche laddove vi si provveda
nell’immediatezza della riorganizzazione della struttura.
6.4. In questo quadro può essere accolto il ricorso
del dott. G. che giustamente si duole della erroneità della decisione nella
parte in cui neppure esamina, ritenendo nuova la domanda, il suo diritto a
percepire l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina
collettiva.
6.5. A fronte di una domanda di pagamento di tutti i
compensi spettanti in relazione allo svolgimento di determinate mansioni,
compensi analiticamente riportati nel conteggio allegato al ricorso di primo
grado, non può essere considerata nuova la richiesta avanzata dall’odierno
ricorrente di vedersi riconosciuta quanto meno quell’indennità sostitutiva che,
lo si è ricordato, spetta al dirigente medico preposto di fatto atteso che si
ha introduzione di una domanda nuova per modificazione della “causa
petendi”, non consentita in appello, quando il fatto che giustifica la
pretesa sia alterato nei suoi elementi materiali, e quindi, non sia in questione
solamente una sua diversa qualificazione giuridica, cosa che qui non è avvenuta
essendosi il ricorrente limitato a specificare il titolo in base al quale le
somme chieste dovevano essere comunque, almeno in parte, riconosciute. Si
tratta in sostanza di semplice puntualizzazione del dato normativo invocato a
sostegno della domanda che non costituisce “mutatio libelli” ed
integra una mera difesa in punto di diritto, sicché può essere effettuata in
ogni stato e grado del giudizio (cfr. 04/11/2014 n. 23481 ed inoltre Cass.
27/12/2019 n. 34541 con riguardo specifico alla preposizione a struttura
complessa successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 229 del 1999).
7. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei
termini esposti e la sentenza cassata deve essere rinviata alla Corte di
appello di Catanzaro che in diversa composizione accerterà se e quali somme
sono dovute al dott. G. per il periodo in cui gli è stata affidata in via
provvisoria la responsabilità del Centro integrato, poi quella del Centro di
Oncologìa ed infine quella della Divisione Ospedaliera di Oncologia medica.
7.1. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la
regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro in diversa
composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.