Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 agosto 2021, n. 23189
Autoferrotranvieri, Contratto di formazione e lavoro,
Conversione in contratto a tempo indeterminato, CCNL, Retribuzione
Fatto
Con sentenza 29 gennaio 2016, la Corte d’appello di
Napoli condannava A.N.M. (…) al pagamento della somma di € 2.608,90, oltre
accessori di legge, per il periodo aprile 2004 – 31 marzo 2009, a titolo di
“terzo elemento salariale”, in favore del proprio dipendente G.S.,
all’epoca in contratto di formazione e lavoro convertito alla scadenza biennale
in contratto a tempo indeterminato, secondo la previsione dell’art. 4
dell’accordo 25 luglio 1997, di rinnovo del CCNL per gli autoferrotranvieri,
che lo aveva soppresso e fatto confluire nei cd. trattamenti sostitutivi,
mantenendolo ai soli lavoratori già in servizio a tempo indeterminato: così
riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece rigettato la
domanda.
In esito a critica ricognizione della contrattazione
collettiva relativa alla composizione della retribuzione degli
autoferrotranvieri (art. 1 CCNL 12 marzo 1980) e di quella spettante agli
assunti con contratto di formazione e lavoro (art. 7 acc. naz. 11 aprile 1995),
la Corte partenopea, a differenza del Tribunale, escludeva che la suindicata
previsione contrattuale collettiva potesse derogare al regime di computo del
periodo di formazione e lavoro nell’anzianità di servizio una volta trasformato
il rapporto in lavoro a tempo indeterminato, stabilito dall’art. 3 d.l. 726/84
conv. in I. 863/84, alla luce del richiamato indirizzo di legittimità
(sensibile anche ad una declinazione della suddetta equiparazione alla stregua
di clausola di non discriminazione) e della disciplina in materia di lavoro a
tempo determinato (di cui il contratto di formazione e lavoro costituisce una
specie) dell’Unione Europea: in particolare, delle clausole 1 e 4 dell’accordo
quadro del 18 marzo 1999 ad esso relativo, allegato alla Direttiva 1999/70/Ce
del Consiglio, come interpretate dalla giurisprudenza citata della Corte di
Giustizia.
Sicché, riteneva che il lavoratore, una volta
inglobato nella propria anzianità di servizio il pregresso periodo di
formazione e lavoro, avesse diritto alla suddetta voce salariale, neppure
potendo essere discriminato in ragione del conseguimento di una sua posizione
in forza di un contratto a tempo determinato.
Con atto notificato il 8 marzo 2016, A.N.M.
ricorreva per cassazione con due motivi; G.S., pure ritualmente intimato, non
svolgeva difese. Assegnata per la trattazione all’adunanza camerale, ai sensi
dell’art. 380bis c.p.c., nella ravvisata insussistenza dei presupposti, la
causa era quindi rinviata a nuovo ruolo e fissata all’odierna pubblica udienza.
La società comunicava memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 3, quinto comma d.l. 726/1984 conv.
in I. 863/1984, 4 Accordo nazionale 25 luglio 1997 per il rinnovo del CCNL per
i dipendenti del settore degli autoferrotramvieri, anche ai sensi degli artt.
1362 ss. ed omesso esame su fatto decisivo per il giudizio, per l’erroneo
riconoscimento ai lavoratori del diritto ad una voce retributiva accessoria
(cd. terzo elemento salariale), mai percepita in quanto non prevista dalla
retribuzione stabilita per gli assunti con contratto di formazione e lavoro
(individuata dall’art. 7 dell’accordo nazionale 11 aprile 1995 nella
retribuzione conglobata, nell’ex indennità di contingenza, nell’indennità di
mensa e domenicale), soppressa dall’art. 4 dell’accordo 25 luglio 1997, di rinnovo
del CCNL per gli autoferrotranvieri per farla confluire nei cd. trattamenti
sostitutivi così da mantenerla ai soli lavoratori già in servizio a tempo
indeterminato; né tale voce essendo collegata all’anzianità, senza pertanto
contrastare con la prescrizione normativa di computo del periodo di formazione
e lavoro nell’anzianità di servizio dei lavoratori a seguito della
trasformazione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato (art. 3 d.l. 726/84
conv. in I. 863/84), come ritenuto da copiosa giurisprudenza di legittimità (in
analoga materia di esclusione del diritto ai lavoratori assunti con contratto
di formazione e lavoro di un altro elemento retributivo, parimenti non
percepito né interferente con l’anzianità quali le “competenze accessorie unificate”:
c.d. CAU) successiva a quella, rimasta isolata (Cass. 13496/2014) assunta a
fondamento decisorio dalla sentenza impugnata.
2. Con ¡I secondo, la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 6 e 10, primo comma d.lg. 368/2001, clausola 2
dell’Accordo Quadro su lavoro a tempo determinato, all. Direttiva CEE 99/70/CE
del 28 giugno 1999, non integrando il mancato riconoscimento al lavoratore del
diritto ad una voce retributiva accessoria (cd. terzo elemento salariale) un
trattamento discriminatorio tra lavoratori non percettori, in quanto assunti
con contratto di formazione e lavoro trasformato in contratto a tempo
indeterminato e lavoratori a tempo determinato percettori dell’emolumento,
anche per la non corretta assimilazione tout court del contratto di formazione
e lavoro a quello a tempo determinato, per l’eterogeneità delle due fattispecie
contrattuali accomunate soltanto dalla durata temporanea della prestazione.
3. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono fondati.
4. Preliminarmente, va rilevato che esula
dall’oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità del
contratto di formazione e lavoro, trasformato in rapporto a tempo indeterminato
alla sua scadenza; la causa petendi della rivendicazione economica non risiede
nell’assunto dell’esistenza di vizi del contratto di formazione lavoro, tali
giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato. Nella controversia non si fa, invero, questione di diritti
patrimoniali consequenziali all’accertamento della conversione del rapporto con
effetto ex tunc.
5. Questo Collegio ritiene di aderire
all’orientamento giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, espresso
con le sentenze nn. 34359/2019; 12335/2016; 22256/2015; 21329/2014; 19436/2014;
19435/2014; 18951/2014; 18950/2014; 18949/2014; 18948/2014; 18947/2014 emesse
nei confronti dell’ANM Azienda Napoletana mobilità (nello stesso senso, le
sentenze 34358/2019; 34357/2019 emesse nei confronti di altre aziende), aventi
tutte ad oggetto elementi della retribuzione degli autoferrotranvieri (le
competenze accessorie unificate, c.d. CAU e il c.d. nuovo terzo elemento
salariale), voci che la contrattazione collettiva ha soppresso (in parte,
riducendone il valore), preservando il valore preesistente in favore dei soli
dipendenti che già ne beneficiavano sino al momento della soppressione, per
evitare che i medesimi subissero una improvvisa decurtazione della
retribuzione.
6. Orbene, in questi i casi, sono stati esclusi –
dalla garanzia di mantenimento del livello retributivo goduto – coloro che,
alla data della stipula dei relativi accordi collettivi, erano in servizio con
contratto di formazione lavoro e che non avevano mai percepito quel
trattamento. E ciò, non perché dopo la trasformazione del contratto sia stata
disconosciuta l’anzianità di servizio maturata durante il periodo di
formazione, ma perché quegli elementi retributivi non avevano mai fatto parte
della retribuzione agli stessi erogata; per la qual cosa, nel momento in cui
sono stati totalmente (nel caso del c.d. terzo elemento) o parzialmente (nel
caso delle c.d. CAU) soppressi, non si profilava, nei confronti dei medesimi,
alcun diritto quesito né alcun livello retributivo da mantenere o da conservare.
7. Le considerazioni che precedono sono del tutto in
linea con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n.
20074/2010).
Ed infatti, essa ha espresso alcuni principi, da
mantenere fermi, secondo cui:
a) la previsione dell’art. 3 d.l. 726/1984, conv. in
I. 863/1984, per la quale, in caso di trasformazione del rapporto di formazione
e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a
tempo indeterminato con chiamata nominativa entro dodici mesi dalla cessazione
del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve
essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità sia
presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di
emolumenti che abbiano fondamento nella sola contrattazione collettiva, come
nel caso degli aumenti periodici di anzianità;
b) l’equiparazione tra periodo di formazione ed
anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo
carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì
disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla
sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre
un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che
abbiano avuto un pregresso periodo di formazione: sicché, con riguardo agli
istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco, ma non è
possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale
suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo
che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga.
8. Giova a questo punto ribadire l’appartenenza del
contratto di formazione lavoro (quale sua specie) al genere del contratto a
termine, pur nella sua eterogenea specificità di contratto a causa mista, per
la combinazione di formazione e lavoro (Cass. 4935/1995; Cass. 2822/1997).
Il fatto che, una volta trasformato in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, l’anzianità maturata nel periodo di formazione
sia utile anche ai fini economici, consentendo l’acquisizione di scatti di
anzianità od altri benefici connessi all’anzianità di servizio, siano essi di
origine legale o contrattuale, non comporta tuttavia che la natura del rapporto
divenga a tempo indeterminato fin dalla sua stipulazione. La trasformazione fa
sì che gli istituti legati all’anzianità retroagiscano alla stipula del
contratto di formazione, ma “per il resto, il lavoratore deve considerarsi
come neo-assunto”(Cass. n. 6018/2009; Cass. n. 25256/2015).
9. Questa Corte, inoltre, ha già affermato (sentenze
nn. 12321/2008 e 11206/2009) che l’autonomia contrattuale può escludere, per i
lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, specifici elementi
retributivi (a meno che non vi sia l’espletamento, con pienezza di funzioni ed
attribuzioni, delle mansioni proprie della qualifica di destinazione) e che
possa essere corrisposta una retribuzione inferiore rispetto a quella degli
altri dipendenti anche al fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto
(Cass. n. 4475/12; Cass. n. 19028/15; Cass. n. 13617/20).
10. Ribadito allora il principio per il quale, in
caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato,
ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata nominativa
entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il
periodo di formazione e lavoro debba essere computato nell’anzianità di
servizio, che in sé considerata costituisce la dimensione diacronica di un
fatto (qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore, riguardando
quindi la norma una situazione di fatto, ossia il periodo di formazione e
lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario), rilevante ai fini di vari
istituti di fonte legale o contrattuale (Cass. S.U. 20074/2010), deve parimenti
essere riaffermata la negazione del riconoscimento del “terzo elemento
salariale” a chi, al momento della sua soppressione (per effetto dell’art.
4 dell’accordo nazionale 25 luglio 1997), già non lo percepisse, come appunto i
lavoratori in formazione lavoro, con contratto poi trasformato.
E ciò per essere tale istituto non collegato, così
come le competenze accessorie unificate (cd. CAU), alla maturazione
dell’anzianità di servizio.
Esso è stato, infatti, istituito con l’accordo
nazionale 29 giugno 1988, al fine di finanziare i passaggi di uno o due livelli
nonché la nuova scala parametrale e costituito per aggregazione dell’indennità
giornaliera prevista dall’accordo nazionale 21 maggio 1981, come riparametrata
ad opera dell’accordo nazionale 17 giugno 1982 e di importi retributivi
reperiti dalle CAU e da altre indennità e compensi (art. 2). E l’accordo 21
maggio 1981 riconosceva appunto, a ciascun agente e con decorrenza 1 giugno
1981, un’indennità giornaliera di lire 570 per ogni effettiva giornata di
prestazione, senza entrare a far parte della retribuzione normale e pertanto
non utile agli effetti di alcun altro istituto o materia previsti dal contratto
nazionale o da accordo o da contratti aziendali e neanche quindi ai fini dei
trattamenti di buonuscita e di tredicesima e quattordicesima mensilità (art.
4).
Il terzo elemento è quindi divenuto “nuovo
terzo elemento”, per effetto del CCNL 2 ottobre 1989, che, dopo averlo
utilizzato per il conglobamento nelle nuove retribuzioni (art. 2), ha fatto
affluire i valori residui in un nuovo elemento retributivo denominato
“nuovo terzo elemento salariale”, parte integrante della retribuzione
normale prevista dall’art. 1 (Struttura della retribuzione) del CCNL 12 marzo
1980 (art. 3), in corrispondenza dell’importo al livello e alla qualifica di
ciascun lavoratore (come da tabelle allegate al CCNL 2 ottobre 1989, pgg. 147
ss.).
Infine, con l’art. 4 del CCNL del 25 luglio 1997, il
nuovo terzo elemento salariale è stato soppresso con decorrenza dalla sua data
di stipulazione; e dalla stessa data, i valori stabiliti dalla tabella
retributiva allegati numeri da 2/A a 2/E e da 3/A a 3/E sono confluiti, ferma
restando in via transitoria la disciplina di cui al punto 3 dell’accordo
nazionale 2 ottobre 1989, nei trattamenti sostitutivi di cui all’art. 4 bis del
CCNL 12 marzo 1980, così come integrato dal punto 4 dell’accordo nazionale 2
ottobre 1989, venendo mantenuti ai soli lavoratori già in forza a tempo
indeterminato alla medesima data di stipulazione del (presente) contratto.
Sicché, alla luce del quadro contrattuale collettivo
illustrato, appare chiaro che il “terzo elemento salariale”,
mantenuto nel settore terziario, alla stregua di quota fissa della retribuzione
concordata con le controparti locali, a livello di accordi territoriali
(provinciali o regionali), è (stato) elemento retributivo autonomo da ogni
computo nell’anzianità di servizio.
11. L’orientamento ora ribadito dal Collegio è
altresì conforme alla disciplina comunitaria dettata in materia di contratti a
tempo determinato, di cui, come detto, il contratto di formazione e lavoro
rappresenta una species, in quanto – come ben evidenziato da Cass. n. 18947/14
e qui confermato – la fattispecie in esame non riguarda un’indennità il cui
riconoscimento trovi titolo nell’anzianità di servizio e, inoltre, la clausola
2, punto 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il
18.3.1999 e inserito nell’ambito della direttiva 1999/70/Ce del Consiglio del
28.6.1999) conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità in ordine
all’applicazione dell’Accordo quadro ai “rapporti di formazione
professionale iniziale e di apprendistato” nonché ai “contratti e
rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione,
inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di
contributi pubblici” (sentenza Adeneler, p. 57; Sibilio, pp. 52 e 53;
Della Rocca, p. 35).
12. Infine, va rilevato che già Cass. rin. 18946 e
18947/2014 hanno espressamente rilevato che la presente statuizione non si pone
in contrasto con la pronuncia di illegittimità adottata da Cass. n. 13496/14
perché in quel caso i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro
percepivano – sin dall’assunzione – tale emolumento (e con l’Accordo del 1997
si erano visti sopprimere la voce retributiva), mentre nel caso di specie il
giudice di merito ha accertato che i lavoratori assunti con contratto di formazione
e lavoro non hanno mai percepito il c.d. nuovo terzo elemento salariale.
13. Alla stregua, pertanto, delle considerazioni che
precedono, deve affermarsi che non violano il D.L. n. 726 del 1984, art. 3,
comma 5, convertito in L. n. 863 del 1984 e neppure introducono un trattamento
discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel
contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione,
distinguono i lavoratori con contratto di formazione lavoro dal personale già
in servizio con rapporto a tempo indeterminato, equiparando i primi al
personale di nuova assunzione ai limitati fini dell’attribuzione di nuove voci
salariali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio.
14. In conclusione, il ricorso va accolto e la
sentenza cassata, con conseguente rigetto della domanda originaria proposta dal
lavoratore per l’accertamento del diritto alla riscossione della voce
retributiva denominata nuovo terzo elemento salariale. Le spese di lite
dell’intero processo sono interamente compensate fra le parti in considerazione
del diverso esito dei gradi di merito e della complessità della fattispecie da
raffrontare con l’evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e, decidendo
nel merito, rigetta la domanda dei lavoratori e dichiara le spese dell’intero
processo compensate tra le parti.