Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2021, n. 23823
Contratto di agenzia, Cessazione del rapporto, Indennità,
Spettanza, Circostanze attribuibili al preponente
Rilevato che
1. il giudice di primo grado, in parziale
accoglimento della domanda di R. Z., rigettate integralmente le domande
riconvenzionali di G. Holding s.r.l. (già G. Italia s.p.a.), ha condannato la
detta società al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 80.000 a
titolo di indennità ex art. 1751 cod. civ.;
2. la Corte di appello di Venezia, in parziale
accoglimento dell’appello principale di G. Holding s.p.a., respinto l’appello
incidentale dello Z., ha accertato il diritto di quest’ultimo al pagamento
della somma di € 1.531,25 a titolo di FIRR e il diritto della società al
pagamento della somma di € 19.549,38 a titolo di indennità sostitutiva del
preavviso, condannando lo Z. alla relativa differenza oltre accessori;
2.1. il giudice di appello, premesso che ai sensi
dell’attuale previsione dell’art. 1751, comma 2, cod. civ. in caso di recesso
dell’agente il diritto all’indennità di cessazione del rapporto permane solo se
il recesso è giustificato da circostanze attribuibili al preponente e premesso
che lo Z. aveva comunicato la risoluzione del rapporto, con effetto immediato,
per impossibilità sopravvenuta della prestazione determinata dal suo stato di
salute (depressione) che assumeva cagionato dalla modalità di imposizione delle
direttive e degli ordini di servizio formulatigli dalla preponente, ha ritenuto
tale ipotesi in concreto insussistente alla luce della consulenza tecnica di
ufficio di primo grado e privi di riscontro in causa i pretesi comportamenti
illegittimi posti in essere dalla società in danno dell’agente; l’imputabilità
al solo agente del recesso da rapporto escludeva pertanto il diritto dello
stesso oltre che all’indennità ex art. 1751 cod. civ., all’indennità suppletiva
di clientela, e all’indennità meritocratica ex AEC; in assenza di giusta causa
di recesso da parte del preponente questi era tenuto a corrispondere alla
società preponente l’indennità sostitutiva del preavviso esattamente quantificata
dalla società in € 19.549,38; non erano, infine, dovute le provvigioni
indirette reclamate dall’agente, quale capo zona, sulle vendite effettuate
dagli altri agenti essendo stata acquisita in giudizio la prova del mancato
svolgimento nel periodo dedotto dell’attività di coordinamento degli agenti in
questione; in relazione alle provvigioni indirette relative al mese di ottobre
dell’anno 2003, vi era difetto di compiuta allegazione in domanda; la domanda di risarcimento del danno
per lesione del diritto alla salute era infondata in assenza di prova di una
condotta scorretta da parte della società;
3. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso R. Z. sulla base di quindici motivi; la parte intimata ha resistito con
tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo ;
4. parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi
dell’art. 380 bis.1. cod. proc. civ. corredata di nota spese;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso principale parte
ricorrente, premesso che quale capo zona aveva diritto alle provvigioni
indirette sulle vendite effettuate dagli agenti della zona assegnata e dallo
stesso coordinata, deduce violazione dell’art. 2697 cod. civ. nonché dell’art.
210 cod. proc. civ., censurando la decisione impugnata per avere ritenuto onere
dello Z. fornire direttamente la documentazione attestante le vendite
effettuate dagli agenti da lui coordinati quale capozona, sulle quali reclamava
il diritto alle provvigioni indirette e per non avere disposto, come invece
richiesto, l’ordine di esibizione, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. a
carico degli agenti e della società, della documentazione contabile e di
integrazione della relazione peritale di primo grado. Assume che tanto si
poneva in contrasto con l’esercizio del diritto di difesa tutelato dall’art. 24
Cost e con il principio della riferibilità o vicinanza della prova valorizzati
dalla giurisprudenza di legittimità.;
2. con il secondo motivo di ricorso, deducendo
violazione e falsa applicazione dell’art. 1749 cod. civ., censura il rigetto
della domanda relativa alle provvigioni indirette pretese in relazione
all’ottobre 2003; il giudice di appello, nel rilevare la carenza di allegazione
nella originaria domanda degli ordini ai quali si riferiva tale pretesa non aveva
considerato gli oneri di informazione e consegna a carico della preponente
prefigurati dalla disposizione richiamata;
3. con il terzo motivo di ricorso, deducendo
violazione dell’art. 1741 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere
escluso il diritto dello Z. alle provvigioni indirette per mancato
coordinamento degli agenti nel periodo dedotto; assume che alla luce delle
lettere di incarico dello Z. quale capo zona, relative agli anni 2001/2004, il
diritto alle reclamate provvigioni non era subordinato all’effettivo costante
affiancamento fisico agli agenti da parte del capo zona;
4. con il quarto motivo di ricorso, deducendo
l’inidoneità ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. dei mezzi di prova sulla
base dei quali il giudice di appello aveva ritenuto non provato il
coordinamento degli agenti da parte dello Z., denunzia malgoverno della prova
orale e documentale;
5. con il quinto motivo di ricorso, denunziando
omessa valutazione della prova documentale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., censura la sentenza
impugnata per non avere conferito alcun rilievo alla lettera di conferimento
dell’incarico di capo zona, la quale non contemplava la necessità di costante
affiancamento fisico degli agenti ai fini del riconoscimento delle provvigioni
indirette, e alla lettera datata 24.5.2004 nella quale lo Z. aveva precisato
quali agenti e quali capi vendita aveva affiancato nel maggio del 2004 ;
6. con il sesto motivo di ricorso, deducendo
violazione dell’art. 2729 cod. civ., censura il mancato riconoscimento della
giusta causa del recesso alla luce delle richiamate condotte della preponente;
7. con il settimo di ricorso, deducendo violazione
dell’art. 12 AEC Piccola- Media Industria, censura la sentenza impugnata per
avere omesso di rilevare che alla luce della richiamata disposizione collettiva
la revoca dall’incarico di capo area da parte della società si poneva in
contrasto con il criterio di correttezza e buona fede;
8. con l’ottavo motivo di ricorso, deduce omesso
esame di un fatto storico di rilevanza decisiva rappresentato dall’essere la
revoca dell’incarico di capo zona intervenuta in occasione del secondo ricovero
dell’agente in una struttura sanitaria, dopo ben ventuno anni di
collaborazione; richiamati i motivi di impugnazione formulati in relazione al
mancato riconoscimento del diritto alle provvigioni indirette, sostiene la
pretestuosità di tale revoca in quanto legata al mancato raggiungimento di
obiettivi di budget mai forniti dalla società la quale non aveva in alcun modo
provato in giudizio la circostanza;
9. con il nono motivo richiama quanto osservato nei
motivi concernenti il mancato riconoscimento delle provvigioni indirette;
10. con il decimo motivo, deducendo ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod.
civ. e, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., violazione
degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., censura la decisione di appello in
quanto, in violazione dei principi sostanziali e processuali, aveva ritenuto sussistente
il mancato raggiungimento degli obiettivi sulla base della mera deduzione di
controparte;
11. con l’undicesimo motivo deduce illogicità della
motivazione in relazione agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio medico
legale che ove correttamente interpretata avrebbe permesso al giudice di
appello di rilevare che lo stato di malattia dello Z. era tale da giustificare
il suo recesso dal rapporto di agenzia;
12. con il dodicesimo motivo deduce violazione
dell’art. 1751 cod. civ. e dell’art. 10 AEC censurando la sentenza impugnata
per avere ritenuto il diritto dell’agente all’ indennità contemplata dalle
richiamate disposizioni solo per l’ipotesi di malattia determinata
dall’illegittimo comportamento della preponente laddove la rado della disposizione
era quella di tutelare l’agente anche in caso di malattia sorta per cause
esterne al rapporto di lavoro;
13. con il tredicesimo motivo di ricorso si duole
della omessa valutazione della prova documentale offerta in relazione allo
stato di malattia alla base del recesso dal rapporto;
14. con il quattordicesimo motivo di ricorso
denunzia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti
rappresentato dalla revoca da parte della società G. dall’incarico di capo zona
intervenuta subito dopo il secondo ricovero in ospedale; la vicinanza della
revoca dell’incarico di capo zona agli episodi morbosi dello Z. deponeva nel
senso che la G. riconosceva la gravità dello stato morboso dello Z. cercando di
perseguire i propri interessi economici a discapito di controparte;
15. con il quindicesimo motivo di ricorso parte
ricorrente, deduce che ove la Corte di merito avesse inteso escludere il
diritto all’indennità ex art. 1751 cod. civ. ed ex Accordo economico per
difetto dei relativi presupposti rappresentati dal permanere di sostanziali
vantaggi in favore della preponente derivanti dall’attività espletata
dall’agente tali condizioni dovevano ritenersi sussistenti alla stregua della
richiamata produzione documentale e della stessa condotta processuale di
controparte; in questa prospettiva denunzia violazione degli artt. 1749, 1751,
2697 cod. civ. e 210 cod. proc. civ. ed assume che, comunque, sussisteva il
diritto all’indennità suppletiva di clientela ex AEC;
16. con l’unico motivo di ricorso incidentale G.
Holding s.r.l. deduce la omessa pronunzia da parte del giudice di merito sulla
domanda di restituzione delle somme corrisposte dalla società in esecuzione
della sentenza di primo grado;
17. il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il
quinto motivo di ricorso principale, trattati congiuntamente per connessione in
quanto tutti incentrati sul mancato riconoscimento delle provvigioni indirette
sulle vendite degli agenti coordinati, rivendicate dallo Z. quale capozona, in
relazione al mese di ottobre 2003 ed in relazione al periodo da aprile -giugno
2004 , sono infondati;
17.1. il rigetto della relativa domanda da parte del
giudice di appello è stato motivato con la considerazione che nei periodi
dedotti lo Z. non aveva svolto alcuna attività di coordinamento degli agenti,
come tempestivamente contestato dalla società con lettera del maggio 2004; con
riferimento alle provvigioni rivendicate in relazione al mese di ottobre 2003
la Corte ha dichiarato, inoltre, di condividere l’assunto della società secondo
la quale se lo Z. avesse lavorato in affiancamento all’agente in questione
avrebbe già nel ricorso introduttivo allegato gli ordini ai quali si riferiva
la domanda ed in mancanza di tale allegazione non poteva ritenersi lo svolgimento dell’attività che giustificava la
pretesa a tali provvigioni;
17.2. le ragioni alla base della statuizione di
rigetto della domanda avente ad oggetto le provvigioni indirette in relazione
ai periodi dedotti non sono incrinate dalle censure articolate dal ricorrente;
17.3. in particolare, la censura che investe la
mancata considerazione del contenuto della lettera di incarico è inammissibile
sia perché parte ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1,
n. 6 cod. proc. civ., non trascrive il contenuto del documento, sia perché la
Corte di merito, nel porre a base del decisum il mancato coordinamento degli
agenti da parte del capozona ha fatto riferimento ad una nozione – quella di
coordinamento concettualmente diversa da quella di affiancamento fisico costante
degli agenti, sulla quale si sono appuntate le critiche del ricorrente, sia,
infine, perché la questione, più generale, relativa ai presupposti per il
maturarsi del diritto alle provvigioni indirette sulle vendite degli agenti
coordinati alla luce della lettera di incarico non è stata espressamente
affrontata dalla Corte di merito la quale ha mostrato di dare per scontato che
il diritto alle provvigioni indirette da parte del capozona fosse connesso
all’effettiva attività di coordinamento degli agenti da parte dello Z.;
costituiva pertanto, onere dell’odierno ricorrente, onere in concreto non
assolto, dimostrare l’avvenuta rituale tempestiva deduzione, nel giudizio di
merito, della questione relativa alla corretta identificazione dei presupposti
del diritto alle provvigioni indirette e denunziare in relazione alla stessa la
omessa pronunzia del giudice di appello; ciò in quanto i motivi di ricorso per
cassazione devono investire questioni già comprese nel “thema
decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede
di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi,
non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (v., tra le altre,
Cass. n.20694/2018, n. 1435/2013, n. 20518/2008, n. 22540/2006);
17.4. l’esclusione dello svolgimento dell’attività
di coordinamento da parte del capo zona, alla base del rigetto della domanda
relativa alle provvigioni indirette maturate in relazione ad entrambi i periodi
(sentenza, pag. 15, secondo capoverso), costituisce accertamento di fatto del
giudice di merito, che poteva essere incrinato, ai sensi del novellato art.
360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., solo dalla deduzione di omesso esame di un
fatto storico decisivo, oggetto di discussione fra le parti, neppure formalmente
denunziato dall’odierno ricorrente; in ogni caso, l’accertamento del giudice di
appello circa il mancato espletamento dell’attività di coordinamento non è
suscettibile di essere incrinato dalla lettera proveniente dallo Z. in ordine
alle attività asseritamente svolte dallo stesso quale capo zona, in quanto tale
lettera non è evocata nel rispetto degli oneri di trascrizioni imposti
dall’art. art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. ed è comunque priva di
decisività trattandosi di atto proveniente dalla parte medesima;
17.5. il quarto motivo di ricorso è inammissibile in
quanto una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod.
proc. civ. (come dell’art. 115 cod. proc. civ.) non può porsi per una erronea
valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma,
rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base
della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di
fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente
apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena
prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti
invece a valutazione (Cass., n. 1229/2019, n. 2700/2016), laddove le censure articolate
da parte ricorrente risultano in concreto intese a sollecitare, al di fuori dei
rigorosi limiti dell’attuale configurazione del vizio di motivazione, un
sindacato sulla concludenza e significatività probatoria degli elementi in
atti, attività riservata al giudice di merito, preclusa al giudice di
legittimità (Cass. n. 24679/2013, n. 2197/2011, n. 20455/2006, n. 7846/2006, n.
2357/2004);
17.6. il rilievo dell’assenza di coordinamento,
configurante nell’economia della motivazione la ragione fondante del rigetto
della domanda di riconoscimento del diritto alle provvigioni indirette, assorbe
le censure intese a denunziare il mancato accoglimento dell’ordine di
esibizione relativo alla documentazione contabile nonché la censura articolata
con il secondo motivo con la quale si adduce, in sintesi, che il giudice di
merito, nel rilevare la carenza di allegazioni in domanda riferite alla domanda
di provvigioni indirette maturate nell’ottobre 2003, non avrebbe considerato
che tanto era derivato dalla violazione di specifichi obblighi di informazione
da parte della preponente; nel contesto argomentativo della sentenza impugnata,
infatti, il riferimento alla mancata specifica allegazione degli ordini
riferiti a tale periodo si configura quale motivazione aggiuntiva destinata a
suffragare, attraverso il riferimento alla condotta processuale del ricorrente,
l’assunto della non spettanza delle provvigioni indirette dell’ottobre 2003; in
ogni caso, la questione della inosservanza degli obblighi di comunicazione ed informazione
non è stata affrontata dalla Corte di appello per cui occorreva dimostrarne la
avvenuta rituale deduzione nelle fasi di merito secondo quanto già osservato al
paragrafo 17.3. al quale si rinvia;
18. il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo
motivo del ricorso principale, esaminati congiuntamente in quanto incentrati
sulla critica, sotto vari profili, della sentenza impugnata per avere negato la
giusta causa di recesso dell’agente sono da respingere;
18.1. la sentenza impugnata, premesso il dato,
pacifico, che il rapporto si era interrotto per iniziativa dell’agente che
aveva esercitato il recesso con effetto immediato, ha ritenuto sulla base della
consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado che fosse da escludere che al momento del recesso lo Z. si
trovasse, per malattia, in una situazione per la quale non poteva essergli
ragionevolmente richiesta la prosecuzione dell’attività, come previsto
dall’art. 1751 cod. civ. al fine del riconoscimento del diritto all’indennità
di cessazione del rapporto in favore dell’agente; ha inoltre osservato che
anche qualora dovesse ritenersi che con le deduzioni svolte nel ricorso
introduttivo lo Z. aveva inteso imputare il recesso all’inadempimento della
preponente, tale prospettazione non aveva trovato riscontro in atti in quanto
le condotte della società quali la contestazione del mancato coordinamento
degli agenti e la revoca dell’incarico di capo zona non si configuravano come
contrarie a correttezza e buona fede; ciò in quanto la scarsa attività di
coordinamento degli agenti aveva trovato positivo riscontro nella prova orale
non idoneamente contraddetta sul punto dalla documentazione prodotta
dall’agente; analogamente, la revoca dall’incarico di capo zona del 27.5.2004
era giustificata dallo scarso impegno profuso dallo Z. nell’attività demandata
e dal mancato raggiungimento del budget fissato dallo stesso agente per l’anno
2003 e per il primo trimestre dell’anno 2004, budget che il ricorrente non
aveva neppure allegato di avere raggiunto; la condotta della società era quindi
conforme alla previsione della lettera di incarico che espressamente
contemplava il mancato raggiungimento degli obiettivi di budget quale causa di
revoca;
18.2. le ragioni che giustificano il rigetto
dell’accertamento della giusta causa di recesso non sono incrinate dalle
censure articolate con i motivi in esame;
18.3. in particolare, la denunzia di violazione
dell’art. 2729 cod. civ. non è articolata in conformità all’insegnamento di
questa Corte secondo il quale qualora il giudice di merito sussuma erroneamente
sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e
concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti,
il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e
non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di
cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la
norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione
astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie
concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta
(Cass. n. 19485/2017, n. 17535/2008); è, invece, incensurabile in sede di
legittimità l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla valutazione
dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per
valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato
del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della
relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360, primo comma, n. 5
c.p.c. (Cass. n. 1234/2019 . 15219/2007, n. 5332/2007, n. 1216/2006);
18.4. la denunzia di vizio di motivazione in ordine
all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare
un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare
emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio,
restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento
indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (
Cass. n. 5279/2020, n. 15737/2003); le censure di parte ricorrente non sono
riconducibili ad alcuna delle ipotesi
indicate in quanto senza evidenziare alcuna illogicità/incongruità del
ragionamento presuntivo del giudice di appello, si limitano a prospettare una
diversa possibile ricostruzione fattuale della vicenda;
18.5. la questione della violazione dell’art. 12
AEC, dedotta con il dodicesimo motivo, implicante accertamento di fatto, non è
stata specificamente affrontata dalla Corte di merito per cui parte ricorrente
doveva in termini autosufficienti, non emergenti dal ricorso, dimostrarne la
avvenuta rituale deduzione nelle fasi di merito e denunziare rispetto ad essa
la omessa pronunzia, secondo quanto già specificato al paragrafo 17.3 al quale
si rinvia; in ogni caso, dalla trascrizione della disposizione collettiva
emerge che la sospensione del rapporto era condizionata alla richiesta
dell’agente o della preponente, circostanze che il ricorrente non adduce
neppure essere stato oggetto di rituale allegazione;
18.6. infine, la circostanza che si assume
trascurata dalla Corte di merito, rappresentata dal fatto che dopo ventuno anni
di collaborazione, la revoca dell’incarico di capozona era stata effettuata
nell’immediatezza del secondo ricovero dell’agente, a prescindere dalla
modalità non autosufficiente con la quale è stata evocata, è priva decisività
nel senso che è intrinsecamente inidonea a conferire con carattere di certezza
e non di mera probabilità valenza di condotta contraria a correttezza e buona
fede al comportamento della società, tanto più a fronte del positivo riscontro
da parte della Corte di merito della fondatezza delle ragioni della revoca;
18.7. la censura avente ad oggetto l’accertamento
del mancato raggiungimento dell’obiettivo di budget da parte dell’agente non si
confronta con la ricostruzione della sentenza impugnata la quale ha accertato
che dalla documentazione in atti emergeva che le previsioni di vendita della
zona erano effettuate dallo stesso Z. e che questi non aveva neppure allegato
il relativo raggiungimento;
19. l’undicesimo, il dodicesimo, il tredicesimo, il
quattordicesimo motivo del ricorso principale, esaminati congiuntamente per
connessione in quanto tutti intesi alla critica, sotto vari profili, della
decisione impugnata per avere escluso che il recesso fosse giustificato da
malattia dell’agente (con diritto all’indennità di cessazione del rapporto ex
art. 1751 cod. civ.) sono infondati;
19.1. le conclusioni attinte dal giudice di appello,
il quale sulla scorta della consulenza tecnica d’ufficio, ha escluso che lo Z.,
al momento del recesso, versasse in una situazione di malattia per la quale non
poteva essergli ragionevolmente richiesta la prosecuzione dell’attività, come
richiesto dall’art. 1751 al fine del riconoscimento del diritto dell’agente
all’indennità di cessazione del rapporto di agenzia, non sono inficiate dalle
censure articolate; in particolare, i brani della relazione peritale di primo
grado trascritti nel ricorso (ed astrattamente destinati ad inficiare la
decisione sotto il profilo della illogicità di motivazione) non contrastano con
le conclusioni tratte dal giudice di merito, posto che pur dando contezza della
presenza di una reazione depressiva dello Z., con sintomi più evidenti
nell’anno 2004, allorquando si era concretizzata la conflittualità con la
società, non consentono di ritenere per questo integrato il presupposto di cui
all’art. 1751, comma 2, cod. civ. per il conseguimento della indennità di
cessazione del rapporto, rappresentato. Come detto, da una situazione di
malattia per la quale non può più essere chiesta all’agente la prosecuzione
dell’attività;
19.2. le censure articolate con il dodicesimo motivo
(paragrafo 3.2. nella narrazione del ricorso) sono inammissibili in quanto
prive di pertinenza con le ragioni della decisione la quale non ha escluso tout
court, come sembra opinare il ricorrente, rilievo alla malattia scaturita da
cause extralavorative al fine di ritenere giustificato il recesso dell’agente,
ma ha escluso in concreto che ricorresse un’ipotesi di malattia che rendeva
ragionevolmente inesigibile la prestazione ed osservato che la imputabilità
all’agente del recesso escludeva il diritto all’indennità meritocratica ed
all’indennità suppletiva di clientela previste dall’AEC.;
19.3. le deduzioni relativa alla errata valutazione
della prova documentale sono inammissibili perché intese a sollecitare un
sindacato di merito estraneo alla funzione di legittimità come chiarito al
precedente paragrafo 17.5.;
20. le censure formulate con il quindicesimo motivo
di ricorso aventi ad oggetto il mancato riconoscimento della sussistenza dei
presupposti per l’indennità ex art. 1751 cod. civ. o ex art. 11, capo 2 lett.
B) Accordo economico, sono inammissibili in quanto privi di pertinenza con le
ragioni del rigetto della domanda relativa alla indennità contemplate dall’art.
1751 che vanno ascritte alla esclusiva imputabilità del recesso all’agente, ai
sensi dell’art. 1751, comma 2, e non al difetto dei presupposti di cui al comma
1 dell’art. 1751 cod. civ.; analogamente, la deduzione relativa al diritto alla
indennità suppletiva di clientela ex art. 10, II, AEC non si confronta con le
ragioni della decisione sul punto riconducibili al fatto che il recesso era da
ritenersi imputabile all’agente;
21. il ricorso incidentale è in primo luogo
ammissibile in quanto a tal fine non si richiede, come viceversa sembra
prospettare parte ricorrente principale
nella memoria, anche la esplicita menzione della ravvisabilità della
fattispecie di cui al n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., con riguardo
all’art. 112 c.p.c., purché il motivo- come nel caso di specie – rechi univoco
riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione
(Cass. n. 10862/2018); esso è altresì fondato in quanto la Corte di merito ha
omesso di pronunziare sulla domanda di condanna dello Z. alla restituzione
delle somme percepite in esecuzione della sentenza di primo grado ( v. ricorso
incidentale, pag. 11);
22. alle considerazioni che precedono consegue il
rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale; la
sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche
ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di
appello di Venezia, in diversa composizione;
23. sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. 20/09/2019 n.
23535)
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso
incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a
norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.