Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2021, n. 24448
Tributi, IRPEF, Trattamento di previdenza integrativa
aziendale, Tassazione, Aliquota per i redditi di capitale, Quota ascrivibile
al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale
accantonato
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale del Piemonte – a
seguito di rinvio disposto con sentenza di questa Corte n. 7851/2016, che a sua
volta richiamava il principio di diritto enunciato da Cass., Sez. U., n. 13642
del 2011 – con decisione in data 2 luglio 2018 – ha accolto il ricorso in
riassunzione proposto da G.G., ex dirigente ENEL, dichiarando dovuto il
rimborso delle maggiori ritenute IRPEF operate sul relativo trattamento di
previdenza integrativa aziendale (Fondo PIA, divenuto poi FONDENEL) con
l’aliquota prevista per l’indennità di fine rapporto, in luogo dell’aliquota
del 12,50% prevista per i redditi di capitale.
Avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle
entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato tre motivi.
Resiste con controricorso il contribuente.
Con ordinanza n. 6634/2021 veniva disposta la
notifica al contribuente dell’avviso dell’adunanza.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380
bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio
camerale. Il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
nullità della sentenza per violazione degli artt. 1., comma 2, d.lgs. n.
546/1992 e 384 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod.
proc. civ., per non essersi la CTR conformata al principio di diritto enunciato
da Cass. n. 7851/2016, affermando la sussistenza del diritto al rimborso del
contribuente omettendo la doverosa attività di verifica demandata circa
l’effettivo impiego dei capitali sul mercato.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto
decisivo e discusso tra le parti concernente la mancata indicazione, sia nella
perizia a firma del dott. P. che nelle certificazioni provenienti dall’ENEL,
della quota ascrivibile al rendimento netto imputabile alla gestione sul
mercato da parte del fondo del capitale accumulato.
Con il terzo motivo si denuncia la nullità della
sentenza per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art.
360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente affermato che
«l’Ufficio non esprime specifiche censure al contenuto delle certificazioni
ENEL o alla metodologia seguita dal dott. P., limitandosi a indicare il modello
utilizzato da Intesa Sanpaolo, salvo precisare che questo riveste comunque
valenza esemplificativa».
I tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto
strettamente connessi, sono fondati.
Secondo l’orientamento espresso da questa Corte
(decisamente prevalente rispetto a talune decisioni di segno diverso), «le
prestazioni erogate in forma capitale a soggetto iscritto, da epoca antecedente
all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, a fondo di previdenza
complementare aziendale (quale Fondenel, in precedenza Pia) sono assoggettate a
duplice trattamento tributario: a) agli importi maturati a decorrere 10 gennaio
2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui all’art.
16, comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R.; b) agli importi maturati fino al 31
dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata
di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R., per quanto riguarda
la sorte capitale corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla
cessazione del rapporto di lavoro; mentre, alle somme rivenienti dalla
liquidazione del cd. rendimento — per tale esplicitamente intendendosi il
rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato
— si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.
Secondo il vincolante principio di diritto imposto dalla decisione di rinvio,
per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l’applicazione
dell’aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque,
riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale
accantonato» (cfr., ex multis, Cass. n. 26318 del 2017; in senso conforme,
Cass. nn. 24525, 24526, 24528, 15835, 15038, 14394, 13278, 11831, 11837, 11625,
10285, 720, 583, 588 del 2017; Cass. n. 5023 del 2018).
In particolare, si è chiarito che il principio di
diritto affermato da Cass., Sez. Un, n. 13642 del 2011 implica la necessità di
una ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato – non necessariamente
finanziario, come precsato da Cass. n. 4943 del 2018 -, con apposita verifica
se vi sia stato «l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale
accantonato» e quale sia stato «il rendimento di gestione conseguito in
relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo
rendimento l’affermata tassazione al 12,50%»; di conseguenza, gravando sul
contribuente che impugni il rigetto di una istanza di rimborso — quale attore in
senso sostanziale — l’onere di provare il fondamento della sua pretesa, questi
è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a
rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, non senza che
detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero
rinvio «al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, non
contenente alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione
della voce rendimento, così da chiarire se si trattasse effettivamente di
incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza
di investimenti effettuati dal gestore sul mercato» (ex aliis, Cass. n. 31222
del 2017).
Va, poi, ribadito che è da escludere che il
requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del
capitale accantonato possa considerarsi
soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività
ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’ENEL (rapporto tra il margine
operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento
ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’ENEL)
costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che
il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli
accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perché abbia a configurarsi
il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso
dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. n.
4943 del 2018, cit.).
Il Collegio, in definitiva, intende dare seguito
all’orientamento in base al quale il più favorevole criterio impositivo di cui
si detto può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo
investimento sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato e che ne
costituiscono il rendimento. E la prova di ciò deve essere fornita dal
contribuente, attore sostanziale del preteso rimborso IRPEF, anche in sede di
giudizio di rinvio (cfr. Cass. n. 19424 del 2015, Cass. n. 26108 del 2018).
Con la sentenza n. 7851/2016 questa Corte ha
rinviato la causa alla CTR «perché accerti, previa disamina dei meccanismi di
funzionamento del fondo P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni ed in coerente
applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego
sul mercato delle somme imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore, così
verificando se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i
capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti,
quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata
determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni
individuali. Sulla scorta di tale indagine, il giudice del rinvio quantificherà
la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda
al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale
accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e,
quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente,
l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale
parte l’aliquota del 12,5%».
La CTR non ha svolto l’accertamento nei termini
indicati da Cass. n. 7851/2016, riconoscendo valore probatorio dirimente alla
documentazione (perizia del dott. P. e certificazioni ENEL) prodotta dal
contribuente senza valutare le deduzioni dell’Agenzia delle entrate in merito
alla mancanza di indicazione della quota ascrivibile al rendimento netto
derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato ed omettendo di
considerare che il «modello utilizzato da Intesa Sanpaolo» costituiva una
ulteriore specificazione delle contestazioni formulate dall’Ufficio, riportate
in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza.
Alla stregua delle considerazioni svolte, la
sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla Commissione tributaria
regionale del Piemonte, in diversa composizione, la quale provvederà anche in
ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di
legittimità.