Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2021, n. 24479

Inpgi, Omessa contribuzione, Benefits aziendali concessi
gratuitamente ai dipendenti, Violazione del minimale contributivo, Verbale
ispettivo

 

Considerato in fatto

 

1. La Corte d’appello di Roma , in parziale riforma
della sentenza del Tribunale, ha dichiarato non dovute le somme richieste
dall’Inpgi a titolo di contributi omessi e somme aggiuntive di cui alla lett A)
del verbale ispettivo del 2007 relative a benefits aziendali ed ha confermato
per il resto la sentenza impugnata.

a) In particolare la Corte ha rilevato, in
difformità dal Tribunale, con riferimento all’omessa contribuzione per il
periodo maggio 2002/settembre 2007 in ordine a benefits aziendali concessi
gratuitamente ai propri dipendenti, consistenti in un credito annuo massimo di
€ 1.549,00, pro capite, da utilizzarsi per l’acquisto di beni e servizi
ricevuti da altre aziende in conto “cambio di merce”, che costituiva
in realtà un premio di produzione non pagato in denaro, come tale
assoggettabile alle agevolazioni contributive di cui al d.l. 67/1997, previsto
da un accordo aziendale del 2002, istitutivo di un premio di risultato in
favore dei dipendenti fondato sul raggiungimento di positivi aumenti di
produttività correlati alle vendite e/ o pagine prodotte, e che nella specie
non era stato contestato che, nel periodo in esame (2002/2005), si erano
effettivamente verificati degli incrementi produttivi idonei a giustificare la
corresponsione del premio in questione ,e l’assenza di una delibera circa le
effettive modalità di distribuzione del premio non snaturava l’origine
dell’attribuzione riconducibile all’accordo aziendale del 2002 , neppure
circoscritto in esclusiva all’anno di riferimento.

b) In relazione all’ omessa contribuzione per il
periodo giugno 2002-settembre 2007 relativamente a somme erogate mensilmente a
favore dei dipendenti giornalisti, qualificate formalmente come indennità
chilometriche o di trasferta, ritenute dagli ispettori emolumenti retributivi, secondo
la Corte era dimostrato in giudizio (v. doc. n. 6 Milano Finanza) che si
trattava di rimborsi chilometrici a piè di lista per trasferte fuori dal
territorio comunale.

c) Circa l’omessa contribuzione per il periodo
febbraio 2003 – novembre 2006 in relazione alla posizione del giornalista
E.R.M., direttore presso la redazione di Milano e residente a Roma, per la
messa a disposizione allo stesso di un alloggio presso un residence cittadino
il cui canone di locazione era a carico della società, secondo la Corte non si
trattava di trattamento economico aggiuntivo ma di trattamento che mera
esclusivamente finalizzato a tenere indenne il dipendente dalla diminuzione
patrimoniale conseguente all’incarico svolto presso la sede di Milano, per
alcuni giorni a settimana, dovendosi escludere che l’incarico svolto dal M. a
Milano costituisse trasferimento.

d) In ordine all’omessa contribuzione per le
posizioni di N.C. (periodo maggio 2005 – luglio 2006) e R.T. (periodo agosto
2005 – luglio 2006) secondo la Corte doveva escludersi la subordinazione sulla
base delle risultanze testimoniali e documentali dalle quali era emersa la
dimostrazione dello svolgimento di un effettivo stage.

e) Circa l’omessa contribuzione per il mese di
dicembre 2002 sui contratti di collaborazione fissa ex art.2 CNLG, aventi
termine il 28.02.2003, secondo la Corte era corretta la decisione del Tribunale
che aveva respinto l’opposizione relativa alla violazione del minimale
contributivo per il mese di dicembre 2002 ed ugualmente condivisibile era la
motivazione del Tribunale con riferimento all’accoglimento dell’opposizione
relativa ad 8 praticanti per indeterminatezza della pretesa contributiva avendo
l’Inpgi, solo con l’atto di appello, precisato i nominativi dei praticanti e
gli elementi dai quali verificare le modalità di determinazione della pretesa
,circostanze allegate e dimostrate tardivamente -e come tali inammissibili- che
non consentivano di ritenere dimostrato l’assunto contenuto nel verbale
ispettivo posto a fondamento della pretesa contributiva, correttamente
qualificata dal Tribunale come generica ed incomprensibile.

Infine, la Corte ha precisato che la quantificazione
delle somme dovute dalla società Milano Finanza era stata esattamente
effettuata nei limiti della prescrizione quinquennale con applicazione del
regime sanzionatorio previsto per legge.

2. Avverso la sentenza ricorre l’INPGI con 5 motivi.
Resiste la soc Milano Finanza. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex
art 378 cpc.

 

Ritenuto in diritto

 

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione degli artt. 2697, 2700 cc art. 1 dlgs 314/1997, art. 2 DL 67/1997,
conv in L. 135/1997 in ordine alla omessa contribuzione per il periodo maggio
2002/settembre 2007 relativamente ai benefits aziendali ,consistenti in un
credito annuo di Euro 1549,00 pro capite da utilizzarsi per l’acquisto di beni
e servizi ricevuti da aziende in cambio di merci ed in mancanza di valido
accordo aziendale che consentisse la conversione da  premio di produzione a buono per acquisto
merci. Violazione dell’ad 1362 e seg cc in relazione all’accordo aziendale del
2002, la cui validità era espressamente limitata ad un anno, ritenuta dalla
Corte applicabile anche agli anni successivi. Violazione dell’art. 132 cpc
nullità della sentenza per motivazione apparente sul punto dell’applicabilità
dell’accordo aziendale anche agli anni successivi al 2002,nonostante la
previsione che il premio, pari ad un massimo del 3% , sarebbe stato fissato di
volta in volta in un incontro tra le organizzazioni sindacali e la direzione
aziendale . Omesso esame di fatto decisivo per non aver considerato il
superamento del 3% in considerazione del rilievo che il premio, non utilizzato
nell’anno in corso, potesse essere riversato nell’anno successivo .

Contesta che l’erogazione fosse correlata ad
incrementi di produttività ed ha sottolineato che l’onere della prova gravava
sulla società considerato che tutte le somme corrisposte ai lavoratori erano
assoggettate all’obbligo contributivo e che l’esenzione doveva essere provata
da colui che la eccepisce.

4. Il motivo è infondato.

Preliminarmente deve rilevarsi che risulta
inappropriato il richiamo all’art. 2697 c.c. atteso che la violazione di detta
norma è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.,
soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad
una parte diversa da quella che ne fosse onerata, secondo le regole di
scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi
ed eccezioni, e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il
giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013;
Cass. n. 13395 del 2018).

Nella specie ciò di cui si duole il ricorrente è la
natura riconosciuta dalla Corte all’importo in esame quale premio di risultato
sulla base di un’erronea interpretazione dell’accordo aziendale del 2002
.L’Istituto si limita a proporre solo una diversa interpretazione ad esso
favorevole ,senza evidenziare specifiche violazioni dei canoni interpretativi .

La Corte, a riguardo, ha dato, infatti, una congrua
risposta ad ognuno dei rilievi sollevati dall’INPGI affermando che l’accordo
aziendale del 2002 consentiva di ritenere la corresponsione dell’importo in
esame un premio di produzione da quantificarsi nell’importo massimo di euro
1.549,00, non pagato in denaro, come tale assoggettabile alle agevolazioni
contributive di cui al d.l. 67/1997.

Ha rilevato, altresì, che detto importo era fondato
sul raggiungimento di positivi aumenti di produttività correlati alle vendite
e/o pagine prodotte; che nella specie non era stato contestato che nel periodo
in esame (2002/2005) si erano effettivamente verificati degli incrementi
produttivi idonei a giustificare la corresponsione del premio in questione; che
l’assenza di una delibera della società circa le effettive modalità di
distribuzione del premio con il sistema del cambio merce non snaturava
l’origine dell’attribuzione riconducibile all’accordo aziendale del 2002 e,
infine, che detto accordo non era circoscritto in via esclusiva all’anno di
riferimento.

Quanto al denunciato vizio di motivazione va
rilevato che com’è noto, a seguito della modifica legislativa che ha reso
deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato
oggetto di discussione tra le parti, il controllo della motivazione è stato
confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. il
quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del
requisito di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c., configurabile solo nel caso di
mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, di
“motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”,
esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della
motivazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 8053/14 cit.). Di talché, anche per questo
verso, le censure mosse dal ricorrente si palesano inaccoglibili, atteso che la
Corte territoriale ha spiegato, in maniera esaustiva e niente affatto
perplessa, le ragioni della decisione che deponevano nel senso della
sussistenza di un premio di risultato .

5. Con il secondo motivo l’INPGI denuncia violazione
degli artt 2697 e 2700 cc, dell’art. 51, comma 5, TUIR, dell’art 3, comma1,
dlgs 314/1997 circa l’omessa contribuzione per il periodo maggio 2002/settembre
2007 relativo a somme erogate mensilmente come indennità chilometriche e di
trasferta, ritenute dagli ispettori come retribuzione. Violazione dell’art. 132
n 4 cpc (360 n 4 cpc) stante la mancanza di concise ragioni in fatto e diritto,
l’ inesistenza di documentazione che attestasse il pagamento dell’indennità di
trasferta nei periodi considerati; omesso esame di fatto decisivo oggetto di
discussione.

6. Anche con riferimento a detto motivo va
richiamato quanto affermato al punto precedente circa l’erroneo richiamo all’ad
2697 cc ,nonché all’insussistenza di vizi riconducibili all’art. 360 n 5 cpc.
Nella specie la Corte ha ritenuto provata la natura di rimborsi chilometrici a
piè di lista per trasferte fuori dal territorio comunale sulla base della
documentazione prodotta ed in conformità di precedenti di questa Corte . In
definitiva oggetto di censura è la valutazione che il giudice ha svolto delle
prove proposte dalle parti opponendo una diversa valutazione che non può essere
svolta in questa sede di legittimità, stante l’esistenza di una non incongrua
motivazione da parte del giudice di merito.

7. Con il terzo motivo l’INPGI denuncia violazione
dell’art. 51, comma 5, TUIR, omessa contribuzione in relazione alla messa a
disposizione del dipendente R.M. di un alloggio il cui canone di locazione era
a carico dell’azienda.

8. il motivo è fondato.

La Corte , invero, non ha accertato il luogo di
lavoro del M., limitandosi a riferire, condividendo la decisione del Tribunale
, che il M. era residente a Roma e che era tenuto per contratto a recarsi due o
tre giorni a settimana a Milano per svolgere i compiti di direttore
amministrativo. La Corte ha dato rilievo al luogo di residenza del M.,
circostanza irrilevante. Infatti , affinchè si possa parlare di mera trasferta
e non di trasferimento è essenziale individuare quale sia la sede di lavoro del
dipendente ; nel caso di specie non risulta che il direttore E.R.M. avesse altra
sede di lavoro diversa da quella di Milano, sicché il suo era un vero e proprio
trasferimento definitivo, a ciò non ostando il fatto che il suo contratto fosse
un part-time verticale o comunque che non avesse un obbligo quotidiano di
presenza a Milano.

La sentenza, in relazione a tale motivo deve essere
cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello.

9. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia
violazione dell’ad 2094 cc, dell’art. 18 dlgs 196/1997 e del DM 142/1998 in
relazione alla posizione di N.C. e R.T., formalmente inquadrati come stagisti,
ma in realtà lavoratori subordinati equiparabili al redattore ordinario e con
obbligo di frequenza. Violazione dell’art. 132 n 4 cpc.

10. il motivo è infondato risolvendosi in un
‘inammissibile richiesta di riesame degli accertamenti e delle valutazioni del
materiale probatorio svolte dalla Corte territoriale . Si richiama quanto
esposto nel primo motivo

11. Con il quinto motivo l’INPGI denuncia violazione
dell’art. 7 e seg dlgs n. 463/1983, conv. in L. n. 638/1983, violazione
dell’art. 1 I. n. 389/1989 ,come da interpretazione autentica dell’art. 2 L
549/1995, con riferimento alla retribuzione sui minimi retributivi per 8
praticanti per le dodici giornate lavorate di dicembre 2002. Violazione degli
artt 421 e 437 cpc.

Lamenta che per 8 praticanti la contribuzione era
stata versata per collaboratore fisso in luogo di praticante giornalista.
Censura la sentenza che aveva rilevato la tardività della specificazione dei
soggetti interessati, avvenuta solo in appello.

Rileva che la produzione della dichiarazione
dell’ispettore in appello era servita solo per spiegare il conteggio.

Anche tale motivo è infondato atteso che dalla
sentenza emerge che l’Inpgi aveva allegato e dimostrato tardivamente, solo in
appello, alcune circostanze idonee a confutare la decisione degli ispettori. La
Corte ha, dunque, denunciato non solo la tardiva dimostrazione solo in appello
,ma anche la mancata tempestiva allegazione delle circostanze esposte avvenuta
solo in appello. La tardiva allegazione, solo in appello, non risulta
adeguatamente censurata con il motivo in esame.

11. In conclusione la sentenza deve essere cassata
in accoglimento del terzo motivo e la causa rinviata alla Corte d’appello di
Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di
legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo, rigetta gli altri; cassa
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte
d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del presente
giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2021, n. 24479
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