Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 settembre 2021, n. 24696
Inps, Sgravi fruiti indebitamente, Variazione della
classificazione aziendale dal ramo industria al ramo commercio
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 4.7.2014, la Corte
d’appello di Cagliari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
rigettato l’opposizione proposta da A.C.I. s.r.l. (poi trasformatasi in A.
s.p.a.) avverso il decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato di pagare
all’INPS somme per sgravi indebitamente fruiti a seguito di provvedimento di
variazione della classificazione aziendale dal ramo industria al ramo
commercio;
che avverso tale pronuncia A. s.p.a. ha proposto
ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato
con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che il Pubblico ministero ha concluso per il rigetto
del ricorso;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 8, I. n.
335/1995, e 49, I. n. 88/1989, nonché della legge n. 1089/1968 e succ. mod. e
integraz., per avere la Corte di merito ritenuto che l’efficacia irretroattiva
dei provvedimenti di variazione adottati dall’INPS, sebbene non potesse comportare
la restituzione della fiscalizzazione degli oneri sociali, non avesse viceversa
rilievo per gli sgravi contributivi; che il motivo è fondato, avendo questa
Corte ormai chiarito che, sebbene l’individuazione dei soggetti destinatari del
beneficio degli sgravi contributivi vada operata alla stregua della
legislazione d’incentivazione applicabile ratione temporis (quale, in specie,
la legge n. 1089/1968), che si pone in rapporto di specialità rispetto alle
successive norme relative all’inquadramento delle imprese ai fini previdenziali
ex art. 49, I. n. 88/1989, di talché per accertare il carattere industriale
dell’attività rileva pur sempre la definizione dell’art. 2195, n. 1, c.c.,
resta nondimeno fermo che, in base all’art. 3, comma 8, I. n. 335/1995, i provvedimenti
adottati d’ufficio dall’INPS di variazione della classificazione dei datori di
lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore
economico corrispondente alla effettiva attività svolta, producono effetti dal
periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione,
salvo il caso in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte
dichiarazioni del datore di lavoro (così, espressamente, Cass. n. 16246 del
2014, sulla scorta di Cass. n. 8068 del 2011); che risulta pertanto superato il
diverso principio di Cass. n. 631 del 2010 (richiamata dai giudici territoriali
nella propria pronuncia e il cui dictum è sostanzialmente alla base delle
conclusioni del Pubblico ministero) secondo cui, in materia di sgravi,
rileverebbe soltanto la natura oggettiva dell’attività svolta dall’impresa,
indipendentemente dal provvedimento con cui l’INPS l’attesta ai fini
previdenziali, che avrebbe al riguardo natura ricognitiva e non costitutiva;
che tale ultimo principio, formulato sulla scorta
dell’assunto secondo cui le controversie concernenti il riconoscimento di
agevolazioni e sgravi contributivi non concernerebbero il rapporto contributivo
(così, espressamente, Cass. n. 631 del 2010, cit., in motivazione), si pone
diametralmente in contrasto con l’art. 3, comma 8, I. n. 335/1995, che – nella
parte in cui (primo e secondo periodo) stabilisce che i provvedimenti di
variazione della classificazione dei datori di lavoro a fini previdenziali,
adottati dall’INPS di ufficio o su richiesta dell’azienda, producono effetti
dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento o della
richiesta dell’interessato – ha valenza generale ed è applicabile ad ogni
ipotesi di rettifica di precedenti inquadramenti operata dall’Istituto
previdenziale dopo la data di entrata in vigore della predetta legge (o anche
prima, nel caso in cui la modifica, così come attuata, formi oggetto di
controversia in corso a quella stessa data), e ciò indipendentemente dai parametri
adottati, si tratti cioè dei nuovi criteri di inquadramento introdotti dai
primi due commi dell’art. 49, I. n. 88/1989, ovvero di quelli applicabili
secondo la normativa previgente (Cass. S.U. n. 16875 del 2005), non potendo
invero dubitarsi che la spettanza o meno degli sgravi è questione che,
determinando l’ammontare dei contributi dovuti in concreto dall’azienda,
inerisce strettamente al rapporto contributivo che essa intrattiene con gli
enti previdenziali;
che, non essendosi la Corte di merito attenuta
all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa
rinviata alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.