Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 settembre 2021, n. 35651

Infortunio, Accertamento di effettiva carenza programmatica e
organizzativa dell’azienda, Mancanza di adeguata formazione, informazione e
addestramento, Reato di lesioni colpose, Responsabilità dell’amministratore
in carica

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 20.11.2019 la Corte di appello
di Lecce – sez. distaccata di Taranto, ha rideterminato la pena e, per il
resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di C.T. in ordine al
reato di cui all’art. 590, comma terzo, cod. pen., perché, quale amministratore
della S.r.l. C., cagionava colposamente al dipendente A. I. gravissime lesioni
personali (emorragia in politrauma maggiore e fratture multiple arti
inferiori), a seguito delle quali subiva l’amputazione della gamba sinistra.
L’addebito è quello di avere omesso di fornire al lavoratore adeguati
formazione, informazione e addestramento, consentendo che costui si ponesse
alla guida del carrello elevatore marca “M.” per raggiungere il
reparto PLA/2/ distante 2 Km circa dal luogo ove si trovava; durante il
tragitto, a seguito di un sobbalzo, il mezzo acquisiva velocità mentre l’I. ne
perdeva il controllo, sino a capovolgersi, rimanendo il conducente intrappolato
sotto il mezzo con le gambe schiacciate e nell’impossibilità di muoversi (fatto
del 6.2.2014).

La Corte di appello ha confermato l’impostazione del
primo giudice, che aveva accertato l’effettiva carenza programmatica e
organizzativa dell’attività della società datrice di lavoro, in cui
l’indicazione dei nominativi e dei componenti delle singole squadre era
funzionale al solo scopo di consentire il loro ingresso all’interno dello
stabilimento ILVA, senza alcuna specificazione dell’attività che ciascuna
squadra coliazionata avrebbe dovuto giornalmente svolgere e senza l’indicazione
dei compiti che, all’interno di ogni gruppo, il singolo operante avrebbe dovuto
adempiere.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per
cassazione il T., per mezzo del suo difensore, lamentando quanto segue.

I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per
avere reso una motivazione manifestamente illogica e contraddittoria, fondata
su una premessa insussistente, ovvero sulla presunta grave carenza
organizzativa e di programmazione che avrebbe contraddistinto la C. S.r.l.

Deduce che la società C. è un’azienda di notevoli
dimensioni che svolge la propria attività in distinti settori operativi e vari
rami con la presenza di oltre 200 dipendenti; che la stessa era solita
programmare, già dal giorno prima, la destinazione di gruppi di lavoratori nei
vari settori operativi presso lo stabilimento ILVA; che, in particolare, nella
zona PLA/2 (dove si verificò l’infortunio) erano presenti il dirigente C., il
capo cantiere M. ed il capo squadra B.

Sulla base di un unico episodio, il giudice di
appello ha ritenuto erroneamente la sussistenza di un andazzo generale di
comportamento all’interno della società connotato da lassismo e
approssimazione, senza valutare le singole condotte in concreto. Nel caso in oggetto,
la C. S.r.l.; il giorno 5.2.201 aveva pianificato la destinazione dei
lavoratori nei vari cantieri ed in particolare per il sig. Incalza la
destinazione all’Area Parchi per il 6.2.2014; era tuttavia emerso che la
mattina del 6.2.2014 erano state apportate delle modifiche, redatte a penna,
relativamente alla destinazione dell’Incalza, spostato nell’area PLA/2 al posto
dell’operaio M.F., in totale difformità delle procedure di accesso all’ILVA e
senza che la società ed il T. ne venissero informati.

Rileva che la sentenza impugnata, dinanzi alla
comprovata responsabilità concorrente di B. (capo squadra) e M. (capo
cantiere), ha omesso di valutare le prove relative alle loro condotte, fondando
tutto il suo scarno ragionamento accusatorio sulla presunta carenza
organizzativa e di programmazione del lavoro della C.. È evidente che nel caso
di specie non vi sia stato alcun controllo da parte del capo cantiere sui
lavoratori destinati al PLA/2 ed in particolare sull’I. che conduceva il
muletto. Erroneamente il giudice di appello fa riferimento all’assenza di
specifiche deleghe di funzioni tali da esonerare il datore di lavoro dalla
responsabilità per infortuni; di contro, le figure del capo cantiere e del capo
squadra sono istituzionalmente preposte al controllo della materiale esecuzione
dei lavori e, quindi, dell’osservanza anche delle misure di sicurezza,
indipendentemente da qualsivoglia investitura formale.

Osserva, sulla conoscenza della particolare prassi
lavorativa, che la Corte territoriale ha omesso di valutare l’incolpevole
mancanza di informazioni dettagliate da parte del T. delle prassi aziendali e
delle eventuali anomalie, atteso che l’imputato era divenuto amministratore
della società da appena 20 giorni prima dell’infortunio. Difetta, dunque, l’accertamento
di una condotta concretamente colposa, dotata di un ruolo eziologico nella
spiegazione dell’evento.

II) Violazione di legge e vizio di motivazione, con
riferimento alla richiesta di rinnovazione istruttoria.

Deduce che l’acquisizione presso l’ILVA delle
notizie e/o documentazione relative alle modalità di accesso delle aziende e
dei lavoratori presso le aree di lavoro avrebbero meglio chiarito la posizione
dell’odierno imputato e soprattutto la documentazione prodotta.

III) Violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento al trattamento sanzionatorio applicato.

Ritiene illogica la motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui ha concesso al prevenuto le attenuanti generiche
in regime di equivalenza, nonostante i plurimi elementi a favore del medesimo,
quali l’incensuratezza, l’integrale risarcimento del danno, la natura colposa
del reato, la presenza di soggetti posti in posizione intermedia tra lui ed il
soggetto danneggiato.

3. La difesa dell’imputato ha depositato memoria scritta
con la quale viene citata giurisprudenza rilevante sul tema oggetto del
ricorso, concludendosi per l’accoglimento del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è infondato.

2. Preliminarmente, va rammentato che nel caso che
occupa ci si trova di fronte ad una c.d. “doppia conforme” di
condanna, avendo entrambi i giudici di merito affermato la responsabilità
dell’imputato in ordine al reato oggetto di contestazione. Ne deriva che le
motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi,
si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al
quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione. Ciò tanto più ove, come in casi qual è quello che ci occupa, i giudici
dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati
dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi
prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le
motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola
entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 25759501; Sez. 3, n.
13926 del 01/12/2011 – dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501; Sez. 2, n. 5606 del
10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).

3. Tanto premesso, si deve osservare che la lettura
congiunta delle sentenze di primo e di secondo grado consente di affermare come
i giudicanti abbiano ampiamente e adeguatamente motivato in ordine alla
responsabilità del prevenuto, muovendo da un apprezzamento di merito congruo e
non manifestamente illogico, come tale insindacabile in Cassazione, costituito
dalla situazione di conclamata “disorganizzazione” aziendale –
accertata nel corso dell’istruttoria dibattimentale – con riferimento alla
società amministrata dall’imputato ed alle cui dipendenze prestava la propria
attività lavorativa la persona offesa.

In tale prospettiva, al T., quale amministratore
della S.r.l. C., è stata attribuita, non illogicamente (ed indipendentemente da
eventuali responsabilità concorrenti di altri soggetti preposti), sia la colpa
specifica (ex art. 71, comma 7, lett. a, d.lgs. n. 81/2008) di avere consentito
che il lavoratore infortunato si ponesse alla guida del muletto senza avere le
necessarie competenze e abilitazioni e senza che al medesimo fossero stati
forniti “adeguati formazione, informazione e addestramento”; sia la
colpa generica di avere attuato e/o tollerato un’organizzazione aziendale del
tutto carente e insufficiente, nella quale, come accertato in fatto, non vi era
alcuna specifica programmazione e previsione in ordine alla scelta del
personale addetto alla conduzione delle macchine operatrici, tale da assicurare
che esso venisse scelto fra il personale munito della necessaria e adeguata
formazione e del prescritto titolo abilitativo (in particolare, veniva
accertato che il personale dei gruppi di lavoro era formato senza alcuna
specificazione delle rispettive mansioni, e che nonostante ciò il muletto
andasse comunque portato sull’area di lavoro, indipendentemente dalla presenza
nel gruppo di un soggetto abilitato a condurlo).

Si tratta di profili colposi che sono stati
correttamente addebitati al prevenuto sulla base di un ragionamento logico e
coerente con i dati processualmente emersi, che ha congruamente delineato la
responsabilità colposa del T., quale soggetto titolare delle scelte di fondo
aziendali a tutela dei lavoratori, nel caso rivelatesi gravemente deficitarie
sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e, come tali, non in linea con
la normativa prevenzionistica.

4. Il secondo motivo, con riferimento alla richiesta
di rinnovazione istruttoria, è privo di pregio e rimane comunque assorbito
dalle superiori considerazioni in ordine alla congruità e coerenza delle
motivazioni delle sentenze di merito rispetto ai dati probatori acquisiti.

Per il resto, il rilievo secondo cui il ricorrente,
al momento dell’infortunio, fosse amministratore da appena 20 giorni, è
inammissibile in quanto, oltre ad attenere al merito della vicenda, è questione
che non è mai stata sollevata in sede di appello, ed è pacifico che non possono
essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice
di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla
sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 26974501).

5. La censura in punto di trattamento sanzionatorio
è inammissibile, in quanto attinente al merito, a fronte di una valutazione di
equivalenza delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. immune da vizi
di manifesta illogicità, essendo del resto noto che, per costante
giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la graduazione della pena, anche
in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze
aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito,
il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che
dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo
aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità
a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata
spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia superiore alla
misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv.
27124301), evenienza non ricorrente nel caso di specie.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

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