Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 settembre 2021, n. 35652
Infortunio sul lavoro, Lesioni gravi, Delega di funzioni,
Responsabilità
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 23.10.2020 la Corte di appello
di Firenze ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la
declaratoria di responsabilità di V. C. in ordine al reato di cui all’art. 590,
comma terzo, cod. pen., perché, quale delegato alla sicurezza presso la società
E. S.p.a. “Area di Firenze”, cagionava colposamente lesioni gravi al
dipendente N.M., avvenute in quanto il M., manovrando davanti a un telaio
metallico impugnando con le mani i montanti verticali, veniva attinto da una
slitta che era scivolata dal ripiano a seguito di un urto accidentale del
telaio, riportando un trauma da schiacciamento al IV dito della mano sinistra
(fatto del 4.3.2014). L’imputato, pur a conoscenza del problema sin dal
febbraio 2012, ometteva di dotare i telai metallici, con all’interno slitte
estraibili, di barre trasversali o maniglie da utilizzarsi durante la
movimentazione degli stessi per ovviare al rischio di schiacciamento delle
mani, a seguito di slittamento dai piani delle componenti estraibili.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per
cassazione il C., per mezzo dei suoi difensori, lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge, per avere ignorato che la
delega alla sicurezza era stata sottratta al C. dal datore di lavoro, proprio
con riguardo allo specifico settore teatro dell’infortunio e in epoca
precedente lo stesso.
Deduce che il C. non aveva più una delega in materia
di sicurezza con riguardo agli interventi di messa in sicurezza dei carrelli su
ruote usati nelle panetterie della società datrice di lavoro, a far tempo dal
26.2.2013. Nello specifico, al delegato era stato sottratto uno specifico
settore di intervento in materia di sicurezza nella movimentazione dei carrelli
della panetteria. L’addebito rivolto al C. di essere rimasto inerte e di non
aver assunto l’iniziativa di apporre le maniglie al carrello è inconciliabile
con le risultanze documentali in atti. Proprio a seguito di un mancato
infortunio sulla movimentazione dei carrelli vi era stata il 26.2.2013 una
riunione aziendale al massimo livello in cui la gestione e risoluzione del
problema era stata avocata a livello centrale, stabilendosi precisi tempi e
modalità degli interventi per ovviare ai relativi deficit di sicurezza dei
telai. In tal modo il C. era stato giuridicamente sollevato dall’occuparsi
direttamente della modifica dei telai, non potendo egli modificare una
decisione presa dall’azienda a livello centrale.
II) Omessa applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
in presenza di riconosciuta “complessiva modestia del fatto”.
Deduce che la sentenza impugnata riconosce la minima
offensività del danno da schiacciamento dell’unghia subito dal lavoratore,
senza ammettere che la detta lesione possa beneficiare della invocata causa di
non punibilità, pur sussistendone tutti i presupposti.
IlI) Erroneo disconoscimento delle attenuanti
generiche ex art. 62-bis cod.pen.
Deduce che non è stato considerato, allo scopo, il
pensionamento del prevenuto e la complessiva modestia del f;atto su cui
convergono le sentenze di merito, oltre allo stato di incensuratezza e alla
circostanza che la messa in sicurezza delle attrezzature è avvenuta prima della
prescrizione della ASL.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è fondato ed assorbente delle
residue censure.
2. La sentenza impugnata affronta in maniera
insoddisfacente la questione sollevata dalla difesa, corroborata da produzioni
documentali che attestano come della problematica dei carrelli su ruote
utilizzati nel reparto cui era addetto il lavoratore infortunato si fossero
fatti carico i vertici aziendali, sostanzialmente esonerando il prevenuto –
quale delegato alla sicurezza – dall’occuparsi direttamente del problema.
Al riguardo, la giurisprudenza delle Sezioni Unite
di questa Corte (cfr. la sentenza n. 38343/2014, ThyssenKrupp) ha da tempo
chiarito che l’istituto della delega di funzioni investe di responsabilità il
delegato solo se gli vengono attribuiti reali poteri di organizzazione,
gestione, controllo e spese pertinenti all’ambito delegato (o, per quanto qui
rileva, a specifici settori dell’ambito delegato). In altri termini, l’effetto
liberatorio – per il datore di lavoro delegante – viene meno qualora sorgano
problematiche afferenti alla sicurezza che trascendono i poteri delegati,
specie se esse coinvolgano scelte di fondo della politica aziendale, che
richiedono un impegno di spesa eccedente rispetto ai limiti stabiliti, come
sembra essere avvenuto nel caso di specie.
3. Tale aspetto non è stato approfondito dalla
sentenza impugnata, che nell’addebito di colpa mosso all’imputato si è
accontentata del ruolo formale di delegato alla sicurezza del medesimo, senza
svolgere alcuna valutazione in ordine alla documentazione prodotta dalla
difesa, apparentemente indicativa del fatto che la gestione e risoluzione del
problema (da cui poi era derivato l’infortunio) fosse stata preventivamente
avocata a livello centrale, stabilendo tempi e modalità di intervento
riguardanti tutti i negozi aziendali, ivi compresi quelli dell’area di Firenze
per i quali il C. era delegato.
L’assetto della disciplina legislativa e il citato
orientamento delle Sezioni unite in materia di delega di funzioni rifuggono dal
considerare la garanzia (derivante dalla delega) come un’entità sostanzialmente
unitaria, dovendosi piuttosto verificare il concreto atteggiarsi della delega
in rapporto ai poteri di intervento e di spesa effettivamente attribuiti (o eventualmente
rimossi) nei confronti del delegato.
In questa prospettiva, autorevole dottrina,
pienamente condivisibile, ha acutamente osservato come la delega sia
contrassegnata da condizioni formali e sostanziali da verificare sia nel
momento costitutivo che nel suo farsi in concreto, e che l’ingerenza del
delegante, se non effimera, caduca l’effetto traslativo tipico dell’istituto.
4. Le superiori considerazioni giustificano
l’annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio ad
altra sezione della Corte di appello di Firenze. In quella sede si dovrà
compiutamente valutare l’entità dell’ingerenza del delegante, onde verificare
se l’imputato avesse mantenuto effettivi poteri di intervento e di spesa, prima
dell’infortunio, per ovviare al problema dei carrelli nella sua area di
competenza, o se tale problematica si fosse pienamente ingerito il datore di
lavoro delegante.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo
giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.