L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il rimborso del costo della connessione internet, a favore dello smart worker, è incluso nel reddito di lavoro dipendente, salvo il caso in cui i costi siano analiticamente documentati.  

Nota a AdE Risposta 25 maggio 2021, n. 371

 Antonio Guidone

Con la Risposta ad Interpello n. 371 del 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la somma rimborsata al telelavoratore per l’utilizzo della connessione internet concorre a determinare il reddito di lavoro dipendente quando i costi non sono analiticamente documentati.

Nel caso in esame, una società, intenzionata ad avviare un programma sperimentale di lavoro agile, intendeva rimborsare il costo della connessione internet (attraverso un device mobile oppure un impianto fisso domiciliare) a tutti i propri dipendenti in smart-working. Per tale motivo, chiedeva se il rimborso rilevasse ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, ex art. 51 del TUIR.

Nel rispondere al quesito, l’Amministrazione Finanziaria ha ricordato che in base al principio di onnicomprensività, sancito dall’art. 51, co. 1, del TUIR, il reddito di lavoro dipendente è formato da tutte quelle somme e valori in genere, percepiti a qualunque titolo nel periodo d’imposta, purché relativi al rapporto di lavoro. Per questo motivo, anche i rimborsi che il lavoratore riceve per le spese sostenute sono da imputare al reddito di lavoro dipendente (salvo quanto previsto dall’art. 51, co. 5, TUIR, in tema di trasferte e trasferimenti).

Il contenuto di questo principio è stato più volte precisato dall’Amministrazione finanziaria:

  1. i rimborsi riguardanti le spese di competenza del datore di lavoro e anticipate dal lavoratore, ad esempio, per l’acquisto di beni strumentali di modico valore (la carta della stampante) non sono imponibili, non costituendo un arricchimento per il lavoratore (circolare 23 dicembre 1997, n. 326);
  2. le somme corrisposte al lavoratore per indennizzarlo dei costi relativi ai collegamenti telefonici costituiscono una mera reintegrazione patrimoniale, non una nuova ricchezza tassabile (risoluzione 7 dicembre 2007, n. 357/E);
  3. nei casi in cui la legge non abbia individuato un criterio per determinare la quota esclusa da imposizione, così come accade per le spese rimborsate in modo forfetario, i costi sostenuti dal lavoratore, nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, concorrono a determinare il reddito del lavoratore (risoluzione 20 giugno 2017, n. 74/E). L’unica soluzione, per evitare che ciò accada, è l’individuazione dei predetti costi sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili.

Tenendo conto di questi chiarimenti, l’Agenzia, nel caso esaminato, ha osservato che il rimborso erogato al lavoratore comprenderebbe sia le spese per l’attivazione della connessione internet che quelle relative ai canoni di abbonamento al servizio e, viepiù, non sarebbe possibile distinguere il quantum di costo imputabile alla prestazione lavorativa in senso stretto. In questo modo, non sarebbe possibile stabilire una relazione diretta tra la connessione internet e l’interesse del datore di lavoro, poiché il lavoratore può scegliere l’abbonamento e il gestore che preferisce, senza limiti precisi sul costo.

Per le ragioni appena esposte, non sussistendo nella fattispecie elementi e parametri oggettivi documentati, la somma rimborsata al lavoratore, relativa al costo del traffico dati, concorrerà a determinare il reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, co. 1, del TUIR.

Rimborsi dei costi di connessione internet: inclusi nel reddito di lavoro dipendente se non supportati da elementi oggettivi documentati
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