Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 settembre 2021, n. 33595

Infortunio sul lavoro, Lesioni gravi, Responsabilità del
committente e dell’ente, Vantaggio derivante dalla velocizzazione dei tempi di
lavorazione, Art. 5, D.Lgs. n. 231/2001

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza in data 02/02/2016, il Tribunale di
Milano, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava S.E., T.G., M.G.P. e C.D.
responsabili del reato di cui agli artt. 113, 590, commi 1, 2, 3 e 5 c.p., e li
condannava alle pene ritenute di giustizia, oltre alla rifusione dei danni
patiti dalla parte civile; riconosceva la responsabilità, ex art. 59 D.Lgs.
231/2001, della F. S.p.A.

Gli imputati suddetti, unitamente ad altri (oggi non
ricorrenti), erano stati tratti a giudizio perché, con condotte autonome che
hanno cooperato alla realizzazione dell’evento, nelle qualità di presidente del
consiglio di amministrazione (S.E.), consigliere di amministrazione con delega
per la gestione ordinaria della società (T.G.), procuratore delegato alla
sicurezza per lo stabilimento (M.G.) della F. s.p.a., amministratore unico
della D.I. s.r.l. (C.D.), per negligenza, imprudenza e imperizia cagionavano al
dipendente della T.A. s.r.l. T.C.C. lesioni consistite in “trauma
facciale, trauma polso destro e sinistro, con fratture del radio; frattura
scafoide destro; abrasioni multiple”, con incapacità di attendere alle
ordinarie occupazioni per novantuno giorni, poiché, mentre si trovava sulla
sommità di un forno Fusorio in fase di installazione presso lo stabilimento
della F. s.p.a. precipitava da un’altezza di m. 3,20 procurandosi le lesioni
gravi già descritte: i lavori riguardavano la fornitura e installazione alla F.
s.p.a. di un forno fusorio da parte della O.F. s.r.l., la quale si avvaleva per
la realizzazione e la sistemazione del refrattario della D.I. s.r.l., che, a
sua volta, subappaltava alla T.A. srl i lavori che avvenivano nel periodo di
chiusura delle attività ordinarie della F. s.p.a.

1.1. Con la sentenza n. 337/19 del giorno
16/0ty2019, la Corte di Appello di Milano, adita dagli imputati, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, assolveva T.O. (oggi non ricorrente) dal
reato ascrittogli per non aver commesso il fatto, confermando nel resto.

2. Avverso tale sentenza d’appello propongono ricorso
per cassazione S.E., T.G., M.G.P., C.D. e F. s.p.a., a mezzo dei propri
difensori, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma
1, disp. att. cod. proc. pen.):

C.D.:

I) violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione agli artt. 17, lett. A, e 28 T.U. 81/2008, 40 e 43 c.p.

Deduce che non è affatto provato che il forno
fusorio fosse privo dei parapetti. Al contrario, è emersa dagli atti la
presenza di opere definitive a protezione della sommità in uno con la struttura
in ferro del forno e collegate alla scala di accesso. Inoltre, la D.I.E. si è
occupata solo della posa del refrattario all’interno del forno e non di opere
di carpenteria.

Sostiene che dagli atti risulta l’esistenza della
scala, come affermato anche dalla persona offesa, e la scelta dei lavoratori di
non utilizzarla per procedere con maggiore celerità sulla sommità del forno.

Afferma che la Corte territoriale ha erroneamente
applicato l’art. 40, comma 2, c.p., in quanto C.D. non era titolare di alcuna
posizione di garanzia; non sussiste nesso di causalità tra la condotta di C.D.
e l’evento lesivo poiché il cantiere era allestito con modalità tali da
prevenirlo e solo fattori umani esterni, su cui non sono mai state svolte
indagini, hanno prodotto l’evento stesso, mentre il ricorrente, per quanto di
sua competenza, ha diligentemente adempiuto a tutti gli obblighi.

Rimarca che la Corte distrettuale ha trascurato le
dichiarazioni dei testi, e della stessa p.o. nonché l’imprevedibilità
dell’evento.

II) violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione all’art. 590 c.p.

Deduce che, contrariamente a quanto affermato in
sentenza, nonostante il DUVRI fosse onere della società committente, c’è da
evidenziare come la D.I. Srl, nella persona del suo legale rappresentante C.D.,
sia stata la sola società che ha predisposto relativamente alla costruzione del
forno F. il documento relativo alla sicurezza, allegato al fascicolo del
dibattimento, documento che prende in considerazione tutte le attività svolte
nella costruzione della parte di refrattario del forno.

IlI) violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione agli artt. 62- bis, 69,
132 e 133 c.p.

Deduce che la Corte del merito, sul punto, ha reso
una motivazione solo apparente, non confrontandosi con i profili di censura
svolti con l’atto d’appello, di fatto riportandosi ad un criterio meramente
numerico e non di effettiva ponderazione delle circostanze positive e negative.
Il Giudice di primo grado ne aveva motivato l’inapplicabilità sulla base dei
precedenti penali per rapina, armi ed evasione; il Giudice di appello non ha
però motivato rispetto al fatto che i precedenti penali risalissero ad oltre 25
anni prima del reato di cui al presente gravame.

IV) violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione agli artt. 53 L. 689/1981 e 133 c.p.

Deduce che la sentenza in oggetto, non statuisce
sulla richiesta, già formulata in primo grado, di conversione della pena
detentiva in pena pecuniaria; chiede, quindi, che la Corte di legittimità
corregga l’errore ai sensi dell’art. 619, comma 2, c.p.p., convertendo la pena
detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.

Afferma, infine, che la stessa sentenza è
manifestamente illogica e contraddittoria in punto di trattamento sanzionatorio
posto che la pena si attesta nella media edittale, in violazione dei principi
definiti dagli artt. 132-133 c.p. S.E., T.G., M.G.P. e F. S.p.A.:

I. a.) violazione di legge in relazione agli artt.
605 e 82 c.p.p. nella parte in cui si confermano le statuizioni civili senza
considerare l’intervenuta revoca della costituzione di parte civile nonché in
relazione all’art. 165 c.p. nella parte in cui si conferma la concessione del
beneficio della sospensione condizionale subordinato al risarcimento del danno.

Deducono che, nell’ambito del giudizio di appello,
sia intervenuta tra i soli odierni imputati S., T. e M., da un lato, e
l’infortunato T.C. costituito parte civile, dall’altro, un accordo transattivo
avente ad oggetto la definizione del profilo risarcitorio. A fronte di tale
definizione, all’udienza del 16 gennaio 2019 interveniva la revoca della
costituzione di parte civile nei soli confronti degli imputati S., T. e M.

II. a.) vizi motivazionali in relazione alla omessa
valutazione dei motivi d’appello proposti.

Deducono che il rinvio meramente adesivo alla
sentenza appellata costituisce violazione dell’obbligo di motivazione quando,
come nel caso di specie, siano state sollevate specifiche censure che non
trovano alcuna risposta né nella sentenza di primo grado né in quella
d’appello. Non è in alcun modo dato comprendere la ragione per la quale il
parapetto di protezione (la cui mancata installazione da parte del
sub-appaltatore T.A. è pacificamente individuata quale causa dell’infortunio)
ricadrebbe tra le misure oggetto di “cooperazione e coordinamento” di
cui all’art. 26 d.lgs. 81/2008 (regola cautelare che si assumerebbe violata da
parte degli imputati S., T. e M.); in vero, i presidi di sicurezza relativi
all’attività del solo appaltatore non ricadono nel campo di applicazione della
contestata norma cautelare e non devono essere oggetto di cooperazione e
coordinamento. Nella specie, l’attività di rivestimento refrattario sulla
sommità del forno fusorio è stata svolta esclusivamente dai dipendenti della
T.A., non essendo previsto rispetto a tale fase operativa alcun intervento da
parte di altre imprese, sicché il parapetto di protezione non costituisce un
presidio di sicurezza comune alle lavorazioni tra eventuali imprese
subappaltatrici e dunque è misura estranea all’oggetto di attività di cooperazione
e coordinamento ai sensi del citato art. 26 comma 2. A fronte di tali rilievi
espressi nell’atto di appello, né la Corte d’Appello né il primo Giudice
(parimenti investito di tale profilo nelle note conclusive del giudizio di
primo grado) hanno mai assunto alcuna valutazione o speso alcuna
argomentazione, avendo semplicemente ignorato tale questione affermando
apoditticamente la sussistenza della violazione dell’art. 26 d.lgs. 81 /2008 da
parte degli odierni imputati. Quanto poi alla rimproverata omessa redazione del
cd. DUVRI “Documento valutazione rischi interferenziale”, si deve
considerare come non sia stata in alcun modo argomentata e chiarita né dal
primo Giudice né dal Giudice d’appello la ragione per la quale il parapetto di
protezione dovrebbe ricadere all’interno di questo documento né quale incidenza
causale tale omissione avrebbe avuto rispetto all’infortunio occorso; per
espressa previsione legislativa, tale documento contiene esclusivamente le
misure di protezione e sicurezza volte ad eliminare e prevenire i c.d.
“rischi interferenziali” e, come accertato in entrambi i giudizi,
sulla sommità del forno operavano esclusivamente i lavoratori della T.A..
Inoltre, agli odierni imputati della committente F. non è mai stata rappresentata
l’esistenza di una lavorazione in quota, né di tale lavorazione in quota vi era
menzione nei disegni tecnici o nel manuale d’uso del forno (correttamente e
diligentemente richiesti dalla committente F. alla società costruttrice O.) o
ancora nel piano operativo di sicurezza richiesto dalla F. all’appaltatore
D.E.: si trattava, quindi, di un rischio non prevedibile.

III. a.) vizi motivazionali in relazione alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis
c.p.p.

Deducono che appare evidente l’assoluta carenza di
motivazione alla base di tale decisione, pur in presenza di specifici elementi
evidenziati nell’atto di appello nonché in presenza dell’intervento
risarcimento del danno in favore dell’infortunato T.C.

IV. a.) violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione agli artt. 5 e 6 d.lgs. 231/2001.

Deducono che l’interesse o vantaggio richiesto
dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001 in relazione ai delitti colposi sussiste in
presenza di una condotta colposa finalisticamente orientata ad un obiettivo
risparmio di costi aziendali, il percorso logico argomentativo seguito dalla
Corte d’Appello (e dal primo giudice) risulta, oltre che lacunoso, in contrasto
con gli univoci dati documentali già evidenziati nell’atto di appello. La F.
s.p.a. ha sempre investito cospicui importi sia in termini di investimenti
generali che di investimenti per la sicurezza dei propri dipendenti, in
un’ottica diametralmente opposta alla presunta politica del risparmio. Quanto
poi alla costruzione del forno fusorio in questione (del valore di oltre euro
500.000), la predisposizione delle misure di sicurezza (nel caso di specie un
parapetto di poche centinaia di euro) era stata contrattualmente demandata al
costruttore non certo per una volontà di risparmio ma in ragione di ovvie e
naturali competenze di natura tecnica dell’attività oggetto di appalto. In ogni
caso, è stato accertato come tutti i costi per la predisposizione dei presidi
di sicurezza per l’installazione del forno sarebbero stati contrattualmente
sostenuti dallo stesso costruttore sicché la contestata omissione da parte
della F. non ha prodotto alcun risparmio di spesa per tale ente.

 

Considerato in diritto

 

3. Deve, preliminarmente, rilevarsi che l’imputato
S.E. è deceduto in data 29/08/2019, come risulta dal certificato di morte
datato 30/08/2019 del Comune di Teramo.

3.1. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata nei confronti di S.E. per morte dell’imputato.

4. Quanto ai residui ricorrenti, rileva -ancora
preliminarmente- l’intervenuta estinzione del reato. È infatti decorso il
termine prescrizionale massimo di 7 anni e sei mesi.

4.1. D’altra parte, le impugnazioni non sono
manifestamente infondate alla stregua delle doglianze esposte. Né, infine, alla
luce delle pronunzie di merito si configura l’evidenza della prova che consente
l’adozione di pronunzia liberatoria nel merito ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

4.2. La sentenza va dunque annullata senza rinvio.

5. In ordine alle statuizioni civili, mette conto
rilevare che tra i soli odierni imputati S., T. e M., da un lato, e
l’infortunato T.C. costituito parte civile, dall’altro, è intervenuto un
accordo transattivo avente ad oggetto la definizione del profilo risarcitorio.
A fronte di tale definizione, all’udienza del 16 gennaio 2019 interveniva la
revoca della costituzione di parte civile nei soli confronti degli imputati S.,
T. e M..

Ciò impedisce al giudice penale di mantenere ferme
le statuizioni civili nei confronti degli imputati S., T. e M. relative ad un
rapporto processuale ormai estinto e impone a questa Corte di annullare senza
rinvio le statuizioni civili della sentenza di condanna, nei confronti di tali
ricorrenti (cfr. Sez. 4, n. 3454 del 16/01/2019 Ud. -dep. 24/01/2019- Rv.
275195; Sez. 6, n. 12447 del 15/05/1990 Ud. -dep. 17/09/1990- Rv. 185345).

5.1. Diversamente, nei confronti dell’imputato C.D.
non risulta revocata la costituzione di parte civile e, perciò, restano ferme
le statuizioni civili a suo carico. Ne consegue il rigetto, ai soli effetti
civili, del ricorso di C.D. che, in sostanza, lamenta vizi motivazionali, ma,
in realtà richiede a questa Corte di legittimità una rivalutazione nel merito
che le è inibita non essendo prevista la possibilità di andare a verificare se
la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Non va peraltro
trascurato che siamo di fronte ad una doppia conforme di affermazione di
responsabilità, per cui le motivazioni delle due sentenze si saldano in un
tutt’uno.

Inoltre, nessun dubbio sussiste sul fatto che C.D.
abbia rivestito al momento del fatto la qualifica formale di legale
rappresentante, responsabile della gestione della società D.I.E. s.r.l. (che,
nel caso che ci occupa, rispetto al subappaltatore T.A. s.r.l., si poneva con
il ruolo di committente e datore di lavoro) e su di esso gravava l’obbligo
primario di procedere alla valutazione dei rischi e di assicurare la sicurezza
e l’adozione di misure di prevenzione sul luogo di lavoro.

Quanto ai profili F.ali dell’assunzione della
qualifica di datore di lavoro, in materia di infortuni sul lavoro gli obblighi
di prevenzione in capo al committente le opere non si esauriscono negli accordi
contrattuali assunti con l’appaltatore posto che la normativa vigente impone ai
datori di lavoro di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto
dell’appalto.

In altri termini, in tema di infortuni sul lavoro,
in caso di subappalto, il datore di lavoro dell’impresa affidatala deve
verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, la congruenza dei
piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al
proprio, nonché l’applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza e
coordinamento (PSC), con la conseguenza che in mancanza di quest’ultimo, egli
deve attivarsi richiedendolo immediatamente al committente oppure rifiutandosi
di conferire il subappalto (cfr. Sez. 4, n. 10544 del 25/01/2018 Ud. -dep.
08/03/2018- Rv. 272240).

Va anche ribadito -ed è il caso che ci occupa- chfe
il committente è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere
chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si
colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la
mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia
immediatamente percepibile senza particolari indagini (cfr. Sez. 4, n. 10608
del 4/12/2012 dep. il 2013, Bracci, Rv. 255282, in un caso di inizio dei lavori
nonostante l’omesso allestimento di idoneo punteggio).

Vale anche l’ulteriore precisazione che il
committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta
appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua
responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa sia in caso di
omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure
generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (così
Sez. 4, n. 23171 del 9/2/2016, Russo ed altro, Rv. 266963). Giova ribadire che,
in materia di responsabilità colposa, il committente di lavori dati in appalto
(impresa appaltante rispetto all’appaltatore, o appaltatore rispetto ai
subappaltatori) debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di
diligenza e prudenza nello scegliere il soggetto al quale affidare l’incarico,
accertandosi che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità
prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale,
proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità
di espletamento della stessa (v. anche Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018 Ud. -dep.
14/02/2018- Rv. 272221).

5.2. I giudici del merito, pertanto, del tutto
coerentemente con i dati testimoniali acquisiti e con gli elementi oggettivi di
cui si sono avvalsi per ricostruire la dinamica del sinistro, hanno segnalato
le gravissime lacune nella promozione del coordinamento e della cooperazione
con l’impresa sub appaltatrice in cui era incorsa la D.I.E. in persona del suo
titolare, lasciando che i lavoratori della T.A. s.r.l. operassero senza
adeguate misure di protezione, causando così, con questi suoi comportamenti
colposi, le lesioni patite dalla vittima.

6. Del pari, s’impone il rigetto del ricorso di F.
S.P.A. i cui motivi sono sintetizzati sub IV.a.).

6.1. Invero, come correttamente osservato dai
giudici del merito, «F. spa ha più volte ribadito la decisione di contenere
l’attività di realizzazione del forno di cui all’imputazione nel periodo di
chiusura estiva della società. Per quanto si sia verificato che ciò non ha
trovato concreta realizzazione (atteso che le opere sono iniziate prima e sono
finite dopo la chiusura estiva) può affermarsi che sia emerso un diretto
interesse alla maggior concentrazione possibile dei tempi di realizzazione, se
non altro per consentire la disponibilità del nuovo forno alla piena ripresa
dell’attività produttiva. Concentrazione che sarebbe stata sicuramente
compromessa da una più attenta attività di verifica e di coordinamento tra le
ditte che dovevano operare per la realizzazione del forno stesso. Al risparmio
di tempo corrisponde in via logica e fattuale un corrispondente risparmio di
spesa in termini di giornate di lavoro pagate e comunque di costo complessivo
dell’opera. Specularmente, la fretta nella realizzazione delle opere evitando
la necessaria precisione di verifica e di gestione dei rischi costituisce
sintomo e nello stesso tempo effetto della disorganizzazione strutturale con la
quale la F. spa ha deliberatamente stabilito di dar luogo all’attività nel
corso della quale C.C.T. subiva il grave infortunio sopra ricostruito. Il
contratto di acquisto del forno, inoltre non indica alcuna voce di spesa
relativa alla sicurezza dei lavoratori. Voce che dunque non è in alcun modo
stata presa in considerazione nella stipula. È pur vero che la F. spa ha qui
prodotto la nota di sintesi delle spese sostenute dall’azienda in materia di
sicurezza […] ma ciò conferma che -a fronte di una prassi operativa che
solitamente tiene conto dei rischi interni e della necessità di far fronte alle
spese per la salvaguardia dell’incolumità e della salute dei propri dipendenti
– altrettanto non è stato attuato nel caso di specie, nella erronea convinzione
che fosse sufficiente attribuire la gestione dei rischi ed i costi ad essi
connessi al venditore».

Con ciò, si è fatto buon uso del principio secondo
cui, in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento
in violazione della normativa antinfortunistica, il vantaggio di cui all’art.
5, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, operante quale criterio di imputazione
oggettiva della responsabilità, può consistere anche nella velocizzazione degli
interventi che sia tale da incidere sui tempi di lavorazione (v. anche Sez. 4,
Sent. n. 13575 del 5 maggio 2020).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della
F.. S.p.A. al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei
confronti di S.E. perché il reato è estinto per morte dell’imputato.

Annulla senza rinvio, agli effetti penali, la
sentenza impugnata nei confronti di T.G., M.G.P. e C.D. perché il reato è
estinto per prescrizione.

Annulla senza rinvio la medesima sentenza agli
effetti civili nei confronti di T.G. e M.G.P., per revoca della costituzione di
parte civile.

Rigetta agli effetti civili il ricorso di C.D.

Rigetta il ricorso della SPA “F.”, che
condanna al pagamento delle spese processuali.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 settembre 2021, n. 33595
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