Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29367

Assunzioni di lavoratori in mobilità, Indebita fruizione del
beneficio ex articolo 8 legge
223 del 91, Onere della prova

 

Con sentenza del 5.8.15 la Corte di Appello di
Trieste, confermando sentenza del tribunale della stessa sede del 28.5.14
annullava l’avviso di addebito con il quale l’INPS aveva chiesto il pagamento
di euro 548.318 in relazione all’indebita fruizione del beneficio ex articolo 8 legge 223 del 91
per assunzioni di lavoratori in mobilità.

In particolare, premesso che l’onere della prova
dell’indebito previdenziale è a carico dell’INPS che lo ha affermato, la corte
territoriale ha ritenuto che la ricorrente, benché successivamente si fosse
resa cessionaria di ramo di azienda dell’impresa O. Spa già ammessa alla
procedura di mobilità, era società distinta dalla cedente, e che l’assunzione
di parte delle maestranze della prima rispondeva ad esigenze economiche reali.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per due motivi,
cui resiste la società con controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione degli articoli 8 comma 1 e 4 legge 223
del 91 e 2697 del  codice civile, per avere trascurato che
l’onere della prova del diritto agli sgravi grava sul beneficiario degli
stessi.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 8 predetto e dell’articolo 15 comma 6 legge 264 del
49 e 2555 del codice civile, per avere trascurato che le assunzioni di
lavoratori in mobilità erano oggetto di obbligo a seguito di acquisto di ramo
di azienda e di accordo con socio unico dell’opponente e che l’attività era
svolta con le medesime maestranze occupate nelle stesse mansioni, ed era la
medesima attività.

Il motivo è fondato. In ordine all’onere della prova
del carattere indebito degli sgravi, questa Corte ha già affermato (Sez. L, Ordinanza n. 9140 del 12/04/2018, Rv. 648635 –
01) che, in tema di contributo collegato alla messa in mobilità del personale,
il datore di lavoro che invochi la riduzione dell’onere economico su di sé
gravante, in applicazione dell’art.
5, comma 5, della I. n. 223 del 1991, è tenuto a dimostrare la ricorrenza
di tutte le condizioni richieste dalla legge per averne diritto, inclusa
l’assenza di collegamenti tra l’impresa che colloca in mobilità i dipendenti e
quella che li assume. Si è altresì specificato (Sez. L, Ordinanza n. 9662 del 05/04/2019, Rv. 653616 –
02) che, in tema di sgravi contributivi, qualora l’INPS contesti e dimostri
l’esistenza di un collegamento societario o di altre fattispecie di fatto
(quali, ad esempio, i cd. assetti proprietari sostanzialmente coincidenti)
giuridicamente idonee a imporre di valutare gli incrementi occupazionali utili
al godimento degli sgravi nell’ambito di una base aziendale più ampia di quella
riguardante una sola impresa o società, spetta al datore di lavoro dimostrare
l’esistenza di ulteriori elementi tali da far escludere la ricorrenza di un
controllo di diritto o di fatto o comprovare, su tale più ampia base aziendale,
il sussistere comunque dell’incremento occupazionale che sia condizione, come è
nel caso dell’art. 3, comma 6,
lett. d) della I. n. 448 del 1998, del diritto alla fruizione degli sgravi
stessi (altresì Sez. L, Sentenza n. 10428 del
27/04/2017, Rv. 644038 – 01, secondo la quale, in tema di sgravi
contributivi, ai fini di ottenere l’applicazione dei benefici previsti dall’art. 8 della I. n. 223 del 1991,
nell’ipotesi di cessione d’azienda, è onere del datore di lavoro fornire la
dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura societaria e
delle significative integrazioni apportate al complesso originario per
consentire a quello ceduto di svolgere autonomamente la propria funzione
produttiva).

Quanto alla spettanza nel merito degli sgravi, il
relativo presupposto è costituito dall’effettivo incremento occupazionale
realizzato dall’impresa, e dunque – nel caso di impresa che ha acquistato ramo
di azienda cui erano addette le maestranze in relazione alle quali gli sgravi
sono richiesti- dalla diversità delle imprese e delle relative attività e
dall’inesistenza di un obbligo assuntivo in capo al cessionario.

Questa Corte ha sul tema affermato (Sez. L, Sentenza
n. 8988 del 07/04/2008, Rv. 602856 – 01) che il riconoscimento dei benefici
contributivi previsti dall’art.
8, comma 4, legge n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono
personale dipendente in mobilità, presuppone che queste ultime non abbiano
assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che
ebbe a procedere ai licenziamenti – come deriva ove esistano rapporti di
coniugio o di parentela – e, comunque, deve essere insussistente un
collegamento o controllo tra le due imprese che si traduca in operazioni coordinate,
anche di ristrutturazione complessiva, con spostamento di parte della forza
lavoro dall’una all’altra impresa ed esclusione di un reale incremento della
forza complessivamente occupata; ne consegue, pertanto, che, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., grava sull’impresa, che – in
deroga all’ordinario obbligo contributivo – invoca il diritto al riconoscimento
dei benefici, la prova dell’inesistenza dei fatti negativi e il relativo onere
può essere soddisfatto con la dimostrazione di uno specifico fatto positivo
contrario ovvero mediante presunzioni.

Altre pronunce hanno invece posto l’accento
sull’obbligo assuntivo a carico del cessionario, essendosi osservato (Sez. L, Sentenza n. 17838 del 09/09/2015, Rv. 636944 –
01) che l’art. 8, comma 4,
della I. n. 223 del 1991 prevede il beneficio della decontribuzione in
favore del datore di lavoro che, “senza esservi tenuto”, assuma a
tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, al
fine di incentivare le assunzioni dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro
e presuppone la creazione di nuovi posti per esigenze proprie dell’azienda, in
assenza di un obbligo all’assunzione, sicché l’agevolazione non compete nelle
ipotesi di automatico trasferimento dei rapporti di lavoro subordinato,
esistenti al momento della cessione, effettuato ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., senza soluzione di
continuità, in capo al cessionario. Anche per Sez.  L, Sentenza n. 16444 del 03/11/2003, Rv.
567842 – 01, il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall’art. 8, quarto comma, legge n. 223
del 1991, in favore delle imprese che assumono personale dipendente già
licenziato a seguito della procedura di mobilità ex art. 4 e 24 della stessa legge,
presuppone che vengano accertate l’effettiva cessazione dell’originaria azienda
e la nuova assunzione da parte di altra impresa in base ad esigenze economiche
effettivamente sussistenti; ne consegue che, ove l’azienda originaria, intesa
nel suo complesso, abbia continuato o riprenda ad operare (non importando né se
titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante né lo strumento
negoziale attraverso cui si sia verificata la cessione dell’azienda), la
prosecuzione del rapporto di lavoro o la sua riattivazione presso la nuova
impresa costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di
lavoro, ma l’effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art. 2112 cod. civ., come modificato dall’art. 47 legge n. 428 del 1990 e
dal decreto legislativo n. 18 del 2001), come
tale non meritevole dei benefici della decontribuzione,

Nella specie, l’assunzione dei lavoratori in
mobilità era conseguenza di un obbligo sia a seguito dell’acquisto del ramo di
azienda (ove veniva svolta la medesima attività, anche con le stesse maestranze
già occupate), sia in ragione di accordo sindacale stipulato con il socio unico
della S. M. s.r.l.

La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai
principi su indicati, va dunque cassata e la causa rinviata alla corte
d’appello di Venezia anche per le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’Appello di Venezia per un nuovo esame ed anche per le spese
del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29367
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