Il dipendente appartenente alle categorie protette avviato al lavoro, ma respinto dall’azienda per mancanza di posti vacanti del suo livello professionale, può richiedere all’Ente che l’ha avviato il risarcimento per perdita di chances.
Nota a Cass., ord., 16 agosto 2021, n. 22931
Francesco Belmonte
In caso di avviamento al lavoro illegittimo, l’unico danno risarcibile è quello per perdita di chances, il cui onere della prova incombe sul lavoratore. Quest’ultimo deve dimostrare, anche mediante presunzioni, che con un diverso avviamento avrebbe potuto probabilmente conseguire l’assunzione desiderata.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione (ord. 16 agosto 2021, n. 22931) in relazione ad una fattispecie concernente la mancata assunzione, da parte dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), di una dipendente iscritta nelle liste del collocamento delle categorie protette degli orfani, vedove e profughi, avviata al lavoro dalla Provincia di Roma, ai sensi dell’art. 9, co. 6, L. n. 68/99.
L’INF aveva giustificato il suo diniego in ragione dell’assenza di posizioni libere nei profili professionali richiedenti il solo requisito della scuola dell’obbligo, posseduto dalla lavoratrice.
Tale circostanza era conosciuta dalla Provincia, la quale aveva disposto comunque l’avviamento della donna.
La Corte d’Appello di Roma (11 marzo 2015, n. 1516), in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato l’Ente responsabile dell’avviamento illegittimo al risarcimento del danno in favore della dipendente, in misura corrispondente alle retribuzioni che avrebbe ottenuto dall’INFN se fosse stata assunta con un valido avviamento.
Per la Cassazione, invece, diversamente da quanto statuito in sede di merito, il solo danno risarcibile in tale circostanza è quello da perdita di chances, poiché il comportamento illegittimo della p.a. incide sulla possibilità del soggetto danneggiato di ottenere un avviamento diverso (v., in tale linea, Cass. n. 13483/2018).
Per tale tipologia di danno, l’onere della prova incombe sul lavoratore, il quale, anche in via presuntiva, deve dimostrare la probabilità di ottenere il risultato utile sperato.
Per la Cassazione: “ove detto onere sia stato assolto, il danno, che non coincide con le retribuzioni perse, va liquidato in via equitativa ed a tal fine l’ammontare delle retribuzioni perse può costituire un parametro. Occorre comunque tener contro del grado di probabilità e della natura del danno da perdita di chances, che non consiste nella perdita di un vantaggio economico ma dalla possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante, rapportata al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità”.