Il cittadino italiano, iscritto all’AIRE e dipendente di una società estera, al rientro in Italia può usufruire del regime speciale per i lavoratori “impatriati” anche se continua a svolgere l’attività lavorativa in smart working per la medesima società straniera.
Nota AdE Risp. 16 settembre 2021, n. 596
Marialuisa De Vita
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 596 del 16 settembre 2021, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime speciale per i lavoratori c.d. “impatriati” che svolgono l’attività lavorativa in Italia, ma alle dipendenze di una società estera.
Nel caso di specie, un cittadino italiano, residente negli Stati Uniti dal 2013, volendo rientrare in Italia, si rivolgeva all’Agenzia delle Entrate, rappresentando che:
- dal 30 giugno 2014 al 31 gennaio 2016 aveva lavorato alle dipendenze di una società statunitense;
- dal 1º febbraio 2016 lavora alle dipendenze di un’altra società statunitense;
- dal 23 febbraio 2021 il datore di lavoro estero gli ha accordato la possibilità di lavorare a distanza dall’Italia per un periodo di almeno due anni.
Volendo usufruire di tale possibilità, l’istante chiedeva all’Amministrazione finanziaria se vi fossero le condizioni per beneficiare del regime degli impatriati durante il periodo di permanenza in Italia.
Nell’argomentare la propria soluzione, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato le condizioni di operatività del regime in esame.
Come noto, ai sensi dell’art. 16 del D.LGS n. 147/2015, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente e i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza fiscale, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% del loro ammontare, ovvero nei limiti del 10% se si trasferiscono nelle regioni meridionali (Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Abruzzo). Tale regime trova attuazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Per poter beneficiare della suddetta agevolazione i soggetti che rientrano in Italia devono essere in possesso dei requisiti previsti, in via alternativa, dal comma 1 e dal comma 2 dell’art. 16 summenzionato.
In dettaglio, possono accedere al regime agevolativo solo i lavoratori che (art. 16, comma 1 del D.LGS. n. 147/2015):
- non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanervi per almeno due anni;
- prestano l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Il regime in questione vale anche per i cittadini UE e, dal 2017, per quelli di Stati extra UE (con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale) che soddisfano uno dei seguenti requisiti (art. 16, comma 2 del D.LGS. n. 147/2015):
- sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, ovvero autonomo oppure d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea ovvero una specializzazione post lauream.
Con riferimento al caso di specie, nell’ammettere il lavoratore istante a fruire del regime di favore, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato i chiarimenti forniti con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, laddove, al paragrafo 7.5, precisa che l’art. 16 non richiede per beneficiare del regime in esame che l’attività lavorativa sia svolta necessariamente per un’impresa operante sul territorio nazionale.
Ne deriva – ad avviso dell’Amministrazione finanziaria – che «possono accedere all’agevolazione [anche – ndr.] i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti)», purché non siano stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnino a permanervi per almeno due anni.