Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 ottobre 2021, n. 30321
Rapporto di lavoro, Riconoscimento del diritto al superiore
inquadramento, Differenze economiche, Accertato svolgimento di mansioni
superiori
Rilevato
che il giudice del lavoro del Tribunale di Parma,
pronunziando sulla domanda proposta da P.A. nei confronti dell’INPS, volta ad
ottenere il riconoscimento del diritto al superiore inquadramento nell’area Cl
ed alla corresponsione delle differenze retributive rispetto all’area di inquadramento,
dapprima A e poi B, accolse solo la domanda concernente le pretese differenze
economiche per effetto dell’accertato svolgimento di mansioni superiori con
riferimento al periodo 1/7/1998 – 31/3/2000 e condannò l’Inps al pagamento del
relativo importo; che la Corte d’appello di Bologna, investita
dall’impugnazione dell’Inps, respinse il gravame (sentenza del 4.6.2014), dopo
aver rilevato, per quel che qui ancora interessa, che dai conteggi acclusi e
dalla CTU contabile non emergeva quanto lamentato dall’Inps in ordine
all’asserita duplicazione del salario di professionalità, dell’indennità di
sperimentazione e del conseguente trattamento di garanzia;
che per la cassazione di tale decisione ricorre
l’INPS, affidando l’impugnazione ad un motivo, cui resiste con controricorso la
A.;
che entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato
che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente
denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del d.lgs n. 29 del
1993, come sostituito dall’art. 25 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente
modificato dall’art. 15 del d.lgs n. 387 del 1998, ora art. 52 del d.lgs n. 165
del 2001 (art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.), dell’art. 24, comma 5, CCNL
1998/2001, dell’art. 41 CCNL 1995, dell’art. 15, comma 2, I. n. 88/1989,
dell’art. 1362 c.c. con riguardo all’art. 19 CCNI 1999 e all’Accordo quadro del
22.10.2001;
che l’Inps muove dalla premessa che il periodo
oggetto di domanda ricadeva sotto la previgente disciplina della
classificazione del personale ex D.Ivo n. 80/1998, mentre solo dal luglio del
1999 con il contratto integrativo collettivo era stata data attuazione al nuovo
sistema di classificazione del personale funzionale al nuovo modello
organizzativo adottato dall’istituto di previdenza, ma con rinvio ad altra
contrattazione per la regolamentazione delle problematiche riguardanti le
mansioni superiori; il rinvio trovava giustificazione nel fatto che i nuovi
modelli organizzativi, sperimentati prima del luglio 1999, altro non erano che
“sperimentazione” e “attività di formazione” in ragione
delle quali al personale interessato furono corrisposte quote di salario
accessorio in esatto sinallagma con le attività superiori che, a tutto
concedere, andavano detratte dalle differenze retributive reclamate;
che il ricorrente precisa che già in appello aveva
evidenziato che, a fronte del coinvolgimento in un’attività formativa “sul
campo” consistente prevalentemente nell’affidamento di funzioni
polivalenti in affiancamento a funzionari di diversa qualifica ed esperienza,
la contrattazione decentrata per il 1997 e il 1998 aveva riconosciuto al
personale della VI qualifica una doppia indennità: salario di professionalità e
trattamento integrativo ABC” giusta le previsioni di cui all’allegato n. 1
paragrafo II lettera E del CCDE per l’anno 1997 e dell’art. 19 del CCNI del
27.7.1999 con decorrenza da agosto 1999, e quanto al trattamento ABC che esso è
stato attribuito in ragione della qualifica di appartenenza a prescindere dalle
mansioni svolte e quindi non è comunque dovuto alcun importo a tale
titolo”; orbene, secondo l’assunto difensivo dell’Inps, tali indennità
erano corrispettive delle mansioni di più elevato contenuto professionale (per
espressa previsione dell’art. 41 CCNL 1995) ed erano, pertanto, incompatibili
con un ulteriore riconoscimento di differenze retributive; si imponeva,
pertanto, una distinzione tra le cennate mansioni di più elevato contenuto
professionale, di cui al citato art. 41 CCNL 1995, e le rivendicate mansioni
superiori esercitate in fatto ai sensi dell’art. 56 D.Igs n. 29/1993;
che la Corte d’appello di Bologna, secondo l’Inps,
non ha, invece, tenuto nella debita considerazione la circostanza che il
salario accessorio percepito dalla A. per il periodo oggetto di causa andava a
compensare interamente le mansioni svolte dalla medesima;
che, in definitiva, il ricorrente chiede
l’annullamento della sentenza nella parte in cui la Corte bolognese non ha
ritenuto del tutto compensative le quote del salario accessorio percepite;
che il ricorso è fondato nei seguenti termini:
invero, in casi analoghi questa Corte (sentenze nn. 7564, 7565 e 7566 del 2014)
ha avallato la decisione della Corte territoriale che aveva accolto la tesi
dell’Inps, affermando che non potevano essere rivendicate differenze retributive
(collegate allo svolgimento di mansioni di Cl rispetto a quelle delle
precedenti aree A e B) per il periodo precedente l’ultimo inquadramento in
quanto per scelta delle parti contrattuali, a seguito dell’introduzione del
lavoro per processi ed in particolare della sperimentazione organizzativa e dei
crescenti compiti che ne erano scaturiti, al personale di sesta qualifica era
stata riconosciuta una doppia indennità – e cioè il salario di professionalità
(correlato al percorso di accrescimento professionale di ogni dipendente
rispetto alla qualifica di appartenenza) e l’indennità ex art. 41 del c.c.n.l.
1995 (collegata a sperimentazione e formazione del personale di 4 0 e 6°
livello) – che compensava la maggiore professionalità richiesta rispetto ai
contenuti di ciascuna qualifica ed il cui complessivo ammontare determinava
addirittura il superamento delle differenze tabellari rivendicate;
che, nel confermare la decisione impugnata, questa
Corte affermava in tali precedenti che le differenze erano proprio destinate a
compensare il quid pluris richiesto dalla fase sperimentale in attesa che
all’esito …. l’accrescimento professionale comportasse il formale
riconoscimento della qualifica;
che non è, quindi, condivisibile il ragionamento
della Corte bolognese nella parte in cui, nell’escludere l’asserita
duplicazione del salario di professionalità, dell’indennità di sperimentazione
e del conseguente trattamento di garanzia, afferma che era stato adottato il
criterio del conglobamento, a mente del quale era stata calcolata la differenza
tra retribuzione ed elementi accessori percepiti nella qualifica formalmente
rivestita e gli stessi emolumenti principali ed accessori propri del profilo
“ad quem” in relazione al disimpegno di fatto delle relative superiori
mansioni;
che in tal modo la Corte territoriale non ha
considerato che le quote di salario accessorio erano state corrisposte per lo
svolgimento delle attività superiori e della formazione e che le stesse
dovevano essere detratte dalle differenze retributive reclamate;
che, pertanto, il ricorso va accolto e l’impugnata
sentenza va cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna che,
in diversa composizione, procederà alla rideterminazione delle differenze
retributive sulla scorta dei suddetti principi, oltre che alla liquidazione
delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa
composizione.