Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2021, n. 31821
Tributi, Agevolazioni fiscali, Soggetti colpiti dal sisma in
Sicilia del 1990, Rimborso maggiori imposte versate, Ritenute alla fonte,
Istanza di rimborso del sostituto d’imposta, Illegittimità
Rilevato che
La CTR della Sicilia ha accolto l’appello proposto
dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza n. 1052/2011 della CTP di Catania
che aveva accolto il ricorso proposto dalla società M.P. s.r.l., avverso il
rigetto della richiesta di rimborso dell’imposte IRPEF, già versate per gli
anni 1990, 1991 e 1992. La CTR ha motivato la propria decisione ritenendo che –
trattandosi di agevolazioni per i residenti in zone soggette al sisma del 1990
– il beneficio doveva ritenersi attuabile sia in favore di chi non aveva ancora
pagato (con versamento del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16.3.2003),
sia in favore di chi aveva già pagato (attraverso il rimborso del 90% di quanto
versato, siccome indebito formatosi ex lege per effetto di ius superveniens);
quanto al termine per valere il diritto alla ripetizione, ha superato
l’eccezione dell’Ufficio ritenendo che il termine per la presentazione
dell’istanza andava calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della
legge 28/02/2008 n. 31. Infine, la CTR limita
il rimborso del dovuto alle somme versate per Irpeg con esclusione degli
importi relativi all’Iva e alle ritenute alla fonte. Per l’Iva, richiama la
decisione della Corte di giustizia Europea del 17/07/2008 e l’incompatibilità
col diritto comunitario della legge n. 289 del 2002
per la condonabilità dell’Iva. Per le ritenute alla fonte, afferma che il
rimborso avrebbe dovuto essere richiesto da ciascun dipendente contribuente e
non dalla società ricorrente, sostituto di imposta.
La società contribuente ha interposto ricorso per
cassazione affidato a tre motivi successivamente illustrato con memoria.
Con il primo motivo di ricorso deduce la nullità
della sentenza d’appello per violazione di legge (articoli 22, 51 e 53 d.lgs. n. 546 del 1992,
in relazione al n. 3 ed al n. 4 dell’art. 360,
primo comma, cod. proc. civ.) per avere giudici di secondo grado omesso di
rilevare che l’Agenzia delle entrate, pur avendo notificato l’atto di appello
mezzo posta, non aveva depositato in segreteria, nel termine di 30 giorni, la
fotocopia della relativa ricevuta di spedizione del piego postale raccomandato,
così violando le norme che regolano la costituzione in giudizio dell’appellante
e segnatamente dell’articolo
22, primo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992.
Col secondo mezzo, deduce la nullità della sentenza
per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
in relazione all’articolo 360 n. 3 e 4 cod. proc.
civ., nella parte in cui hanno negato che la società M.S. s.r.l. fosse
l’effettiva titolare del credito di rimborso delle ritenute alla fonte in
ragione del particolare rapporto che si istituisce tra il sostituto d’imposta
ed il di sostituito, quest’ultimo effettivo ed unico titolare del diritto alla
restituzione.
Deduce la ricorrente che la CTR non avrebbe potuto
rilevare d’ufficio la questione, così interferendo nel potere dispositivo
nell’onere deduttivo dell’agenzia delle tratte in violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ.
Col terzo deduce la violazione e falsa applicazione
dell’articolo 38, d.P.R. n.
602 del 1973, in relazione all’articolo 360,
primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che il
rimborso delle ritenute alle fonte andasse richiesto dai dipendenti
contribuenti.
L’Agenzia delle entrate ha presentato “atto di
costituzione” al solo fine della partecipazione all’udienza pubblica.
Considerato che
Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
Col primo mezzo, la società ricorrente deduce
l’inammissibilità dell’appello per mancato deposito in segreteria, nel termine
di giorni trenta assegnato dalla legge, della fotocopia della ricevuta di
spedizione (v. ultima parte di pagina 3 e primo capoverso di pagina 4); rileva,
altresì, che sebbene la copia della ricevuta di spedizione risulta indicata al documento n.2 nell’indice
dell’atto di appello [“fotocopia della ricevuta di spedizione tramite
posta (racc. a.r.)]”, essa altro
non è che una “distinta” di spedizione contenente una serie di
elementi identificativi (mittente, destinatario, luogo di destinazione, codice
dell’ ufficio postale riprodotto stampa, data, codice a barre, numero della
raccomandata postale 13549792162 – 7), ma mancante del timbro postale e della
sottoscrizione dell’agente postale, elementi a suo dire indispensabili per
qualificare la stessa come ricevuta di spedizione.
Nell’esposizione del motivo, la società ricorrente
pur ammettendo la regolare produzione dell’avviso di ricevimento da parte
dell’Amministrazione appellante (v. pag. 8, terzo capoverso), sostiene che tale
produzione non incide sull’inammissibilità dell’appello che conseguirebbe
“de plano” all’omesso deposito della ricevuta di spedizione.
La questione posta trova soluzione nella
giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui «nel processo
tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità dell’appello (o del
ricorso), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale
universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della
costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della
raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del
plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento
medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con
stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal
caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima
funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece,
in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o
comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento
può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o
dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente
postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione
dell’atto o della sentenza.» (v. Sez. U, Sentenza nn. 13452 e 13453 del
29/05/2017).
Nella specie, considerato che la società
contribuente non contesta che l’Agenzia delle entrate, abbia depositato
l’avviso di ricevimento del plico al momento della sua costituzione, e
considerato che dalla verifica del fascicolo processuale tale avviso è munito
della data di spedizione asseverata dall’ufficio postale con proprio timbro
datario (avviso di ricevimento n.135497921627, destinatario M.P. s.r.l. c/
Tott. L.R.G., munito di firma del ricevente e di timbro datario dell’Ufficio
postale del 17/2/2011), non sussiste alcuna inammissibilità dell’appello avendo
l’avviso di ricevimento assolto alla medesima funzione probatoria che la legge
assegna alla ricevuta di spedizione.
Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso – che
si esaminano congiuntamente per connessione di censure – sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte, (cfr., Sez. 6-5,
Ordinanza n. 18905 del 26/09/2016, Rv. 641481-01) con argomenti condivisi,
afferma: «l’art. 9, comma 17, della
I. n. 289 del 2002, che consente al contribuente delle province siciliane
coinvolte nel sisma del 1990 di recuperare il 90 per cento di quanto dovuto e
versato a titolo d’imposte, in deroga al principio per cui la sanatoria non
consente di ottenere rimborsi dallo Stato, risponde ad una logica particolare e
diversa dagli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto tesa ad indennizzare
i soggetti coinvolti in eventi calamitosi, sicché la legittimazione spetta al
solo soggetto passivo d’imposta in senso sostanziale e non anche al sostituto
d’imposta» (cfr., altresì, n. 12083 del 2012,
Rv. 623326-01, n. 15252 del 2016, Rv. 640825-
01, n. 18205 del 2016 Rv. 641051-01; acide, Sez. 5, 28/02/2020 n. 5498, Rv. 657366-01). Tale
principio ha trovato l’avallo del Legislatore che con l’art. 16-octies, comma 1, lett. b),
della legge n. 123 del 2017, di conversione con modifiche del d.l. n. 91 del 2017, ha modificato l’art. 1, comma 665, della legge n.
190 del 2014 specificando espressamente che tra « soggetti colpiti dal
sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania,
Ragusa e Siracusa, [..], che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992
per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27
dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni e che «hanno diritto, con
esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, [..] al rimborso di
quanto indebitamente versato», sono «compresi i titolari di redditi di lavoro
dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di
lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite» (cfr., Cass. Sez. 5, Ordinanza 26/03/2018 n. 7509).
Il ricorso va, dunque, integralmete rigettato.
Nulla si provvede in ordine alle spese del presente
giudizio, non avendo l’Amministrazione finanziaria, vittoriosa, svolto attività
difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma
del comma 1-bis, dello stesso articolo
13, se dovuto.