Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2021, n. 31109
Rapporto di lavoro, Mansioni di addetto ai servizi di pulizia
– Appalto, Trattamenti retributivi e contributivi, Obbligazione solidale
Rilevato che
1. la Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del
23 ottobre 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato
l’opposizione promossa da Autostrade per l’Italia Spa avverso il decreto
ingiuntivo emesso in favore di M.S. con il quale era stato ingiunto il
pagamento, in solido con la datrice di lavoro V. Srl ex art. 29, co. 2, d. Igs.
n. 276 del 2003, della somma pari ad euro 1.261,05 “a titolo di ratei
tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità sostitutiva ferie e permessi
ROL non goduti e trattamento di fine rapporto, maturati in relazione al
rapporto di lavoro, con mansioni di addetto ai servizi di pulizia (oggetto
dell’appalto) intercorso dal 5.5.2010 al 1.7.2010 alle dipendenze della V. Srl,
aderente al Consorzio C. Service” (il quale aveva a sua volta stipulato un
contratto di appalto con la società Autostrade);
2. la Corte territoriale – per quanto qui rileva –
interpretando l’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 prima delle modifiche
apportate dal d.l. n. 5 del 2012 (convertito in legge n. 35 del 2012) e dalla
legge n. 92 del 2012, ha ritenuto sussistente, nei confronti del committente,
un’obbligazione solidale in senso stretto (e non una garanzia sussidiaria) per
i trattamenti retributivi e contributivi maturati nei confronti
dell’appaltatore-datore di lavoro, con conseguente irrilevanza della preventiva
escussione del patrimonio dell’appaltatore; di conseguenza, ha respinto
l’istanza di estensione del contraddittorio nei confronti del consorzio C., non
potendosi rinvenire un litisconsorzio necessario, e – in ordine alle somme
richieste – ha confermato la natura retributiva di tutti gli istituti
richiesti, comprensivi dell’importo del trattamento di fine rapporto maturato
in relazione al rapporto di lavoro dedotto in giudizio;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso la società soccombente con 4 motivi, illustrati anche da memoria; non
hanno svolto attività difensiva le intimate M. S. e V. Srl, quest’ultima
contumace anche in appello;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso la società
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 29, co. 2, d. Igs. n. 276
del 2003, per non avere la Corte territoriale considerato inapplicabile detta
disposizione in presenza di un appalto pubblico quale quello sussistente tra
Autostrade ed il Consorzio C. Service; la censura è inammissibile in
considerazione della sua novità; secondo giurisprudenza consolidata di questa
Suprema Corte qualora una determinata questione giuridica – che implichi un
accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di
legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità
della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex
actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la
questione stessa (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass.
n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n.
6542 del 2004); nella specie la questione non è affrontata nella sentenza
impugnata e la parte ricorrente non indica il come ed il quando la medesima –
che peraltro implica accertamenti di fatto – sia stata introdotta nel giudizio;
2. il secondo motivo denuncia ancora violazione e
falsa applicazione dell’art. 29 d. Igs. n. 276/2003 cit., in relazione all’art.
12 disp. preliminari cod. civ. ed agli artt. 3, 4, e 111 Cost.; censura
l’interpretazione del disposto richiamato nel testo applica bile ratione
temporis prima delle modifiche operate dall’art. 21 del d.l. n. 5 del 2012,
conv. in I. n. 35 del 2012, e poi dall’art. 4, co. 31, lett. a) e b) I. n. 92
del 2012, secondo cui tale previsione contemplerebbe un’ipotesi di
responsabilità solidale e non sussidiaria del soggetto committente; si sostiene
che tale interpretazione fatta propria dalla Corte di merito si porrebbe in
conflitto con superiori principi costituzionali relativi al diritto di difesa
di cui all’art. 24 Cost., al principio di parità tra le parti di cui all’art.
111 Cost. ed ai principi di uguaglianza é ragionevolezza di cui all’art. 3
Cost.;
la censura è priva di fondamento, in ossequio ai
principi di diritto già sanciti e confermati da questa Corte da cui non vi è
ragione di discostarsi; invero “in tema di contratto di appalto, l’art.
29, comma 2, del d. Igs n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle
modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. in I. n. 35 del
2012, e dalla I. n. 92 del 2012, non prevedeva un regime di sussidiarietà bensì
un’obbligazione solidale del committente con l’appaltatore per il pagamento dei
trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti al dipendente,
come si evince dal tenore letterale della norma nonché dalla sua ratio, intesa
ad incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente
a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di
decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e
utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore” (Cass. n.
31768 del 2018); inoltre “in tema di appalto di opere o di servizi, nella
successione delle disposizioni diversamente regolanti, alla stregua di
solidarietà in senso stretto ovvero sussidiaria (per la previsione di un
beneficio di escussione), la responsabilità del committente imprenditore o
datore di lavoro con l’appaltatore, ai sensi dell’art. 29, secondo comma, d.
Igs. n. 276/2003, si applica, per la sua natura sostanziale, il regime di
solidarietà vigente al momento di assunzione dell’obbligazione, e, quindi, di
insorgenza del credito del lavoratore” (Cass. n. 4237 del 2019; Cass. n.
29629 del 2019); tale interpretazione si sottrae al sospetto di illegittimità
costituzionale, come già argomentato da questa Corte in altre controversie in
cui era stata sollevata analoga questione (v. Cass. n. 31768 del 2018; Cass. n.
15958 del 2019; alle quali si rinvia integralmente); in particolare, la
manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità formulata
dall’odierna ricorrente deriva dal fatto che il meccanismo prefigurato dal legislatore
è in funzione di rafforzamento e di effettività di tutela di interessi,
connessi allo status di lavoratore, e che la solidarietà, nel caso di specie,
operando in funzione di garanzia del credito di lavoro, contempla comunque la
giuridica possibilità per il soggetto committente di agire, in via di regresso,
per l’intero, nei confronti dell’appaltatore;
3. dal rigetto del secondo motivo di ricorso
discende coerente anche l’infondatezza del terzo mezzo con cui parte ricorrente
critica la sentenza impugnata ancora per violazione dell’art. 29 più volte
richiamato, in relazione agli artt. 115 e 331 c.p.c. e all’art. 24 Cost., per
avere rigettato la richiesta di estensione dl contraddittorio nei confronti del
Consorzio C. Service; infatti è dirimente la considerazione che la struttura
solidale dell’obbligazione, consentendo ad ogni creditore di esigere – e obbligando ciascun debitore a corrispondere –
l’intero, esclude il ricorrere di un’ipotesi di litisconsorzio necessario con
gli altri obbligati (Cass. n. 23422 del 2016; Cass. n. 17795 del 2011; Cass.
Ss.UU. n. 14700 del 2010; Cass. n. 14844 del 2007), né può essere sindacata in
questa sede di legittimità la scelta dei giudici di merito che non hanno inteso
accogliere la chiamata in causa dell’impresa appaltatrice (in analoga
fattispecie v. ancora Cass. n. 15958/2019);
4. l’ultimo motivo deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 29 d. Igs. n. 276/2003 cit., dell’art. 2697 c.c. e degli
artt. 2109 e 2120 cod. civ.; si censura la sentenza impugnata per avere
ritenuto non contestate le circostanze di fatto
alla base della pretesa azionata ed i relativi conteggi; ci si duole,
inoltre, che la responsabilità solidale della società committente sia stata
affermata anche in relazione al credito per ferie e permessi non goduti, oltre
che a quello per trattamento di fine rapporto, “senza accertare se esso
afferisse o meno per l’intero periodo oggetto del contratto di appalto”;
il motivo può essere accolto nei limiti descritti
dalla motivazione che segue, in conformità ad altri precedenti di questa Corte
già resi rispetto ad analogo motivo di ricorso in vicenda sovrapponibile (v.
Cass. n. 32504 del 2018; Cass. n. 6943 del 2019; Cass. n. 15756 del 2019; Cass.
n. 15957 del 2019; Cass. n. 15958 del 2019);
innanzitutto è da respingere la censura circa la
ritenuta non contestazione di alcune circostanze di fatto alla base della
pretesa monitoria e dei conteggi che la sorreggono: la doglianza non è,
infatti, articolata con modalità idonee alla valida censura della sentenza di
appello richiedendosi a tal fine la trascrizione degli atti sulla cui base il
giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che l’odierna
parte ricorrente pretende di negare (Cass. n. 20637 del 2016), non essendo
sufficiente il solo stralcio relativo al ricorso in opposizione al decreto
ingiuntivo che peraltro contiene una contestazione del tutto generica; parimenti da respingere è la doglianza
secondo la quale il T.F.R. sarebbe stato riconosciuto anche in relazione a
periodi nei quali la lavoratrice non era stata impiegata in attività connesse
all’esecuzione dell’appalto e, comunque, “senza accertare se esso
afferisse o meno per l’intero periodo oggetto del contratto di appalto”;
invero, la sentenza impugnata ha riconosciuto il T.F.R. maturato in relazione
all’attività espletata nell’ambito dell’appalto secondo quanto si evince a pag.
2 ove si indicano gli emolumenti retributivi, richiesti con ricorso per decreto
ingiuntivo, afferenti esclusivamente al periodo oggetto di appalto, nonché
allorquando la Corte, facendo la ricognizione dei compensi oggetto di condanna,
aggiunge “risultando incontestato che trattasi di emolumenti dovuti e
maturati in costanza di appalto”; né, d’altro canto, parte ricorrente
specificamente indica gli atti dai quali desumere che le somme ingiunte a
titolo di trattamento di fine rapporto eccedessero il periodo dell’appalto e
ogni ulteriore accertamento di fatto è precluso in questa sede di legittimità;
per le poste residue, invece, va data continuità
all’indirizzo con cui è stato puntualizzato che, nella garanzia solidale in
discorso, vanno ricompresi i soli crediti aventi natura strettamente
retributiva (Cass. n. 27678 del 2018; Cass. n. 31768 del 2018; Cass. n. 10354
del 2016); ne consegue l’applicazione del regime della solidarietà al credito
per T.F.R. e per mensilità aggiuntive, che si pongono in stretta
corrispettività con l’espletamento della prestazione lavorativa, e l’esclusione
da tale garanzia dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti
(v., in termini, Cass. n. 10354 del 2016), i quali hanno natura risarcitoria
(v. Cass. n. 8627 del 1992; Cass. n. 2231 del 1997; Cass. n. 8212 del 1997;
Cass. n. 13039 del 1997; Cass. n. 3298 del 2002); conclusivamente, da quanto
esposto, deriva il rigetto dei primi tre motivi di ricorso e l’accoglimento,
nei limiti sopra evidenziati, del quarto mezzo, con cassazione sul punto della
sentenza impugnata e rinvio ad altro giudice indicato in dispositivo che si
uniformerà a quanto statuito e regolerà nuovamente le spese;
P.Q.M.
accoglie per quanto di ragione il quarto motivo di
ricorso, rigettati gli altri; cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
Appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese.