Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2021, n. 34484

Tributi, IRAP, Avvocato, Esercizio dell’attività come
collaboratore esterno di uno studio legale, Presupposto impositivo,
Esclusione

 

Rilevato che

 

Con sentenza n. 169/36/12 la Commissione tributaria
regionale della Lombardia respingeva l’appello incidentale del contribuente ed
accoglieva l’appello principale proposto dall’Ufficio avverso la sentenza con
la quale la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto, il ricorso
proposto da D.M. avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione
sull’istanza di rimborso dell’Irap versata, negli anni 2005 e 2006, e ritenuta
non dovuta.

Evidenziava la CTR che se l’appello dell’Ufficio era
infondato, nella parte in cui ometteva di considerare che in base alle regole
di collaborazione tra organi della stessa amministrazione, l’ufficio
incompetente è tenuto a trasmettere a quello competente le istanze erroneamente
presentate dal contribuente, per altro verso il gravame andava accolto nel
merito in quanto emergeva dagli atti che il contribuente, per svolgere la
propria attività di avvocato, si era avvalso di un’autonoma organizzazione,
avendo utilizzato beni e servizi propri ed in associazione con altri
professionisti, come dichiarato dallo stesso e rilevato nelle dichiarazioni dei
redditi.

Avverso tale sentenza il contribuente propone
ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste l’Ufficio mediante
controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

1. Con l’unico motivo il contribuente lamenta la
violazione e falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3,
cod. proc. civ.) degli artt. 2 e 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, nonché
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra
le parti (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.),
evidenziando che il presupposto dell’Irap è costituito dall’esercizio di
un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di
beni ovvero alla prestazione di servizi e, come precisato anche dalla
giurisprudenza costituzionale e di legittimità, con riferimento alle attività
professionali, purché il professionista sia il responsabile dell’organizzazione
(e non sia inserito in strutture organizzative riferibili all’altrui
responsabilità ed interesse) e l’attività professionale sia svolta con
l’utilizzo di fattori idonei ad accrescerne la produttività. Tali requisiti
difetterebbero nel caso concreto, posto che il ricorrente esercitava la
professione di avvocato quale semplice collaboratore esterno di uno studio
legale, senza assumere all’interno di esso né una funzione direttiva o di
responsabilità né la qualifica di associato, limitandosi ad utilizzare beni
posti a disposizione dallo studio per l’esercizio dell’attività lavorativa
(ufficio, pc, telefoni e servizi di segreteria).

2. Il motivo è fondato.

2.1. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass.
10/05/2016, n. 9451), componendo il contrasto emerso nell’ambito della sezione
tributaria nella risoluzione di questione di massima di particolare importanza,
hanno affermato il principio che <<con riguardo al presupposto dell’IRAP,
il requisito dell’autonoma organizzazione -previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15
settembre 1997, n. 446-, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando
il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per
l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un
collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».

2.2. La CTR, sulla questione di merito sottoposta al
suo esame, si è invece limitata a ricavare la sussistenza del presupposto per
l’applicazione dell’Irap dal fatto che <<il contribuente, per svolgere la
propria attività di avvocato, si è avvalso di un’autonoma organizzazione,
avendo utilizzato beni e servizi propri ed in associazione con altri
professionisti».

2.3. Così opinando, però, il giudice di merito ha
del tutto trascurato di verificare la sussistenza nel caso concreto dei due
requisiti realmente rilevanti al fine di integrare il presupposto impositivo,
se cioè il contribuente fosse il responsabile dell’organizzazione (e non fosse,
dunque, semplicemente inserito in un’organizzazione riferibile ad altrui
responsabilità ed interesse) e se i beni utilizzati eccedessero il minimo
indispensabile per l’esercizio dell’attività.

3. La sentenza impugnata deve essere pertanto
cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione,
provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla CTR della Lombardia che provvederà, in diversa composizione, anche
per le spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2021, n. 34484
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