Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 novembre 2021, n. 35014
Pretesa contributiva INPS, Cartelle esattoriali, Rapporto di
lavoro degli infermieri “a chiamata”- Prescrizione dei contributi, Termine
Con sentenza del 11.2.15, la Corte d’Appello di
Roma, in parziale riforma della sentenza del 16.10.08 del tribunale della
stessa sede, ha annullato le cartelle esattoriali ed il preavviso di fermo amministrativo impugnati e di cui in
atti, e condannato la R.A.H. al pagamento di euro 498.352 a titolo di
contributi e sanzioni (somme notevolmente inferiori rispetto alla pretesa
contributiva INPS portata dalle cartelle di quasi € 7 milioni di euro).
In particolare, esclusa l’efficacia diretta e
riflessa del giudicato esterno formatosi in giudizio della medesima società nei
confronti dell’INAIL, ed affermata la durata decennale del termine
prescrizionale dei contributi sulla scorta della sentenza
delle sezioni unite n. 6173/08, la Corte territoriale ha ritenuto che il
rapporto di lavoro degli infermieri “a chiamata” -cui si commisurava
parte cospicua dei contributi richiesti dall’INPS – non fosse di lavoro
subordinato, in ragione delle modalità – occasionali e discontinue – della
prestazione lavorativa; la sentenza ha quindi condannato a pagare le somme
suddette, oltre sanzioni, precisando in motivazione che le sanzioni erano
aggiuntive rispetto alle somme contributive (e ciò a differenza di quanto
indicato per errore nel dispositivo letto in udienza, ove la somma oggetto di
pronuncia era indicata come comprensiva di contributi e sanzioni).
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo,
cui resiste con controricorso la società; M.P.S. spa ed Equitalia Sud spa sono
rimaste intimate.
Con unico motivo si deduce ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza
per violazione degli articoli 132 n.4 c.p.c. e 156, in ragione della immodificabilità del
dispositivo nel rito del lavoro e del suo contrasto con la motivazione (che ha
adottato un nuovo dispositivo).
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già precisato (Sez. L, Sentenza n. 1906 del 03/02/2015, Rv. 634195 – 01)
che, nel rito del lavoro, il dispositivo letto in udienza non è più
modificabile da parte del giudice che ha emesso la decisione, sicché è
radicalmente nulla la sentenza con la quale sia stato adottato un nuovo
dispositivo, di contenuto diverso dal precedente.
(Nella specie, il giudice di appello aveva corretto,
nel testo completo della sentenza, il dispositivo letto in udienza, in quanto
inficiato da irrimediabile contrasto fra la prima parte, di rigetto della
domanda di illegittimità del licenziamento, e la seconda, invece di illegittimità
del licenziamento e di condanna alla reintegrazione con relative conseguenze
retributive e contributive) (vedi altresì Sez. L, Ordinanza n. 21885 del
26/10/2010, Rv. 615354 – 01, secondo la quale il dispositivo letto in udienza e
depositato in cancelleria ha una rilevanza autonoma poiché racchiude gli
elementi del comando giudiziale che non possono essere mutati in sede di
redazione della motivazione e non è suscettibile di interpretazione per mezzo
della motivazione medesima, sicché le proposizioni contenute in quest’ultima e
contrastanti col dispositivo devono considerarsi come non apposte e non sono
suscettibili di passare in giudicato od arrecare un pregiudizio giuridicamente
apprezzabile). Ne deriva l’accoglimento del ricorso e la cassazione della
sentenza impugnata con rinvio alla medesima corte territoriale in diversa
composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla medesima corte d’appello in diversa composizione anche per le spese
del giudizio di legittimità.