Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2021, n. 31170
Rapporto di lavoro, Demansionamento, Risarcimento danni,
Licenziamento intimato in costanza di malattia, Crisi aziendale
Rilevato
che, con sentenza del 24 maggio 2018, la Corte d’Appello
di Bologna, chiamata a pronunziarsi sul gravame proposto avverso la decisione
resa dal Tribunale di Bologna sulla domanda proposta da F.M. nei confronti
della C.I. Soc. Coop. Agricola, alle cui dipendenze aveva prestato servizio in
qualità di dirigente, domanda avente ad oggetto l’accertamento a carico della
Società datrice della responsabilità in relazione al demansionamento subito e
la condanna della stessa al risarcimento del danno relativo in tutte le sue
componenti nonché la declaratoria dell’inefficacia del licenziamento intimato
in costanza di malattia con condanna al pagamento delle mensilità spettanti a
titolo di comporto e, comunque, dell’ingiustificatezza del medesimo, con
riconoscimento del preavviso e dell’indennità supplementare di cui all’art. 19
del CCNL di categoria, in parziale riforma della predetta decisione, dichiarava
sussistere il lamentato demansionamento, condannando la Società al risarcimento
del danno biologico e professionale, mentre del licenziamento riconosceva non
l’ingiustificatezza ma soltanto l’inefficacia con condanna della società al
pagamento delle retribuzioni relative al periodo dì comporto;
che la decisione della Corte territoriale discende
dall’aver questa ritenuto effettiva la situazione di crisi aziendale posta a
base dell’intimato licenziamento e di per sé idonea a giustificarlo a
prescindere dai distinti profili di illegittimità della condotta aziendale
concretatisi nel demansionamento del M., accertata dunque in relazione ad esso
la responsabilità della Società con riguardo tuttavia al più circoscritto
periodo luglio 2007/luglio 2010 e la spettanza in favore del M. del
risarcimento del danno biologico, peraltro in riduzione rispetto a quanto
statuito dal primo giudice per il concorso di cause parimenti incidenti sullo
stato di salute, dovute le retribuzioni relative al periodo di comporto per
essere il licenziamento, in effetti intimato in costanza di malattia,
inefficace per la durata del medesimo;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il
M., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la
Società, la quale, a sua volta, propone ricorso incidentale, articolato su tre
motivi, cui resiste, con controricorso, il M.;
che il ricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel
denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, I. n. 604/1966,
lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte
territoriale circa l’idoneità giustificativa, rispetto al licenziamento
intimato al ricorrente, delle ragioni legittimanti la soppressione del posto
occupato dal medesimo, convincimento maturato prescindendo dalla circostanza
per cui il ricorrente, assegnato a quel posto a seguito di un accertato
demansionamento, non ne doveva essere il titolare;
che, con il secondo motivo, denunciando la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2103
e 2729 c.c., il ricorrente lamenta
l’incongruità logica e giuridica dell’iter valutativo in base al quale la Corte
territoriale è pervenuta alla conclusione di escludere il denunciato
demansionamento per il periodo 2000/2007, avendo la Corte medesima trascurato
la rilevanza probatoria del dato presuntivo per cui l’assegnazione del
ricorrente a compiti solo parzialmente coincidenti con quelli in precedenza
svolti risultava espressiva del ridimensionamento dell’originario ruolo
professionale;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento
alla violazione e falsa applicazione degli artt.
2043 c.c. e/o 2087 e 1218 c.c., il ricorrente lamenta la non conformità
a diritto della statuizione con cui la Corte territoriale ha ridotto nella
misura della metà il risarcimento dovuto a titolo di danno biologico stante la
ricorrenza di concause incidenti sullo stato di salute della parte lesa;
che, dal canto suo, la Società ricorrente
incidentale, con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa
applicazione degli arti. 2103, 2094 c.c.
e 41 Cost. in una con il vizio di omesso esame
di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità logica e giuridica
dell’iter valutativo in base al quale la Corte territoriale ha ritenuto
sussistere il lamentato demansionamento per il periodo 2007/2010, non avendo
tenuto in considerazione l’identità del livello professionale implicato dalla
posizione di nuova assegnazione;
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte
territoriale di aver fondato il proprio convincimento in ordine
all’assolvimento dell’onere probatorio in ordine alla ricorrenza del lamentato
danno biologico su certificati medici da considerarsi inattendibili;
che, nel terzo motivo, il vizio di omesso esame di
un fatto decisivo per il giudizio è prospettato con riguardo alla statuizione
resa dalla Corte territoriale in ordine alla spettanza del comporto da parte
del M., statuizione che prescinde dalle eccezioni tempestivamente sollevate
dalla Società relative al riferirsi del certificato a soggetto diverso
denominato “Franco” e non “Francesco” M. ed al recare tale
certificato una data successiva a quella di comunicazione del licenziamento;
che, rilevata l’infondatezza del primo motivo del
ricorso principale, atteso che la giustificatezza del licenziamento del M. è
stata valutata sulla base del dato per cui la riorganizzazione aziendale
invocata a giustificazione del provvedimento aveva investito l’intero settore
commerciale, nel quale il M. pacificamente risultava essere stato sempre
inserito ed in particolare il dirigente responsabile della stessa direzione
dalla quale il M. sosteneva essere stato illegittimamente rimosso e
l’inammissibilità del secondo, non misurandosi le censure mosse dal ricorrente,
limitate al rilievo del dato presuntivo per cui, nel corso del periodo
2000/2007, il M. risultava progressivamente assegnato ad uffici che, nella loro
denominazione, riflettevano ambiti funzionali più circoscritti rispetto a
quelli originari, con le argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale
motiva il convincimento della non desumibilità dell’assunto del ricorrente
dall’estesa prova testimoniale espletata, si deve, viceversa ritenere
meritevole di accoglimento il terzo motivo alla stregua dell’orientamento
accolto da questa Corte ((cfr., da ultimo, Cass. 11.11.2019 n. 28986), secondo
cui, nel concorso tra il fatto dell’uomo con la concausa naturale, quest’ultima
deve ritenersi giuridicamente irrilevante in virtù del precetto
dell’equivalenza causale dettato dall’art. 41 c.p.;
che, quanto ai tre motivi su cui sì articola il
ricorso incidentale della Società,va rilevata l’inammissibilità di ciascuno di
essi, il primo, per essersi la Società ricorrente limitata a confutare, senza
neppure evidenziare í passi idonei a sostenere la propria tesi, la rilevanza
probatoria delle dichiarazioni testimoniali su cui la Corte territoriale ha
fondato il proprio convincimento in ordine alla sussistenza del lamentato
demansionamento per il periodo 2007/2010, il secondo ed il terzo per essere
entrambi carenti sotto il profilo dell’autosufficienza del ricorso, non dando
conto la Società ricorrente nel secondo motivo, attraverso la trascrizione o
l’allegazione della documentazione invocata ed in particolare dei certificati
medici che assume non veritieri, dell’affermata inattendibilità della stessa
ed, analogamente, nel terzo motivo, del contenuto del certificato medico che
assume essere pervenuto in data successiva all’intimato licenziamento, ben
potendo questo (sicuramente riferito al ricorrente dovendosi ritenere essere
“Franco” e “Francesco” lo stesso nome) recare una
attestazione di malattia risalente a data precedente ed anteriore a quella del
recesso;
che, dunque, va accolto il terzo motivo del ricorso
principale, rigettato il primo ed il secondo motivo del ricorso stesso nonché
il ricorso incidentale della Società e la sentenza impugnata cassata con rinvio
alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà in
conformità, disponendo altresì per l’attribuzione delle spese
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso principale
rigettati i primi due del ricorso medesimo ed il ricorso incidentale della
Società, cassa la sentenza impugnatave rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’Appello di Bologna, in diversa composizione.