Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2021, n. 33237

Rapporto di lavoro, Docente di sostegno, Passaggio al ruolo
dei docenti laureati, Differenze retributive, Accertamento

Rilevato che

 

1. con ricorso al Tribunale di Bologna F.L.R., appartenente
al ruolo degli insegnanti tecnico-pratici, qualifica KA06 (docente diplomato
istituti sec. H grado), collocato, previa domanda, come titolare della
Dotazione Organica di Sostegno area disciplinare ADO3 (tecnico professionale
artistica) presso l’Istituto A.-R. di Bologna, conveniva in giudizio il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’Ufficio
Scolastico Regionale e l’Istituto professionale chiedendo che fosse accertato
il suo diritto all’inquadramento di ruolo nella qualifica funzionale KA08
(docente laureato istituti sec. H grado) o in subordine disposto il pagamento
delle differenze retributive maturate nel periodo 1.9.2009-30.9.2010 e
dall’ottobre 2010;

2. il Tribunale respingeva il ricorso;

3. la decisione era confermata dalla Corte d’appello
di Bologna; riteneva la Corte territoriale che il passaggio su posto di
sostegno della scuola secondaria di II grado non comportasse automaticamente il
passaggio al ruolo dei docenti laureati, essendo a tal fine necessario, ai sensi
dell’art. 3, comma 1, n. 4, del c.c.n.l. 12.2.2009, il titolo di studio
prescritto, e cioè la laurea, pacificamente non in possesso del L.R.; escludeva
che potesse essere riconosciuta una autonomia alla categoria degli insegnanti
di sostegno in ragione della tabella di corrispondenza tra aree disciplinari e
classi di concorso ai fini dell’insegnamento di sostegno nella scuola
secondaria di II grado e della circostanza che in un’unica area di sostegno
(AD03) fossero ricomprese le classi di concorso dei gruppi A e C, per il cui
accesso è richiesto rispettivamente il possesso della laurea e del diploma di
scuola secondaria di primo grado, in quanto tale accorpamento era stato
effettuato con esclusivo riferimento alle materie insegnate; rilevava che solo
l’accesso ai corsi di specializzazione fosse aperto ai “docenti abilitati
in canali diversi” a prescindere dal titolo di studio; precisava che
l’attività di sostegno non potesse costituire svolgimento di mansioni superiori
rispetto alla funzione di docente in base ai contenuti della stessa come
descritti dalla normativa contrattuale;

3. per la cassazione della sentenza F.L.R. ha
proposto ricorso con due motivi;

4. Il Miur ha resistito con controricorso.

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 8, del D.M. MIUR 26/5/1998
in combinato disposto con il d.P.R. 31/10/1975 n. 970 successivamente
modificato dalla I. n. 517/1977;

sostiene che non vi è, nelle norme di riferimento,
alcun raccordo retributivo tra attività di sostegno e classi di concorso;

assume di essere abilitato alla classe di concorso
C510 (tecnica dei servizi ed esercitazioni pratiche di sala e di bar), di
essere munito dell’ulteriore specializzazione per il sostegno conseguita presso
la SSIS di Venezia e di aver partecipato, in virtù di tali titoli, alla
procedura di mobilità autorizzata dall’Amministrazione scolastica convenuta e
di essere stato inserito nel corpo docenti come dotazione organica di sostegno
(DOS);

evidenzia che l’insegnante di sostegno è definito
dal legislatore (d.P.R. n. 970/1975 successivamente modificato dalla I. n.
517/1977) quale “docente specialista”, che è formato attraverso un medesimo
corso di specializzazione e indipendentemente dalla classe disciplinare di
provenienza;

sostiene che, stante l’unitarietà della figura
professionale, non è giustificato un trattamento retributivo differenziato tra
diplomati e laureati; rileva che tale differenziazione si giustifica in base al
diverso titolo di studio previsto dalla legge per l’accesso alle due classi di
concorso, suddivisione che non esiste per gli insegnanti di sostegno che
costituiscono, appunto, una figura unitaria;

2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia
omesso esame circa lo svolgimento di mansioni superiori, art. 15, comma 11,
c.c.n.l. Comparto scuola 26/5/1999;

censura la sentenza impugnata per aver statuito che
lo svolgimento dell’attività di sostegno non possa costituire mansione
superiore rispetto alla funzione di docente in base ai contenuti descritti
nella normativa contrattuale trascurando di considerare che proprio l’art. 15,
comma 11, del c.c.n.l. del 1999 prevede che “il personale docente
utilizzato, a domanda o d’ufficio, in altro tipo di cattedra o posto, ha
diritto all’eventuale trattamento economico superiore, rispetto a quello di
titolarità, previsto per detto tipo di cattedra o posto”;

3. il primo motivo è infondato;

3.1. è incontestato che il ricorrente è stato
assunto nel ruolo della Pubblica Amministrazione per una classe di concorso
(AD03) che non prevede il possesso della laurea per l’insegnamento;

la retribuzione di questa categoria di docenti è
disciplinata dalla contrattazione collettiva nazionale ed espressamente
regolamentata anche quanto alla fase di accesso all’insegnamento;

3.2. il ricorrente ha ottenuto l’abilitazione
all’attività didattica di sostegno, rilasciata ai sensi dell’art. 14, comma 2,
della I. n. 104/1992; va, al riguardo, ricordato che l’art. 4, comma 2, I. n.
341/1990 ha istituito le cc.dd. scuole di specializzazione (SISS) articolate in
indirizzi, con cui le Università provvedono alla formazione (anche attraverso
attività di tirocinio didattico) degli insegnanti delle scuole secondarie,
previste dalle norme del relativo stato giuridico;

l’esame finale delle predette scuole di
specializzazione ha valore legale di titolo abilitante all’insegnamento per le
cc.dd. quattro aree disciplinari (AD01- AD02-AD03- AD04) cui si riferiscono i
relativi diplomi;

le SSIS sono state, quindi, sostituite dal Tirocinio
Formativo Attivo (TFA) introdotto dal decreto del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca n. 249 del 10 settembre 2010, emanato ai sensi
della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, poi modificato dal decreto del MIUR n.
81 del 25 marzo 2013;

3.3. nella specie, come è incontroverso tra le
parti, il ricorrente, dopo aver conseguito l’indicata abilitazione presso la
SSIS, ha ottenuto l’assegnazione alla Dotazione Organica di Sostegno (DOS)
nell’area disciplinare ADO3 (tecnico professionale artistica) a seguito di
procedura di mobilità professionale (disciplinata dal c.c.n.i. 12 febbraio
2009, art. 3);

3.4. contrariamente a quanto sostenuto in ricorso,
l’assegnazione di un posto di sostegno presso un Istituto scolastico superiore
non è sufficiente per ottenere l’attribuzione del trattamento retributivo degli
insegnanti di sostegno laureati, essendo necessario, a tal fine, il passaggio
al ruolo dei docenti laureati della scuola secondaria di II grado ed artistica;

3.5. la materia è disciplinata, come è indiscusso,
dall’art. 3, comma 1, del citato c.c.n.i. 12 febbraio 2009 che prevede il
passaggio nel ruolo della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e
secondo grado, su posto di sostegno per il personale insegnante ed educativo
che, oltre ai requisiti previsti per il passaggio richiesto, possieda anche lo
specifico titolo di specializzazione per l’insegnamento sul corrispondente
posto di sostegno; nonostante la suddetta assegnazione, dunque, il La Rovere ha
continuato a percepire la retribuzione come insegnante tecnico pratico nel
profilo di docente diplomato di istituti di secondo grado né poteva essere
diversamente stante il mancato passaggio nel ruolo dei docenti laureati della
scuola secondaria di II grado, precluso dalla mancanza del titolo di laurea;

3.6. l’insegnamento su posto di sostegno presuppone
sempre la titolarità di una classe di concorso o di altro insegnamento ed è
questa che determina l’inquadramento al fine del trattamento economico;

per tale insegnamento è, infatti, richiesto sia il
possesso dell’abilitazione all’insegnamento (distinta per ciascun grado di
scuola secondaria e per ciascun ambito e classe di concorso) sia il titolo
aggiuntivo;

del resto, non è ipotizzabile il conseguimento di
una specializzazione al sostegno avulso dalla abilitazione della quale
costituisce solo un possibile sviluppo ulteriore;

in conseguenza, anche ai fini dell’inquadramento
retributivo l’attività di sostegno non può essere scissa da quella della classe
di concorso di abilitazione di riferimento, che, come detto, nel caso di specie
ha comportato l’inquadramento del ricorrente nella posizione stipendiale di
docente diplomato degli istituti secondari di secondo grado prevista dal
contratto collettivo nazionale;

3.7. né può assumere rilievo, come correttamente
posto in evidenza dalla Corte territoriale, la circostanza che nella tabella di
corrispondenza fra aree disciplinari e classi di concorso ai fini
dell’insegnamento di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado le
classi di concorso del gruppo A (per il cui accesso è richiesta la laurea) e C
(per il cui accesso è richiesto il diploma di scuola secondaria di secondo
grado) siano ricondotte nella stessa area disciplinare per il sostegno (AD03),
posto che detto raggruppamento ha riguardo esclusivamente al tipo di materie
insegnate;

una diversa opzione interpretativa farebbe giungere
alla conclusione che tale accorpamento, dettato da mere esigenze di
semplificazione, possa determinare un superamento delle disposizioni
riguardanti i titoli di studio di accesso alle varie classi di concorso il che
non è consentito;

3.8. si consideri, altresì, che se fosse vero, come
afferma il ricorrente, che l’insegnante di sostegno è equiparato a tutti gli
effetti al profilo del “personale docente laureato”, per l’accesso ai
corsi di specializzazione per il sostegno sarebbe stato necessario il possesso
della laurea, ovvero di una abilitazione per l’insegnamento che la presuppone
quale titolo di accesso mentre tale titolo non era richiesto per l’accesso ai corsi
di specializzazione in questione;

3.9. quanto al previsto differente trattamento
retributivo determinato dal diverso titolo di accesso all’insegnamento, si
ricorda che la materia degli inquadramenti del personale contrattualizzato è
devoluta alla piena autonomia delle parti sociali, che hanno facoltà di
prevedere anche trattamenti differenziati in determinate situazioni, afferenti
alla peculiarità del rapporto, alla diversità di percorsi formativi, alle
specifiche esperienze maturate ed alle carriere professionali dei lavoratori,
nell’ambito delle diverse dinamiche negoziali (in questo senso, Cass. 6 marzo
2019, n. 6553; Cass. 31 luglio 2017, n. 19043; Cass. 25 gennaio 2016, n. 1241;
Cass. 20 gennaio 2014, n. 1037);

il principio di parità di trattamento nel pubblico
impiego, di cui all’art. 45 d.lgs. n. 165/2001, non contiene un parametro
giuridico per censurare eventuali differenziazioni operate dalla contrattazione
collettiva in riferimento alle varie qualifiche e funzioni; applicando gli
enunciati principi alla fattispecie in esame, non può che osservarsi come la
diversità di titolo di studio e di percorso di accesso tra l’odierno ricorrente
ed i docenti in possesso di diploma di laurea, riverberandosi sulla diversità
di percorsi formativi, di specifiche esperienze e carriere oltre che sulle
professionalità e specifiche modalità di svolgimento della prestazione
didattica e di sostegno, appare idonea a giustificare il trattamento
differenziale di natura giuridica e retributiva in questa sede censurato;

3.10. neppure può desumersi una totale equiparazione
di tutte le professionalità dalla disciplina collettiva che ha previsto
un’unica area della funzione docente (così già l’art. 1 del c.c.n.l. del 4
agosto 1995) posto che gli stessi stipulanti hanno stabilito (così i successivi
commi 6 e 7 del medesimo art. 1) che “il profilo professionale dei docenti
è costituito da competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche –
didattiche, organizzativo – relazionali e di ricerca, tra loro correlate ed interagenti,
che si sviluppano ed approfondiscono attraverso il maturare dell’esperienza
didattica, l’attività di studio, di ricerca e di sistematizzazione della
pratica didattica” e che “le parti convengono sulla necessità di
procedere ad una articolazione delle competenze e delle responsabilità
all’interno di tale professione”; pertanto, “la configurazione
professionale del docente, ferma restando l’unicità della funzione, può essere
articolata attraverso la definizione, al suo interno, di ‘figure di sistema’
ovvero di particolari profili di specializzazione, relativi agli aspetti
scientifici, didattici, pedagogici, organizzativi, gestionali e di
ricerca” (si veda, per un’ampia ricostruzione, Cass. 22 dicembre 2017, n.
30875);

è significativo che lo stesso art. 38, comma 8, del
c.c.n.l. 1995 abbia rinviato ad una successiva fase negoziale l’individuazione
delle diverse articolazioni della professionalità docente, da effettuare
all’esito di un’istruttoria, affidata ad una commissione appositamente
istituita, attinente “ai contenuti professionali, ai requisiti e modalità
di accesso, alla quantificazione dei relativi contingenti, alle modalità di
attuazione, anche sperimentale e graduata nel tempo, del nuovo sistema
professionale neidiversi ordini e gradi di scuola, alle modalità di
retribuzione del differenziale di professionalità dei docenti collocati nelle
diverse articolazioni”; nelle more, quel contratto e gli altri, poi,
succedutisi nel tempo, quanto al trattamento retributivo hanno continuato a
differenziare la posizione dei docenti in relazione ai diversi ordini e gradi
di insegnamento (distinguendo i docenti della scuola elementare e materna, i
docenti diplomati della scuola secondaria, i docenti della scuola media, i
docenti della scuola secondaria superiore) e ciò esclude la configurabilità di
un profilo professionale unico, perché la diversità di retribuzione, pur a
fronte dell’inquadramento nell’indistinta area docente, si fonda sull’esistenza
del richiamato differenziale di professionalità dei docenti collocati nelle
diverse articolazioni;

3.11. inoltre, la stessa disciplina dettata dal t.u.
n. 297/1994, tuttora vigente ed efficace, differenzia i ruoli del personale
docente e detta le regole per il passaggio dall’uno all’altro ruolo,
subordinato al possesso oltre che del titolo di studio anche dell’abilitazione
richiesta per lo specifico insegnamento, il che conferma l’esistenza di una
diversa professionalità che, pur nell’unicità della funzione docente, è
connessa al ruolo di appartenenza; con particolare riferimento agli insegnanti
tecnico pratici la differente professionalità è, altresì, specificamente
contemplata in plurime disposizioni normative (si vedano, ad esempio, la I. n.
107/2015, che, all’art. 1, comma 59, prevede che: “Le istituzioni scolastiche
possono individuare, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, docenti cui
affidare il coordinamento delle attività di cui al comma 57. Ai docenti può
essere affiancato un insegnante tecnico-pratico” oppure il d.P.R. n.
19/2016, che prevede classi di concorso distinte per insegnanti tecnico pratici
ed insegnanti c.d. teorici);

3.12. è pur vero che, ai sensi dell’art. 13, comma
6, della richiamata legge n. 104/1992, i docenti di sostegno assumono la
contitolarità delle sezioni e delle classi nelle quali operano e partecipano
alla programmazione educativa e didattica in tutte le sedi collegiali nelle
quali l’attività si svolge, sicché gli stessi costituiscono una risorsa per
l’intera comunità didattica e non costituiscono «una protesi» dell’alunno
disabile, in quanto l’integrazione scolastica si realizza anche sul piano della
funzione docente (v. ex multis Cass. 17 giugno 2019, n. 16175);

nel medesimo senso è anche l’art. 127 del già citato
t.u. n. 297/1994 secondo cui i docenti di sostegno: – fanno parte integrante
dell’organico di circolo ed in esso assumono la titolarità; – possono chiedere,
dopo cinque anni di appartenenza al ruolo di sostegno, il trasferimento al
ruolo comune, nel limite dei posti disponibili e vacanti delle dotazioni
organiche derivanti dall’applicazione dei commi 5, 7 e 8 dell’articolo 133 del
medesimo t.u.;

– assumono la contitolarità delle classi in cui
operano; – collaborano con i docenti del modulo organizzativo di cui all’art.
121, con i genitori e con gli specialisti delle strutture territoriali, per
programmare ed attuare progetti educativi personalizzati; – partecipano alla
programmazione educativa e  didattica ed
alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di
interclasse e dei collegi dei docenti;

ciò tuttavia non comporta una assimilazione, quanto
all’inquadramento, agli insegnanti di ruolo laureati perdurando le distinzioni
correlate ai diversi ordini e gradi di istruzione nei quali il docente può
essere impiegato (anche in relazione alla definizione del profilo) e che solo
determina il trattamento retributivo e l’attribuzione della posizione
stipendiale e segnatamente l’appartenenza ad uno dei ruoli indicati nelle
tabelle allegate al c.c.n.l. Comparto scuola (così al c.c.n.l. quadriennio
giuridico 2006-2009, 10 biennio economico 2006-2007) correlati ai diversi
ordini di scuola e, a parità di ordine di scuola, al titolo di studio di
accesso al relativo ruolo;

3.13. il sostegno non è, nell’ambito della funzione
docente, un’abilitazione a sé stante e l’insegnante, seppure in possesso della
particolare specializzazione, deve essere abilitato per una delle classi di
insegnamento presenti nell’istituto ove il disabile è iscritto (deve, infatti,
essere escluso che la designazione dell’insegnante di sostegno sia destinata in
via esclusiva ad una specifica docenza di un alunno individuato, essendo tale
insegnante al servizio della classe e non del disabile); ciò comporta che il
trattamento retributivo resta legato al ruolo di appartenenza;

opinando diversamente si determinerebbe una
violazione delle norme disciplinanti l’accesso alle varie classi di concorso;

3.14. va, quindi, ritenuto che l’attribuzione della
posizione stipendiale di docente laureato degli istituti secondari di secondo
grado può essere attribuita esclusivamente al personale docente che sia
abilitato all’insegnamento di una classe di concorso che richieda, quale titolo
di accesso, la laurea;

4. il secondo motivo è inammissibile;

4.1. innanzitutto, non vi è stato alcun omesso esame
avendo la Corte territoriale esaminato la questione posta dall’appellante con
riferimento all’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001;

4.2. il motivo è, in ogni caso, carente di
specificità limitandosi il ricorrente a richiamare il contenuto dell’art. 15,
comma 11, del c.c.n.l. ed a dedurre di essere stato utilizzato su “altro tipo
di cattedra o posto” senza alcun elemento fattuale a sostegno di tale
affermazione e soprattutto senza la trascrizione degli atti di primo grado e di
appello che solo avrebbero consentito di rilevare in quali termini la relativa
questione fosse stata posta;

4.3. d’altra parte, anche nelle scuole superiori vi
è l’insegnante tecnico pratico che svolge lo stesso orario settimanale
dell’insegnante laureato il che, in assenza di deduzioni e allegazioni deponenti
nel diverso senso prospettato dal ricorrente, esclude, a monte, ogni fondatezza
della lamentata applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 (nel caso in
esame è incontroverso che presso l’Istituto superiore cui il La Rovere è stato
assegnato era presente la classe di concorso 52/e appartenente al medesimo
ambito disciplinare della classe di concorso 51/c (Tecnica dei servizi ed
esercitazioni pratiche di sala e di bar) e che ai sensi del D.M. n. 354 del
10/8/1998 è consentita l’utilizzazione degli abilitati in una delle classi
ricomprese nel medesimo ambito anche sulle altre classi di concorso
appartenenti all’ambito stesso);

5. alla stregua delle considerazioni che precedono
il ricorso va rigettato, non ravvisandosi nella sentenza impugnata le denunciate
violazioni;

6. le spese, nella misura liquidata in dispositivo,
seguono la soccombenza;

7. sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti tíber il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1 bis, dello stesso
articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2021, n. 33237
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