Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 novembre 2021, n. 35364
Infortunio sul lavoro, Omessa formazione nei rischi specifici
del lavoro, Mancata segnalazione del pericolo, Risarcimento danni,
Responsabilità ex art. 2087 cc
Rilevato
– che, con sentenza del 21 ottobre 2016, la Corte
d’Appello di Torino confermava la decisione resa dal Tribunale di Vercelli e
rigettava la domanda proposta da N.D.T. nei confronti della A.P. & C.
s.n.c. e della A.R.I. S.r.l., avente ad oggetto l’accertamento a carico della
prima Società della violazione dell’art. 2087 c.c., per non aver il lavoratore
ricevuto la formazione nei rischi specifici del lavoro ed a carico della
seconda per la mancata segnalazione del pericolo e la condanna di entrambe al
risarcimento del danno subito in occasione dell’infortunio sul lavoro
occorsogli presso il cantiere della committente A.R. S.r.l., ove, incaricato
dalla Società datrice di smontare alcuni termoconvettori al pian terreno del
cantiere stesso, salendo al piano superiore per cercare valvole idrauliche che
potessero intercettare acqua residua nei tubi e ivi aprendo una porta, priva di
alcuna segnalazione di pericolo, accedeva alla tromba di un ascensore dismesso,
nella quale precipitava;
– che la decisione della Corte territoriale discende
dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità del gravame
per il tardivo deposito del relativo atto da parte del D.T., per aver valutato
l’incombente tempestivo alla stregua del principio per cui il deposito per via
telematica degli atti si ha per avvenuto nel momento in cui viene generata la
ricevuta di avvenuta consegna dal gestore di posta elettronica certificata dal
Ministero della Giustizia e, comunque, nel merito infondato l’appello medesimo,
non trovando riscontro la censura formulata dal D.T., secondo cui il primo
giudice avrebbe interpretato in maniera errata lo svolgimento dei fatti come
emersi nel corso dell’istruttoria, con particolare riferimento alle direttive
impartite dal datore di lavoro e ciò in quanto era risultato provato che le
direttive impartite ai lavoratori erano quelle di procedere allo smontaggio dei
due convettori a soffitto siti al piano terra dell’edificio della A. R. S.r.l.,
dovendosi concludere a tale stregua e avendo riguardo alla sentenza penale di
assoluzione delle due imprese, dalla quale, in conformità all’orientamento di
questa Corte, è legittimo desumere elementi di prova, che il sinistro si era
verificato in luogo ove i due operai non avevano motivo di recarsi né avevano
ricevuto ordine di andare così da indurre a considerare il sinistro quale
conseguenza di un rischio non prevedibile da parte del datore di lavoro,
qualificabile dunque come rischio elettivo e ad escludere in capo alla A. R.
S.r.l. la responsabilità che gli deriverebbe dalla disponibilità del bene,
stante la riconducibilità del sinistro – verificatosi all’interno di un
edificio dismesso ed in corso di smantellamento ed in un’area nella quale il
lavoratore non si doveva recare e nella quale si è avventurato contravvenendo a
specifiche direttive impartite, per poi aprire la porta del vano ex ascensore
al fine di entrare nel locale, sollevando anche la moquette posta a protezione
della porta, il tutto nella quasi totale oscurità – al caso fortuito;
– che per la cassazione di tale decisione ricorre il
D.T. affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la
sola R.I. S.r.l.;
Considerato
– che, con il primo motivo, il ricorrente, nel
denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2087, 2697 c.c., 115
e 116 c.p.c., imputa alla Corte territoriale l’erroneo apprezzamento degli
elementi di fatto utili alla delimitazione dell’area di intervento del
ricorrente e dell’obbligo di informazione gravante sul datore e di conseguenza
l’incongruità logica e giuridica dell’iter valutativo in base al quale la Corte
territoriale stessa ha ritenuto di sollevare la Società datrice dall’onere
probatorio circa l’assolvimento degli obblighi informativi e la riconducibilità
dell’evento al “rischio elettivo” tenuto conto della nozione accolta
da questa Corte;
– che, con il secondo motivo, denunciando la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 2697 c.c.,115 e 116 c.p.c.,
il ricorrente ribadisce a carico della Corte territoriale il medesimo
travisamento della situazione di fatto, sotto il profilo della ritenuta
irrilevanza della mancata segnalazione della situazione di pericolo nell’area
in cui si è verificato il sinistro e l’incongruità logica e giuridica dell’iter
valutativo in base al quale la Corte stessa ha escluso la responsabilità della
A. R.I. S.r.l. committente;
– che entrambi i motivi meritano accoglimento;
– che, quanto al primo, va tenuto conto
dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr., da ultimo Cass, 13.1.2017, n.
798 e già Cass. n. 2717/2013; Cass. n. 4656/2011; Cass. n. 19494/2009) in base
al quale del c.d. rischio elettivo e della conseguente responsabilità esclusiva
del lavoratore può parlarsi soltanto ove questi abbia posto in essere un
contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento
lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva
dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello
connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere, restando diversamente
irrilevante la condotta colposa del lavoratore, sia sotto il profilo causale
che sotto quello dell’entità del risarcimento, atteso che la ratio di ogni
normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di
rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza,
imprudenza o imperizia dei lavoratori;
– che, pertanto, deve ritenersi fondata la censura
sollevata dal D.T. per cui la Corte territoriale non dà conto dell’esorbitanza
della condotta dalle direttive ricevute, per essere stato espressamente vietato
al lavoratore di portarsi al piano superiore rispetto al piano terra ove doveva
essere eseguito lo smontaggio dei convettori, non consentendo così di escludere
il rischio improprio, insito in un’attività prodromica o strumentale allo
svolgimento della specifica mansione affidata;
– che, quanto al secondo motivo, è a dirsi
sussistente la responsabilità della Società committente nella cui disponibilità
permanga l’ambiente di lavoro, essendo essa obbligata ad adottare tutte le
misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché
dipendenti dell’impresa appaltatrice, misure che consistono nel fornire
adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel
predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti
e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di
protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia
all’attività appaltata (cfr, ancora, Cass. n. 798/2017 cui adde Cass. n. 21694/2011
e Cass. n. 19494/2009);
– che entrambi i motivi di ricorso vanno dunque
accolti e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di
Torino, in diversa composizione, che provvederà in conformità ai principi di
diritto sopra richiamati, disponendo altresì per l’attribuzione delle spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie entrambi i motivi di ricorso, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di
Torino, in diversa composizione.