Giurisprudenza – TRIBUNALE SIENA – Sentenza 03 novembre 2021, n. 239

Decreto
ingiuntivo emesso su richiesta della Cassa Edile, Emolumenti corrisposti
direttamente dal datore di lavoro, Revoca della delegazione di pagamento da
parte del datore

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso in opposizione a D.L. n. 246/20
ritualmente notificato la (…), in persona del legale rappresentante pro
tempore, ha convenuto in giudizio la Cassa Edile (…) in persona del legale
rappresentante pro tempore, per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni
“Voglia l’On.le Tribunale adito fissare l’udienza di discussione per ivi,
conrtrariis reiectis, in accoglimento della spiegata opposizione: – in via
preliminare: non concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto
per i motivi esposti in narrativa; – nel merito: revocare il decreto ingiuntivi
opposto perché infondato, ingiusto ed illegittimo sia in fatto che in diritto,
e dichiarare che nulla è dovuto alla Cassa Edile (…) per le causali di cui al
ricorso per ingiunzione, per intervenuta estinzione dell’obbligazione di
pagamento, per i motivi esposti in narrativa: – In ogni caso, con vittoria di
spese e competenze di lite, spese generali 15%, IVA e CAP come per legge, da
liquidarsi in favore del sottoscritto difensore antistatario”.

Si costituiva in giudizio la Cassa Edile di (…) in
persona del legale rappresentante pro tempore, contestando ed opponendosi alle
avverse difese e pretese tutte ed insistendo per l’accoglimento delle seguenti
conclusioni “Voglia l’Ill.mo Giudice adito: In via preliminare: – atteso che
l’opposizione non è fondata su prova scritta né di pronta soluzione, concedersi
la provvisoria esecutorietà del D.I. n. 246/2020 del 22.07.2020, pubblicato in
data 10.08.2020, ai sensi dell’art. 648 c.p.c. Nel merito: – rigettare
l’opposizione spiegata poiché infondata sia in fatto che in diritto in virtù di
tutte le ragioni ampiamente spiegate in narrativa e della documentazione
allegata alla presente memoria ed al fascicolo monitorio e, per l’effetto,
dichiarare esecutivo il decreto ingiuntivo n. 246/2020 del 22.07.2020,
pubblicato in data 10.08.2020; – condannare parte opponente al risarcimento dei
danni per lite temeraria ex art. 96 comma 1-3 c.p.c.;. In ogni caso con
vittoria di spese e competenze anche del presente giudizio”.

La causa è stata istruita con prove documentali ed
alla odierna udienza del 3 novembre 2021 è stata decisa come da allegato
dispositivo del quale si dava contestuale lettura.

 

Motivi della decisione

 

Prima di procedere alla decisione della causa va
rilevato come sia noto che la Cassa Edile è un istituto che trae la sua origine
e dall’autonomia collettiva e svolge una funzione anche previdenziale essendo
volta a garantire ai lavoratori iscritti determinate prestazioni assistenziali
integrative.

La normativa generale cui si ispira la Cassa Edile,
in base alla quale sono iscritti alla stessa gli operai che lavorano nel
settore dell’edilizia e relativamente ai quali, da parte delle Imprese, vengono
regolarmente versate alla Cassa edile le percentuali per accantonamento ferie,
riposi annui e gratifica natalizia oltre a tutte le altre contribuzioni
previste da altri Accordi, prevede che l’accantonamento delle quote per ferie,
riposi annui e gratifica natalizia venga effettuato mensilmente a cura delle
imprese; l’impresa, inoltre, deve provvedere ad accantonare le percentuali
previste dal contratto di lavoro per ferie non godute, gratifica natalizia e
riposi annui, in caso di malattia od infortunio.

L’impresa, poi, è obbligata ad effettuare i
versamenti relativi alla Cassa Edile congiuntamente all’invio del modello di
denuncia nominativo degli operai; in caso di ritardo nell’adempimento, sono
dovuti interessi di mora calcolati come da regolamento della Cassa edile,

Il C.C.N.L. per i dipendenti delle imprese edili –
dopo aver previsto la misura del contributo a carico dei lavoratori e dei
datori di lavoro – prevede che la quota di contribuzione a carico del
dipendente debba essere trattenuta dal datore di lavoro sulla retribuzione di
ogni singolo periodo di paga per il successivo versamento unitamente
all’importo a proprio carico alla Cassa Edile.

Sul punto occorre precisare che l’obbligazione
contributiva a carico del datore di lavoro non sorge per effetto della
iscrizione della ditta alla Cassa Edile, ma – ferma restando l’iscrizione –
solo a seguito delle denunce mensili alla stessa dei lavoratori, che risultano
alle dipendenze della ditta.

L’importo della percentuale dovrà essere versato
mensilmente dall’impresa, alla Cassa Edile che, successivamente, deve
provvedere a corrisponderla agli operai aventi diritto, secondo le norme
dettate dalla Cassa medesima.

Ciò premesso, rileva il giudicante che l’opponente,
nel periodo in questione, ha regolarmente trasmesso alla Cassa Edile le denunce
nominative dei lavoratori occupati (vedi atti monitorio nonché documentazione
depositata nel procedimento di merito). Ebbene, come già affermato in
giurisprudenza, deve ritenersi che la disciplina sopra indicata trova
applicazione non solo agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti, ma
anche a coloro che implicitamente od esplicitamente al contratto abbiano
prestato adesione ovvero abbiano recepito le pattuizioni collettive attraverso
un comportamento concludente desumibile da una costante applicazione delle
relative clausole ai singoli rapporti (Cass. civ., sez. lav., 27 maggio 1998,
n. 5257; conf, Cass. 11 marzo 2004, n. 5006).

Pertanto, in presenza dei sopra indicati
comportamenti concludenti di ricezione della normativa contrattuale, deve ritenersi
che il datore di lavoro si sia obbligato ad applicare il contratto collettivo
nazionale di categoria ed il contratto integrativo provinciale, oltre alla
normativa sulla Cassa Edile, richiamata nel contratto nazionale stesso, con
espressa previsione di correlazione ed inscindibilità di tutte le inerenti
statuizioni.

Fermo quanto sopra va rilevato che l’unico motivo di
opposizione si fonda sull’eccepita estinzione dell’obbligazione a fronte
dell’intervenuto pagamento diretto ai lavoratori delle somme richieste dalla
Cassa Edile con il decreto ingiuntivo opposto.

Detta eccezione, però, risulta infondata sia sotto
il profilo probatorio sia sotto quello sostanziale.

Infatti, sotto il primo profilo, va rilevato che
l’eccezione si affida all’offerta di una prova testimoniale inidonea non solo
dal punto di vista processuale per la mancata individuazione delle circostanze
di fatto oggetto della prova costituenda, ma perché si pretende
inammissibilmente (ai sensi dell’art. 2726 c.c.) di dimostrare, in maniera del tutto
generica, il pagamento di somme di denaro attraverso i testimoni.

Come già rilevato, infatti in sede di rigetto di
richiesta della provvisoria esecutività, le somme che si assumono essere state
pagate “…trattandosi di pagamenti legati alla retribuzione gli stessi
dovevano essere tracciabili, ovvero quantomeno quietanzati se dati brevi manu,
anche al fine di non esporsi al rischio di una nuova richiesta da parte dei
lavoratori, dall’altro che in assenza di detta prova scritta appare
inammissibile la prova per testi richiesta ex art. 2721 c.c.,… ” (v. verbale
udienza del 9.12.2020.

A questo punto va evidenziato anche che
l’indimostrato pagamento delle somme in questione non avrebbe liberato
l’imprenditore opponente dai suoi obblighi verso la Cassa. Per quanto concerne
i crediti per contributi e le quote di adesione contrattuale alla Cassa Edile,
come già anticipato, si tratta di prestazioni destinate a finanziare per lo più
l’erogazione di prestazioni lato sensu previdenziali-assistenziali e quindi il
pagamento diretto ai lavoratori non è suscettibile di produrre alcun effetto.
Per quanto concerne, invece, le somme accantonate dalla Cassa a titolo di
ferie, gratifica natalizia, festività, et cetera, come già detto, il
consolidato orientamento giurisprudenziale del S.C. (ex multis cfr Cass., sez.
lav. 5257/98; 14658/03; 13300/05) insegna che, sino a che l’imprenditore
edile-delegante (ai sensi degli artt. 1269 e ss. c.c.) non revochi l’iscrizione
alla Cassa (e di tale revoca, manca in ricorso la minima allegazione e prova),
quest’ultima, nella qualità di delegata, mantiene l’obbligazione debitoria
verso i lavoratori-delegatari.

Peraltro, la mancanza di ima revoca implicita della
delega risulta confermato non solo dal fatto che l’impresa opponente risulta essere
tuttora iscritta alla Cassa Edile, ma anche dal fatto che essa abbia trasmesso
le denunce relative al credito oggetto del giudizio alla Cassa Edile e dalla
deduzione di parte opposta (non contestata dall’opponente) che abbia continuato
a trasmettere anche le denunce successive a quelle oggetto del presente
giudizio, comportamenti incompatibili con la revoca del mandato.

Il giudice ben conosce il recentissimo orientamento
della Suprema Corte esplicitato con l’Ordinanza n. 949/21 ove si afferma che
“….la Cassa ha l’obbligo di riscuotere le somme che il datore è tenuto a
versare, coerentemente con l’ormai pacificamente e legislativamente
riconosciuta funzione previdenziale delle Casse edili (v. in tal senso le
argomentazioni dì Cass. nn. 25888 del 2008 e 6869 del 2012), resta da dire che
una revoca della delegazione di pagamento da parte del datore di lavoro può
logicamente ricollegarsi soltanto — come avvenuto nel caso di specie —
all’avvenuto pagamento ai lavoratori delle relative spettanze (vd. Cass. n. 608
del 2018); da quanto sin qui esposto emerge la correttezza della sentenza
impugnata che ha ritenuto parzialmente insussistente il credito fatto valere
dalla Cassa edile con il decreto ingiuntivo opposto dovendosi dare rilievo al
solo pagamento diretto ai lavoratori per le posizioni dei quali si è registrato
l’inadempimento rispetto all’obbligo di accantonare le somme destinate al
pagamento di festività, ferie e gratifiche natalizie e senza possibilità di
estensione di tale effetto rispetto all’obbligo di versamento in favore di
altri lavoratori o a quello di versamento dei contributi finalizzati a
soddisfare gli scopi propri della Cassa; non induce a diversa conclusione la
critica al consolidato orientamento sopra ricordato, contenuto in ricorso, con
la quale si sostiene che l’art. 1270 c.c., comma 1, sarebbe inapplicabile in
quanto derogato lecitamente dalla previsione del c.c.n.l. per le imprese edili,
all’art. 36, lett. b, laddove si afferma che “con la iscrizione alla Cassa
edile i datori di lavoro e gli operai sono vincolati al rispetto del presente
contratto collettivo nazionale dì lavoro”; in realtà il tenore testuale della
disposizione contrattuale appena citata, limitandosi a ribadire la
vincolatività del contratto collettivo tra le parti a seguito della iscrizione
alla Cassa edile, non contiene alcuna volontà – neanche implicita – di deroga
rispetto alla normativa codicistica relativa alle forme di revoca della
delegazione di pagamento previste dall’art. 1270 c.c., comma 1, ne offre
argomenti per una ricostruzione sistematica differente da quella incentrata
sull’istituto della delegazione di pagamento che la giurisprudenza di questa
Corte di cassazione ha fatto propria in modo consolidato; ver la disciplina
codicistica. dunque, la delem è revocabile fino a quando il delegato non abbia
eseguito il pagamento a favore del delegatario (art. 1270, comma 1) e ciò è
quanto è avvenuto nella fattispecie in esame ove il debitore (datore di lavoro)
ha adempiuto direttamente agli obblighi retributivi oggetto della delega; tale
delega è titolata, in quanto inserita in un contesto applicativo discendente
dal c.c.n.l. per le imprese edili del 18 giugno 2008. e viene conferita a Cassa
edile prima della corresponsione ai lavoratori interessati delle medesime prestazioni
retributive:…

Anche volendo accedere a detto orientamento, però
l’onere probatorio sull’avvenuto pagamento diretto ai lavoratori gravava
esclusivamente sull’opponente che non può in alcun modo offrire la prova di
detti pagamenti mediante prove testimoniali in assenza di documentazione che
comprovi, almeno in via indiziaria detti pagamenti, quali ad esempio buste paga
quietanzate, documentazione che l’opponente non ha fornito rendendo
inammissibile la richiesta prova testimoniale.

L’opposizione de qua, pertanto, all’esito delle
sopra esposte considerazioni in fatto ed in diritto è palesemente infondata e
non provata, pertanto deve essere integralmente rigettata con piena conferma
del D.I. opposto e con condanna della opponente al pagamento in favore
dell’opposta delle somme tutte ivi ingiunte.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e
liquidate in assenza di nota spese sulla base dei criteri di cui al D.M. 37/18
ai minimi di scaglione in considerazione del valore della causa come indicata
in atti e dell’attività processuale effettivamente espletata che non ha visto
istruttoria quindi in complessivi €. 1.776,00 oltre rimborso forfettario del
15% IVA e CAP come per legge se dovuti Sulla Responsabilità aggravata.

Va, inoltre, accolta la domanda di risarcimento
danni per lite temeraria formulata dall’opposta ai sensi dell’art. 96, primo
comma, c.p.c. . Come reso evidente dalle considerazioni sopra esposte,
l’opposizione, fondata su motivi privi di qualunque consistenza fattuale e
giuridica, è stata proposta in mala fede, all’evidente scopo di dilazionare
l’adempimento di una pretesa creditoria fondata su una documentazione
proveniente e sottoscritta dalla stessa parte opponente: pertanto, la presente
opposizione è un caso emblematico di abuso del processo commesso ad opera di
una parte che, volendo ad ogni costo dilazionare l’adempimento delle proprie
obbligazioni, non ha esitato a proporre un’opposizione sprovvista di ogni
presupposto giuridico e fattuale, impegnando inutilmente l’amministrazione della
Giustizia.

Sotto il profilo della quantificazione del danno
ritiene questo giudice, conformemente a quanto stabilito dalla più recente
giurisprudenza del S.C. (Cass., sez. lav., 24645/2007, sez. III, 10606/2010)
che l’abusivo ricorso di una parte alla tutela giurisdizionale cagiona alla
parte avversa, costretta ad approntare un’attività difensiva impegnativa e
stressante, un pregiudizio di per sé risarcibile. Tale conclusione appare esito
obbligato di un interpretazione sistematica dell’art. 96 c.p.c. alla luce della
giurisprudenza del principio in tema di ragionevole durata del processo. Detti
spunti giurisprudenziali sono stati, peraltro, pienamente recepiti dal
legislatore che, nel coniare il nuovo comma III dell’art. 96 c.p.c., ha
previsto una condanna d’ufficio ad un risarcimento del danno che ha una
eccezionale connotazione punitiva del comportamento delle parti che facciano
abusivo ricorso alla tutela giurisdizionale cagionando danni alle controparti e
rallentando l’amministrazione della Giustizia.

Per quanto sopra detto, si stima equo riconoscere
all’opposta, in considerazione della durata del procedimento, del valore
credito azionato e del fatto che si tratta di una persona giuridica che,
quindi, non patisce alcun danno per l’ansia e lo stress che connotano il
coinvolgimento processuale di una persona fisica, un risarcimento del danno
pari a quello sostenuto per la difesa in giudizio e corrispondente alle spese
di lite liquidate, quindi pari ad €. 1.776,00, oltre interessi legali dalla
data odierna al saldo effettivo

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 429 e segg. c.p.c.

Definitivamente pronunciando:

1) Rigetta l’opposizione proposta poiché infondata e
non provata, per quanto esposto nella parte motiva, e per l’effetto conferma
integralmente il D.I. 246/20 a suo tempo emesso dall’intestato Tribunale, che
dichiara definitivamente esecutivo, con conseguente condanna dell’opponente al
pagamento in favore della resistente opposta delle somme tutte ivi ingiunte;

2) visto l’art. 96 c.p.c. condanna altresì
l’opponente al pagamento in favore della resistente opposta a titolo di
risarcimento del danno ex art. 96, primo comma, c.p.c., l’importo di euro
1.776,00, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo

3) visto l’art. 91 c.p.c. condanna l’opponente al
pagamento in favore della resistente opposta delle spese di lite liquidate in
complessivi €. 1.776,00 oltre rimborso forfettario del 15% IVA e CAP come per
legge se dovuti.

Giurisprudenza – TRIBUNALE SIENA – Sentenza 03 novembre 2021, n. 239
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