Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 novembre 2021, n. 36729

Licenziamento disciplinare, Congedo per malattia, Variazione
del proprio indirizzo di reperibilità soltanto all’Inps, Violazione del CCNL
di settore

 

Fatto

 

1. Con sentenza 14 marzo 2019, la Corte d’appello di
Roma dichiarava illegittimo il licenziamento disciplinare intimato da B.F.
s.p.a. a G.B. e risolto il rapporto di lavoro alla data del 4 novembre 2015,
condannando la società datrice al pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità
risarcitoria liquidata in misura di quindici mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, oltre accessori. In parziale accoglimento del reclamo
principale della società e rigetto dell’incidentale del lavoratore, essa
riformava così la sentenza di primo grado, che aveva invece annullato il
licenziamento ai sensi dell’art. 18, quarto comma I. 300/1970, condannato la
società a reintegrare G.B. nel posto di lavoro e a pagargli un’indennità
risarcitoria in misura di dodici mensilità, con detrazione del T.f.r.
corrisposto: così parzialmente accogliendo l’opposizione del lavoratore e
rigettando quella datoriale avverso l’ordinanza dello stesso Tribunale, che
aveva dichiarato illegittimo il licenziamento in quanto sproporzionato, ai
sensi dell’art. 18, quinto comma I. 300/1970, risolto il rapporto di lavoro e
condannato la società al pagamento di un’indennità risarcitoria in misura di
dodici mensilità.

2. La Corte territoriale riteneva che la
comunicazione del lavoratore, in congedo per malattia, della variazione del
proprio indirizzo di reperibilità soltanto all’Inps e non anche (dopo quella
iniziale) al datore di lavoro, integrasse violazione dell’art. 224 CCNL di
settore applicabile, dovendosi intendere in un’accezione atecnica il termine
“domicilio” (oggetto di comunicazione nel relativo mutamento),
sanzionata disciplinarmente dall’art. 225 CCNL. E ciò per la sua autonoma
rilevanza, in quanto rispondente alla finalità di consentire al datore di
lavoro il pieno esercizio del potere di controllo (anche in periodo di congedo
del lavoratore per malattia), qualificabile in termini di obbligo, rispetto
alla diversa finalità della comunicazione all’Inps, competente all’esecuzione
concreta del controllo, in funzione della fruizione dal lavoratore dell’indennità
di malattia, qualificabile piuttosto come onere.

3. Avuto peraltro riguardo al concreto atteggiamento
osservato dalle parti nella vicenda, essa riteneva (come già il Tribunale con
ordinanza all’esito della fase sommaria) non proporzionato il licenziamento per
assenza ingiustificata oltre tre giorni (previsto dall’art. 175, quinto comma
CCNL richiamante le conseguenze previste dagli artt. 222 e 225 CCNL): tale
dovendo essere qualificato il periodo ancora trascorso dal lavoratore in
congedo, decorrente dall’obbligo di immediato rientro comportato, ai sensi
dell’art. 174, quarto comma CCNL, dalla mancata giustificazione dell’assenza
all’indirizzo di reperibilità, in occasione della visita dell’ispettore
dell’Inps (cui comunicata la variazione, ma recatosi al precedente per un
disguido interno), nei confronti del datore di lavoro cui appunto egli non
aveva comunicato detta variazione. Sicché, la Corte capitolina rendeva le
statuizioni suindicate.

3. Con atto notificato il 13 maggio 2019, il
lavoratore ricorreva per cassazione con sei motivi, cui resisteva la società
con controricorso contenente ricorso incidentale con unico motivo, cui
replicava il lavoratore con controricorso.

4. Entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi
dell’art. 378 c.p.c.

5. Il P.G. rassegnava conclusioni scritte, a norma
dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da I. conv. 176/20, nel senso
dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale, con assorbimento
degli altri e del ricorso incidentale.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce
violazione o falsa applicazione degli artt. 5 I. 300/1970, 38 Cost., per
inesistenza di un obbligo del lavoratore, in congedo per malattia, di
comunicare la variazione del proprio indirizzo di reperibilità anche al datore
di lavoro, non avendo questi un potere di controllo diretto delle condizioni di
salute del dipendente (sul presupposto erroneo di un suo più ampio potere di
controllo, privo di alcun fondamento giuridico), ma soltanto di sollecitarlo
alle strutture pubbliche competenti.

2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione o
falsa applicazione dell’art. 174 (rectius: 224) CCNL Commercio in relazione
agli artt. 1362, 1363, 1366, 1368 c.c., per erronea inclusione nel termine
“congedi” (durante i quali, così come durante il servizio, la norma
denunciata stabilisce il dovere del personale di immediata comunicazione
all’azienda di ogni mutamento della propria dimora), anche del periodo di
malattia in violazione del prioritario canone letterale di interpretazione per
la previsione di congedi in diverse ipotesi del CCNL (congedi retribuiti: art.
154; congedo matrimoniale: art. 158; congedi per formazione: art. 160; congedi
e permessi per handicap: art. 164; congedo di maternità e paternità: art. 185; congedo
parentale: art. 186), secondo un’applicazione analogica non consentita
nell’interpretazione del CCNL, pure onerante il lavoratore, con grave
squilibrio contrattuale, di individuare le ipotesi di comunicazione della
variazione della propria dimora, anche qualora essa sia priva di una minima
stabilità, per l’ancoraggio dell’obbligo, non già a tale requisito, ma a quello
dell’esercizio del potere datoriale di controllo.

3. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono infondati.

4. L’assenza per malattia comporta una sospensione
dell’attuazione del rapporto di lavoro sotto il profilo della prestazione,
permanendo peraltro il regime di subordinazione e pertanto il potere direttivo
e di controllo datoriale, sia pure modulato sull’effettiva consistenza del
rapporto: in particolare, ben potendo il datore medesimo procedere, al di fuori
delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte
a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a
determinare uno stato d’incapacità lavorativa e quindi a giustificare
l’assenza, in difetto di una preclusione comportata dall’art. 5 I. 300/1970, in
materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle
infermità per malattia o infortunio del lavoratore (Cass. 26 novembre 2014, n.
25162; Cass. 21 settembre 2016, n. 18507; Cass. 17 giugno 2020, n. 11697).

4.1. Nel rispetto del rapporto di subordinazione,
sussiste pertanto un obbligo di reperibilità del lavoratore anche durante il
periodo di malattia, quale espressione del suo obbligo di cooperazione
nell’impresa ai sensi dell’art. 220 CCNL Commercio (del 18 luglio 2008, come
rinnovato il 26 febbraio 2011 e quindi il 30 marzo 2015) applicabile ratione
temporis, oltre che in osservanza dei generali principi di correttezza e buona
fede nell’esecuzione dei contratto, chiaramente previsto dall’art. 224 CCNL
cit., secondo cui “È dovere del personale di comunicare immediatamente
all’azienda ogni mutamento della propria dimora sia durante il servizio che
durante i congedi”.

4.2. Anche l’assenza di malattia integra, infatti,
un periodo di congedo, quale sospensione della prestazione di servizio, secondo
un’esegesi della norma rispettosa in particolare degli artt. 1362, 1363 e 1366
c.c. (da intendere quali canoni ermeneutici di interpretazione diretta del CCNL
e non esterni di commisurazione dell’esattezza e della congruità della
motivazione: Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 28 maggio 2018, n. 13265;
Cass. 18 novembre 2019, n. 29893; Cass. 12 aprile 2021, n. 9583):
nell’osservanza dei canoni, appunto, di letteralità secondo la comune
intenzione delle parti, come pure evincibile dal comportamento dello stesso
lavoratore (che ha fatto una prima comunicazione di variazione del proprio
indirizzo di reperibilità anche al datore di lavoro: quarto capoverso del p.to
sub 4. di pg. 9 della sentenza), di combinazione sistematica con le altre
clausole (in particolare con l’art. 173 CCNL, regolante l’obbligo di
comunicazione del lavoratore al datore in caso di malattia e della sua
continuazione) e di interpretazione secondo buona fede.

5. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce
violazione o falsa applicazione dell’art. 174 CCNL Commercio in relazione agli
artt. 1362, 1363, 1366, 1368 c.c., per interpretazione erronea, in violazione
del prioritario canone letterale, dell’articolo denunciato al di fuori delle
ipotesi in esso previste (al quarto comma: “di giustificata e comprovata
necessità di assentarsi dal domicilio per le visite, le prestazioni, gli accertamenti
specialistici e le visite ambulatoriali e salvo i casi di forza maggiore”)
di immediata comunicazione all’azienda, con l’aggiunta di quella non prevista
della variazione di indirizzo di reperibilità, con la conseguenza, in caso di
inosservanza, dell’obbligo di immediato rientro in azienda, con
ingiustificatezza dell’assenza, qualora esso non sia avvenuto.

6. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione o
falsa applicazione dell’art. 18, quarto comma I. 300/1970, per la mancata
applicazione della tutela reintegratoria, nonostante l’irrilevanza giuridica
del fatto contestato, sempre che anche materialmente sussistente, in assenza di
dolo, non avendo la stessa Corte territoriale ravvisato l’intenzionalità del
comportamento.

7. Essi, pure congiuntamente esaminabili per ragioni
di stretta connessione, sono invece fondati.

8. Deve infatti essere esclusa la ricorrenza di
un’assenza ingiustificata, per effetto del mancato rientro in azienda, in
quanto conseguente (non già all’omessa comunicazione di variazione
dell’indirizzo di reperibilità al datore di lavoro e pertanto in difetto di un
nesso di causalità, ma) alla diversa ipotesi di “necessità di assentarsi
dal domicilio per le visite, le prestazioni, gli accertamenti specialistici e
le visite ambulatoriali e salvo i casi di forza maggiore”.

Nel caso di specie, il lavoratore non ha posto in
essere una tale condotta.

La stessa Corte territoriale ha accertato che la
visita tentata dall’Inps il 7 ottobre 2015 ha avuto un “esito negativo per
non aver l’Istituto preso atto della comunicazione – effettuata dal N. a mezzo
telefono in data 01/10/2015 al numero verde messo a disposizione dall’Inps –
del mutamento di dimora di reperibilità a decorrere dal 05/10/2015” (così
sub p.to 8, quarto capoverso di pg. 13 della sentenza), sicché “nei
confronti dell’Inps la posizione del N. è tale per cui l’assenza alla visita di
controllo del 07/10/2015 può dirsi giustificata, poiché l’istituto l’ha tentata
ad un indirizzo diverso da quello che, con congruo anticipo, era stato
comunicato dal dipendente mediante un mezzo … messo a disposizione dallo
stesso istituto” (così al primo capoverso di pg. 14 della sentenza).

La Corte capitolina ha invece diversamente inteso la
deposizione (“l’assenza non può dirsi giustificata”) in riferimento
al datore di lavoro (secondo capoverso di pg. 14 della sentenza). Tuttavia, una
tale incongrua duplice lettura, in sé intimamente incoerente e contraddittoria
negli effetti, di uno stesso comportamento del lavoratore, non assentatosi dal
domicilio e quivi non visitato dall’organo ispettivo per fatto proprio, non
corrisponde al dettato della disposizione contrattuale collettiva, secondo la
sua interpretazione diretta di questa Corte alla luce dei suindicati canoni
ermeneutici e in particolare di letteralità: in difetto, giova ribadire, di
un’effettiva assenza del lavoratore dal domicilio comunicato all’Inps, anche se
non al datore (in riferimento a ciò, già riscontrata la violazione dell’art.
224 CCNL). E questa conclusione assorbe ogni altro profilo della disposizione;
in  particolare, quello relativo alla
salvezza dei casi di forza maggiore, dei quali ultimi il lavoratore ha
l’obbligo di dare immediata notizia all’azienda da cui dipende”.

9. Venendo ora al piano della tutela applicabile,
secondo l’ormai consolidato indirizzo di legittimità in tema di licenziamento
disciplinare, si ritiene che l’accesso alla tutela reale prevista dall’art. 18,
quarto comma I. 300/1970, divenuta eccezionale a seguito della modifica
introdotta dalla I. 92/2012 (esprimendo la volontà del legislatore valenza di
carattere generale alla c.d. tutela indennitaria forte: Cass. s.u. 27 dicembre
2017, n. 30985, in motivazione sub p.to 10), presupponga una valutazione di
proporzionalità al fatto addebitato della sanzione conservativa tipizzata dalla
contrattazione collettiva: potendosi procedere ad un’interpretazione estensiva
delle clausole contrattuali soltanto ove esse appaiano inadeguate per difetto
dell’espressione letterale rispetto alla volontà delle parti, che si traduca in
un contenuto carente rispetto all’intenzione, non già nel caso in cui il
risultato sia quello di ridurre la portata della norma costituente la regola
con l’introduzione di nuove eccezioni; con la conseguenza che solo ove il fatto
contestato e accertato sia espressamente contemplato da una previsione di fonte
negoziale vincolante per il datore di lavoro, che tipizzi la condotta del
lavoratore come punibile con sanzione conservativa, il licenziamento
illegittimo sarà anche meritevole della tutela reintegratoria (Cass. 5 dicembre
2017, n. 31389; Cass. 19 luglio 2019, n. 19578; Cass. 16 luglio 2020, n.
15227).

9.1. L’art. 18, quarto comma citato riconosce,
infatti, la tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto
contestato, nonché nelle ipotesi in cui esso sia sostanzialmente irrilevante
sotto il profilo disciplinare o non imputabile al lavoratore; nel suddetto
comma rientra parimenti la previsione di non proporzionalità della sanzione
rispetto al fatto contestato ed accertato, quando questa risulti dalle
previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,
che stabiliscano per esso una sanzione conservativa; diversamente verificandosi
le “altre ipotesi” di non ricorrenza del giustificato motivo
soggettivo o della giusta causa, per le quali il quinto comma dell’art. 18
stabilisce la tutela indennitaria cd. forte (Cass. 25 maggio 2017, n. 13178;
Cass. 16 luglio 2018, n. 18823; Cass. 28 gennaio 2019, n. 2288).

9.2. Orbene, nel caso di specie, l’art. 225 CCNL
(rubricato “Provvedimenti disciplinari”) prevede una sanzione
conservativa (della multa) qualora il lavoratore “non dia immediata
notizia all’azienda di ogni mutamento della propria dimora, sia durante il
servizio che durante i congedi”, esattamente corrispondente alla violazione
accertata nei confronti di G.B.: cui è pertanto applicabile la tutela
reintegratoria e indennitaria attenuata.

10. Le superiori argomentazioni, comportanti
l’accoglimento dei due motivi congiuntamente esaminati, assorbono i residui
motivi del ricorso principale (di violazione o falsa applicazione dell’art. 18
I. 300/1970 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per la
condanna ad un’indennità di sole quindici mensilità dell’ultima retribuzione di
fatto sulla base dell’anzianità infradecennale del lavoratore: quinto motivo;
di nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e di subordinato
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per difetto di pronuncia
sulla natura ritorsiva del licenziamento intimato: sesto motivo) e l’unico del
ricorso incidentale (di violazione o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. in
relazione agli artt. 1, 3 I. 604/1966, 18 I. 300/1970 nel testo novellato e di
nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c.
per illogicità manifesta e inconciliabilità della motivazione).

11. Pertanto il terzo e quarto motivo del ricorso
principale devono essere accolti, con rigetto dei primi due e assorbimento
degli altri, compreso l’unico incidentale e la sentenza va cassata, in
relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per la regolazione delle spese
del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione, sulla base dei seguenti principi di diritto:

“Anche durante il periodo di congedo per
malattia, il lavoratore è tenuto all’obbligo di reperibilità e pertanto a
comunicare la variazione del relativo indirizzo al datore di lavoro, permanendo
il regime di subordinazione. Sicché, laddove il CCNL applicabile (nel caso di
specie: art. 224 CCNL Commercio) preveda per tale violazione una sanzione
conservativa (la multa), deve essergli applicata in casi di licenziamento
tutela reintegratoria stabilita dall’art. 18, quarto comma, come novellato
dalla legge n. 92/2012.

“Qualora il lavoratore abbia invece comunicato
detta variazione all’Inps e la visita di controllo sia stata tentata a
indirizzo diverso da quello correttamente comunicato per fatto dell’Istituto,
deve essere esclusa la ricorrenza di un’assenza ingiustificata del lavoratore
nei confronti del proprio datore al quale la variazione non sia stata
comunicata, per effetto del mancato rientro in azienda.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso,
rigettati il primo e il secondo, assorbiti il quinto e il sesto e il ricorso
incidentale; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche
per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte
d’appello di Roma in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 novembre 2021, n. 36729
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