Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2021, n. 37290

Rapporto di lavoro, Dimissioni, Configurabilità del
trasferimento, Accertamento della prosecuzione del rapporto di lavoro

Rilevato che

 

1. la Corte di appello di Napoli ha confermato la
decisione di primo grado di rigetto della domanda con la quale L.D., dipendente
di G. s.r.l., addetta alla sede del C.I., aveva chiesto, con le connesse
conseguenze economiche, retributive e risarcitone: a) l’accertamento del
diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2112 cod.
civ., con G. s.r.l. e/o M. s.r.l.; b) in subordine, l’accertamento della
prosecuzione del rapporto di lavoro con G. s.r.l. in assenza di valido atto di
dimissioni; c) in ogni caso, l’annullamento del trasferimento disposto da G.
presso la sede di lavoro di Marina di Ragusa; d) l’accertamento della nullità /
illegittimità inefficacia del licenziamento ove individuato nella comunicazione
datoriale del 5.8.2009;

2. la Corte distrettuale, per quel che ancora rileva,
ha ritenuto che dall’accordo intervenuto tra G. s.r.l., locatrice del complesso
immobiliare in cui G. s.r.l. esercitava la propria attività, e la conduttrice
G. – accordo che prevedeva il rilascio da parte di quest’ultima dell’immobile e
delle relative strutture con rinunzia della locatrice al pagamento dei canoni
scaduti – si evinceva chiaramente che tra le due società non era intervenuta
alcuna cessione di azienda, come confermato dal fatto che successivamente la
struttura era rimasta chiusa, né subentro nei rapporti di lavoro o gestione
dell’attività aziendale; in ogni caso, andava ribadita la estraneità al
giudizio della convenuta M. s.r.l. in quanto dalle visure camerali risultava
che la sala C. era stata dalla G. in seguito ceduta in locazione non alla M.
s.r.l. ma ad altra società – la M. s.r.l. – non evocata in giudizio; ai sensi
dell’art. 65 c.c.n.I. applicabile, correttamente la datrice di lavoro aveva
configurato quale dimissioni il rifiuto della D.M. a recarsi presso la sede di
Marina di Ragusa;

3. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso L.D. sulla base di quattro motivi illustrati con memoria; G. s.r.l. in
liquidazione, Globaldnema s.r.l. e M. s.r.l. hanno resistito con controricorso;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 e 2555 cod. civ.,
dell’art. 1362 cod. civ. e violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115
e 116 cod. proc. civ.; censura la sentenza impugnata per avere escluso in
relazione all’atto transattivo intervenuto tra G. s.r.l. e G. s.r.l. la
configurabilità di una cessione di azienda; deduce, inoltre, non essere provato
che il soggetto subentrato alla G. fosse la M. anziché la M., unica evocata in
giudizio a tale titolo; prospetta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in
relazione all’omesso esame della circostanza che il trasferimento di azienda
aveva determinato, come diretta ed inevitabile conseguenza, la prosecuzione del
rapporto di lavoro G. s.r.l. e/o M. s.r.l.;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione alla
lettera in data 24.7.2009 della D.M., dell’art. 65 c.c.n.I. applicabile, degli
artt. 2103, 2697, 2077 e 2094 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ.; contesta, in sintesi, che la lettera del 24.7.2009 inviata alla società
potesse costituire manifestazione unilaterale di recesso; assume, inoltre, che
G. non aveva offerto la prova, della quale era onerata, circa le ragioni che
giustificavano il trasferimento della lavoratrice presso la sede di Marina di
Ragusa; si duole, infine, della mancata considerazione del contenuto del
contratto individuale ove era contemplata la possibilità di distacco presso
altri siti M. in presenza dei relativi presupposti;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione alla lettera del 5
agosto 2009; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disposizioni sulla
legge in generale in relazione agli artt. 2118 e 2119 cod. civ. nonché
dell’art. 18 I. n. 300 /1970 e della I. n. 604/1966; violazione e falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.; censura la sentenza
impugnata in punto di interpretazione della lettera con la quale la società
datrice di lavoro aveva preso atto del rifiuto di trasferimento presso la sede
di Ragusa e delle conseguenti dimissioni; sostiene che tale lettera configurava
in realtà un atto di recesso datoriale, recesso illegittimo ed inefficace per
plurimi profili;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 111, comma 6,
Cost. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di
discussione fra le parti, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di
pronunziare sulle richieste risarcitone e per non avere motivato a riguardo;

5. la censura, formulata con il primo motivo,
relativa all’interpretazione dell’atto transattivo come non prevedente un
trasferimento di azienda è inammissibile in quanto si sostanzia nella mera
contrapposizione di una diversa lettura del contenuto dell’atto rispetto a
quella fatta propria dal giudice di merito; la relativa articolazione non è,
pertanto conforme al condivisibile indirizzo giurisprudenziale di legittimità
secondo il quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia
privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, censurabile in
sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti
contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del
procedimento logico seguito per giungere alla decisione. In questa prospettiva
è stato puntualizzato che ai fini della censura di violazione dei canoni
ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di
interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto
violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali
il giudice se ne è discostato mentre la denuncia del vizio di motivazione
dev’essere, invece, effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune
argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli
elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con
l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè
connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che
questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato
di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica
interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola
siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che
aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di
legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 03/09/2010
n. 19044/2010, Cass. n. 15604/2007″, in motivazione, Cass. n. 4178/2007)
dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione
proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai
fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. n. 14318/2013, Cass. n. 23635
/2010);

5.1. il motivo non evidenzia alcuna illogicità o
implausibilità delle conclusioni attinte dalla Corte distrettuale, conclusioni
che appaiono coerenti con il chiaro dato letterale del testo dell’accordo che
individua quale oggetto di cessione (solo) le attrezzature e gli arredi della
C. e non un complesso organizzato di beni come richiesto al fine della
configurabilità di una vicenda traslativa rilevante ai sensi dell’art. 2112
cod. civ. (Cass. n. 26808/2018, Cass. n. 29422/2017, Cass. n.11918/2013),
dovendosi ulteriormente evidenziare che parte ricorrente non contrasta
l’ulteriore affermazione del giudice di merito circa il fatto che
successivamente all’accordo la struttura era rimasta chiusa;

5.2. da tanto consegue che non è configurabile
alcuna violazione dell’art. 2112 cod. civ. e dell’art. 2555 cod. civ. per non
essersi verificata alcun trasferimento di azienda; parimenti da respingere è la
censura di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento alla
domanda proposta nei confronti della società M. s.r.l.; ciò sia perché, con
accertamento non validamente censurato, la Corte di merito ha escluso la
configurabilità di un trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 cod.
civ. tra G. s.r.l. e G. s.r.l., presupposto indispensabile al fine della
pretesa azionata nei confronti del soggetto identificato come ulteriore
cessionario, sia perché, con accertamento anche in tal caso non validamente
contrastato, il giudice di appello ha ritenuto non essere detta società la successiva
conduttrice dei locali C. bensì altra società individuata nella M. s.r.l., non
evocata in giudizio;

6. il secondo motivo di ricorso è da respingere alla
luce di quanto osservato al paragrafo 5 in tema di corretta modalità di
deduzione della violazione dei criteri legali di interpretazione, anche nello
specifico non osservata dalla ricorrente nel contestare la interpretazione
della lettera del 24.7.2009 inviata alla società quale lettera di dimissioni;
neppure coglie nel segno la critica relativa alla violazione dell’art. 2103
cod. civ. avendo la Corte di merito fondato la valutazione di legittimità del
trasferimento sull’avvenuta chiusura dell’attività presso la sala C.,
affermazione questa rimasta incontestata;

6.1. la censura incentrata sull’eventuale contrasto
con l’art. 2077 cod. civ. della norma collettiva (art. 65 c.c.nl. applicabile)
è inammissibile per novità della questione. Tale profilo non risulta
effettivamente trattato in sentenza, ma, a fronte di ciò, onde impedire una
valutazione di novità della questione, era onere della parte ricorrente quello
di allegare l’avvenuta deduzione di esso innanzi al giudice di merito ed
inoltre, in ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione,
quello di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo avesse
fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità
di tale asserzione prima di esaminare il merito (Cass. n. 20694/2018, n.
15430/2018, n. 23675/2013), come viceversa non è avvenuto.

6.2. la ulteriore doglianza con la quale si deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è
parimenti inammissibile posto che secondo quanto si evince dalla illustrazione
del motivo in esame parte ricorrente si duole, in realtà, dell’erronea
valutazione del materiale probatorio con particolare riferimento al disposto
trasferimento in relazione alle varie unità operative che asserisce nella
disponibilità della G.;

6.3. trova quindi applicazione il condivisibile
orientamento di questa Corte secondo il quale una questione di violazione o di
falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una
pretesa erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di
merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia
posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte
d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo
il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato
come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di
prova soggetti invece a valutazione ( Cass. n. 1229/2019, Cass. 27000/2016);

7. l’esame del terzo motivo di ricorso è assorbito
dal rigetto del secondo motivo che ha confermato la statuizione relativa
all’esistenza di un valido atto di dimissione della D.M. rendendo ultronea ogni
indagine sulla esistenza di un successivo licenziamento della stessa;

8. il quarto motivo di ricorso è infondato; non
sussiste omessa pronunzia sulle domande di risarcimento del danno, da ritenersi
implicitamente respinte dall’assenza di profili di illiceità nella condotta
delle società convenute, ritenuta dalla Corte distrettuale con statuizione
confermata dal rigetto dei motivi precedenti;

9. nelle conclusioni del ricorso di primo grado
(ricorso per cassazione, pag. 3) risulta avanzata domanda risarcitoria
<<in relazione alla accertata responsabilità delle società in relazione
ai comportamenti ed agli eventi di cui al presente ricorso > ma manca la trascrizione
della parte relativa alle allegazioni alla base di siffatta pretesa
risarcitoria, indispensabile al fine di individuare profili di responsabilità
delle convenute, ulteriori rispetto a quelli scaturenti dalle condotte
datoriali relative al trasferimento ex art. 2103 cod. civ. ed alla cessazione
del rapporto di lavoro nonché alla prospettata vicenda traslativa ex art. 2112
cod. civ., per le quali tali responsabilità, come visto, è stata implicitamente
negata;

10. al rigetto del ricorso consegue la liquidazione
secondo soccombenza delle spese di lite;

11. sussistono i presupposti processuali per
l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 (
Cass. Sez. Un. 23535/2019);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 (dica € 4.000,00) per
compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella
misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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