Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2021, n. 37905

Licenziamento, Sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, Contratto a termine privo di forma scritta, Regime
indennitario di cui all’art. 32,
co. 5, L. n. 18310

Svolgimento del processo

A.P., con ricorso depositato il 3.9.15 presso il
Tribunale di Pescara ex art. 1,
c.47 e ss., legge n.9212, conveniva in giudizio D.B.A. chiedendo:
l’accertamento della natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro
svoltosi inter partes dal 28.02.13 al 30.03.13; l’inefficacia del licenziamento
orale intimatogli dal D.B. nell’aprile 2013; la condanna di quest’ultimo a
pagargli l’indennità sostitutiva di reintegra pari a 15 mensilità dall’ultima
retribuzione ed il risarcimento del danno parametrato alla mensilità di
retribuzione globale di fatto dalla costituzione in mora (18 dicembre 2013)
fino all’introduzione del giudizio.

Si costituiva D.B. chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 17 luglio
2017, accoglieva parzialmente il ricorso, accertando che il rapporto era a
tempo indeterminato; l’inefficacia del licenziamento orale; condannando il D.B.
a pagare al P. l’indennità sostitutiva di reintegra pari a 15 mensilità di
retribuzione (mensilità quantificata in Euro 2,694,33), oltre al risarcimento
del danno quantificato in sei mensilità della retribuzione globale di fatto.

Avverso questa ordinanza proponevano opposizione
entrambe le parti; i procedimenti venivano riuniti, e il Tribunale di Pescara,
con sentenza del 1°marzo 2018, respingeva entrambe le opposizioni confermando
l’ordinanza opposta.

Avverso questa sentenza proponevano reclamo alla
Corte di appello di L’Aquila sia il D.B., sia il P.. I due reclami venivano
riuniti.

La Corte territoriale, con sentenza depositata il
14.6.18, accoglieva in parte il reclamo di D.B. e in parziale riforma della
sentenza impugnata, previo accertamento della esistenza tra le parti di un
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ab origine (id est dal 28
febbraio 2013), condannava Di Battista alla riammissione in servizio del P. ed
al risarcimento del danno nella misura di 2,5 mensilità dall’ultima retribuzione
determinata in Euro 1,935,94 mensili (ex art. 32, co. 5 L n. 18310);
dichiarava assorbito il reclamo di P., compensando integralmente le spese di
entrambi i gradi di giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso
il P., affidato a quattro motivi; resiste il D.B. con controricorso, contenente
ricorso incidentale affidato ad unico motivo, cui resiste il P. con
controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

La Procura Generale ha fatto pervenire conclusioni
scritte, con cui chiede l’accoglimento del ricorso incidentale con assorbimento
del  ricorso principale, conclusioni poi
ribadite alla presente udienza pubblica.

 

Motivi della decisione

 

1.-Con il primo motivo il P. denuncia la violazione
eo falsa applicazione dell’art.
1, co. 2, del d.lgs n.3681 e dell’art. 32, co.5, della L. n. 18310
per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il contratto a
termine privo di forma scritta sia sanzionato (semplicemente) dall’indennità di
cui al detto art. 32 co. 5,
ed aver comunque affermato che il credito retributivo decorreva dalla data
della sentenza.

Il motivo è fondato nei termini che seguono.

Ed invero non può ritenersi esistente (prima ancora
che valido) un contratto a termine stipulato non in forma scritta, ex art. 1,co.2, d.lgs n. 3681
(nella specie il dedotto contratto di assunzione non venne sottoscritto da
alcuna delle parti).

Di ciò si avvede anche la sentenza impugnata che in
effetti accerta che nella specie sussisteva ab origine un contratto di lavoro a
tempo indeterminato (pag. 8 sentenza), la cui cessazione non è sanzionata
semplicemente ed affatto dall’art.
32, co.5 L.n.18310 (che presuppone la conversione di un rapporto di lavoro
a temine, pur illegittimo).

Peraltro la relativa indennità, da annoverarsi tra i
“crediti di lavoro” ex art. 429, comma 3,
c.p.c. (Cass. ord. n. 2727914, Cass. n. 745814),
è soggetta ad interessi e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza di
conversione del rapporto (cfr., ex multis, Cass. ord. n. 2727914).

2.- Con il secondo motivo il P. denuncia la
violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essere stata mai richiesta da alcuno
l’applicazione dell’art. 32 L. n.
18310.

Il motivo è fondato posto che, sebbene la sanzione
economica di cui all’art. 32,
co. 5, possa applicarsi anche d’ufficio ai contratti a termine invalidi, nella
specie, come detto, non si è in presenza di alcun contratto a termine.

3.- Con terzo motivo il P. denuncia l’insanabile
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata per avere per un
verso ritenuto l’assenza di forma scritta per la clausola introduttiva del
termine, d’altro canto per aver deciso nel senso sopra esposto.

Il motivo è fondato.

Ed invero la sentenza impugnata è affetta da un
insanabile vizio di motivazione (per assoluta contraddittorietà) laddove
afferma per un verso che il rapporto di lavoro inter partes doveva considerarsi
ab origine (dal 28.2.13) come contratto di lavoro a tempo indeterminato (pagg.
5,8 e 9 sentenza), mentre per altro verso sanziona il recesso del datore di
lavoro col regime indennitario di cui all’art.32, co.5 L. n. 18310,
previsto per il caso di conversione (a tempo indeterminato) di un contratto di
lavoro geneticamente a termine ed illegittimo.

Tale dispositivo risulta anche in contrasto con la
motivazione della sentenza impugnata laddove afferma (pag. 9) che il D.B. era
tenuto a corrispondere al dipendente P. tutte la retribuzioni dalla sentenza in
esame sino all’effettivo ripristino del rapporto.

4.- Col ricorso incidentale il D.B. denuncia la
violazione dell’art. 32, commi 3
e 4, della L. n. 18310, laddove la sentenza impugnata, (che pure aveva
qualificato il contratto di lavoro tra le parti a tempo indeterminato ab
origine) aveva omesso di applicare all’impugnazione del “contratto a termine”
(pag.24 controricorso) il regime decadenziale previsto dall’art. 6 L.n.60466 pur
novellato dal medesimo art. 32
citato.

Il motivo presenta profili di inammissibilità non
risultando dalla sentenza impugnata che l’eccezione sia stata ritualmente
sollevata in sede di merito, né il D.B. precisa quando ed in quali termini la
questione sarebbe stata sollecitata alla Corte territoriale (cfr., ex aliis,
Cass.n. 820616, Cass. n.467219). In ogni
caso è all’evidenza infondato: la Corte di merito, come rammenta lo stesso
D.B., ha ritenuto il contratto a tempo indeterminato ab origine; la risoluzione
del rapporto non può dunque inquadrarsi, come sembrerebbe ritenere  la sentenza impugnata, come semplice
comunicazione del datore di lavoro di non voler prorogare un (inesistente)
contratto a termine (pag. 7 sentenza) bensì un licenziamento orale per cui non
vi sono termini di decadenza (ex aliis: Cass.
n.2556118).

5.- La sentenza impugnata va dunque cassata,
sussistendo ab origine un contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per
valutare le conseguenze economiche della cessazione del rapporto lavorativo in
esame.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso incidentale ed accoglie quello
principale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso
accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di
L’Aquila in diversa composizione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
1152, nel testo risultante dalla L. 24.12.12
n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il rispettivo
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, ove dovuto.

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